Se a Matteo Renzi fa piacere, possiamo fare finta di credere che al centro delle sue preoccupazioni ci sia la sopravvivenza del disegno di legge contro l’omotransfobia. Che le modifiche proposte da Italia viva al ddl Zan siano necessarie e non un assist alla destra che vuole affossare la legge, che si stia (di nuovo) sacrificando per il Paese e che lui sia l’unico (di nuovo) a sapere “come si fa la politica”. La partita però è molto più grande e diversa da quella che può sembrare al termine di una delle sue ennesime dirette Facebook. Cosa vuole davvero il pugnalatore del governo Conte 2? E perché, all’improvviso, i renziani hanno deciso di affossare una legge che hanno non solo sostenuto, ma pure contribuito a scrivere? Per il senatore di Rignano, abilissimo nel personalizzare le battaglie politiche, la chance è ghiotta perché in un colpo solo può puntare a più obiettivi: umiliare Enrico Letta e il Partito democratico; dare segnali al centrodestra e posizionarsi in vista della partita politica più importante dei prossimi mesi (il Quirinale); e, perché no, cercare una via di sopravvivenza elettorale (a destra) per il suo partito che arranca al 2 per cento e di certo non ha più molti amici a sinistra. Tutto in un colpo solo e per la sua strategia, non così raffinata visto che è palese a tutti, il ddl Zan è l’occasione migliore: un disegno di legge che terrorizza più della metà del Parlamento e che non interessa al governo Draghi, ovvero il terreno perfetto per fare un po’ come gli pare senza che si creino particolari disagi per la maggioranza. E’ la perfetta distrazione mentre i giochi che contano sono ad altri tavoli: non contesta niente davvero nel merito della legge (e figuriamoci l’hanno scritta anche i suoi!), vuole solo riprendersi il potere di fare e disfare. E un primo effetto lo ha già avuto: come per magia, anzi come in un flashback che ci riporta all’inverno scorso, oggi le pagine politiche di cinque quotidiani erano piene di altrettante interviste a esponenti renziani.
Il primo bersaglio: Enrico Letta – Innanzitutto, a Renzi non sembra vero avere (di già e di nuovo) l’opportunità di umiliare l’eterno nemico Enrico Letta. Perché sarà anche stato un abilissimo genio politico, ma il ritorno da Parigi del presidente del Consiglio che ha rottamato con uno dei tradimenti più celebri degli ultimi anni non lo aveva considerato. E di sicuro, dopo tutta la fatica che ha fatto per far cadere il governo Conte 2 e intestarsi l’arrivo di Mario Draghi, dover dividere la scena con chi pensava di aver azzerato, non deve essere il massimo. Ecco, anche per questo è diventato urgente far fallire il disegno di legge Zan: è uno dei primi provvedimenti su cui Enrico Letta ha messo la faccia da segretario dem e se la strategia delle conta in Aula dovesse miracolosamente riuscire (ma anche se fallisse scoprendo le carte delle destre), potrebbe esserne uno dei beneficiari. Un esito che Renzi non può accettare. Ma non solo: se invece Pd e M5s dovessero essere costretti a tornare al tavolo e, pur di avere una legge contro l’omotransfobia, dovessero accettare i compromessi delle destre, a quel punto la vittoria sarebbe tutta di Lega, Fi e Fdi (e di riflesso appunto di Italia viva). Ecco perché Renzi è diventato il perfetto alleato di Matteo Salvini che, anche nelle scorse ore, ha ricattato il segretario Pd colpevole, secondo lui, di non voler tornare al tavolo a discutere delle modifiche al provvedimento. “Così affossa la legge”, gli ha detto con un perfetto ribaltamento dei ruoli. Una narrazione che finora era legata ai tradizionali contrasti tra maggioranza e opposizione, ma che con il salto della barricata di Italia viva, cambia completamente: ora anche Renzi vuole le modifiche, anche Renzi chiede a Letta di accettare i compromessi. E le minacce non sono neanche troppo velate: “Io sono per votare il provvedimento” ma “se Calderoli fa milioni di emendamenti qualcuno va a scrutinio segreto. Si rischia”, ha detto l’ex premier nella sua diretta Facebook. Insomma, il modo per far fallire la legge Renzi lo ha già studiato, valutato nei dettagli ed è tutt’altro che difficile.
I segnali alla destra e a Matteo Salvini – Ma Renzi e i suoi ora da che parte stanno? Un po’ giallorossi, un po’ al centro, molto proiettati verso il centrodestra. Italia viva ha un problema impellente e si chiama calo dei consensi. Stando agli ultimi sondaggi il partito non riesce a staccarsi dal 2 per cento, con più bassi che alti e il rischio concreto alle prossime elezioni è quello di scomparire. A tratti viene anche il dubbio che all’ex premier importi davvero e che in fondo non abbia in mente per sé altre carriere. Ed ecco allora che la domanda è sempre la stessa: lo seguiranno tutti i suoi parlamentari? Ed è la stessa domanda che circolava nei corridoi ai tempi della caccia ai “responsabili” per salvare il Conte 2, quando si raccontava di senatori renziani che provenivano dalle fila Pd e che mai avrebbero potuto scendere a patti con le destre. Non è un caso che, in queste ore, dal Partito democratico sono partiti accorati appelli: “Faccio un appello alla coscienza dei 17 parlamentari di Iv che sono stati eletti con i voti del Pd”, ha detto la senatrice dem Monica Cirinnà. “Li conosco e sono convinta che non si faranno guidare in un’operazione di pura tattica politica”. Ma non solo, secondo la parlamentare Pd, “Renzi sta facendo l’occhiolino alla Lega e a Fratelli d’Italia per trattare sull’elezione del presidente della Repubblica e sulle future elezioni. Del resto un partitino che ha il 2% ha solo due opzioni: o guardare all’area a lui limitrofa, quella centrodestra oppure buttarsi dal Ponte d’Ariccia. Questo di Renzi è un suicidio politico”.
Che sia un suicidio o no, di sicuro è il solo modo che ha Renzi per far sopravvivere il suo partito a questa legislatura. Ammiccamenti necessari se vuole sperare di avere ospitalità in altre liste e avere la chance di rientrare grazie al diritto di tribuna, concesso da uno schieramento più grande dove potenzialmente ritrovare nuovi amici (cosa che nel Pd per Renzi è sempre più rara). E non è un caso che nella sua intervista a Repubblica di oggi, tra i tanti personaggi l’ex premier abbia citato Denis Verdini, e “le legge sulle Unioni civili approvata con i suoi voti”. Era cronaca di un’altra epoca politica, che ritirata fuori ora sembra un riconoscimento fuori tempo massimo. E non solo, rivolgendosi proprio al centrodestra, sempre a Repubblica, ha detto: “Se la destra vota a favore di una legge del genere significa che è una destra europea”. Insomma, i segnali di Renzi al centrodestra cominciano a essere anche troppi e tutt’altro che impliciti. E li hanno visti tutti. “Quando si presentano non uno, ma una serie di emendamenti su una legge combattuta come è il ddl Zan contro l’omotransfobia”, ha detto il dem Luigi Zanda sempre a Repubblica, “non sono mai solo di merito, ma rischiano di costituire un cambio di posizionamento politico. Osservo che quando si fa parte di una maggioranza così delicata come quella che sorregge il governo Draghi, una serie di modifiche sostanziali a un provvedimento, che cambiano radicalmente la posizione di quel partito tra Camera e Senato, segnalano che il cambiamento di posizionamento politico è oggettivo. Però che iniziative come quella presa sul ddl Zan abbiano effetti politici è naturale”.
La vera partita: il Quirinale – Ma non ci sono solo le elezioni sul tavolo o il posizionamento di Italia viva. La partita più imminente e che inizia ad agitare il Parlamento è quella per il Quirinale. Fra meno di un mese inizia il semestre bianco e poi, a febbraio, si aprirà la successione di Sergio Mattarella. E Matteo Renzi vuole essere il protagonista anche di questa fase. Gioca a suo favore, ancora una volta, il caos dentro il Movimento 5 stelle e Conte costretto in panchina in attesa di capire come si risolverà lo scontro con Beppe Grillo. E se nel campo giallorosso Renzi ormai non ha più alcuna credibilità né affidabilità, non gli resta che offrirsi come interlocutore nel campo del centrodestra. Del resto, passare da una parte all’altra con nonchalance non è una novità per il fautore del patto del Nazareno e pur di contare ancora è pronto a questo e altro. L’obiettivo anche qui è tutt’altro che segreto e lo ha detto lui stesso a Repubblica. “Se farei un accordo con la destra sul Colle? Anche con la destra, certo. Il sogno è sempre quello di eleggere un presidente della Repubblica con un consenso amplissimo. In questa elezione, per di più più, la destra ha il 45% dei grandi elettori, quindi sarà sicuramente al tavolo”. E a quel tavolo, a trattare con la destra, vuole esserci per primo Matteo Renzi. Ecco perché ha deciso di fare da sponda a Matteo Salvini per far fallire il ddl Zan.