Torna in carcere Giusy Vitale. La prima donna boss di mafia, la prima pure a pentirsi, aggravando la posizione dei fratelli e scuotendo Cosa nostra, continuava la sua attività criminale consigliando il nipote, andando perfino con lui a Roma dai Casamonica per acquistare droga. Ma Vitale è sola una degli 85 indagati nell’operazione Gordio, del comando provinciale dei Carabinieri e della Dia, coordinati dalla Dda di Palermo. Una maxi operazione che ha portato oggi all’arresto di 81 persone (63 in carcere e 18 ai domiciliari) più 4 obblighi di dimora e presentazione all’autorità giudiziaria, eseguiti a Palermo, Trapani, Latina, Napoli, Roma e Nuoro. A vario titolo sono contestati i reati di associazione mafiosa, concorso esterno in associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, reati in materia di armi, droga, estorsione e corruzione. Ai domiciliari anche un agente della polizia penitenziaria, Santo Calandrino, che secondo gli inquirenti all’interno del Pagliarelli faceva da ponte con l’esterno in cambio di favori.
Al centro dell’attività d’indagine c’è Partinico, comune palermitano di 31mila abitanti, sciolto per mafia nel luglio del 2020. È qui che gestivano il traffico di droga ben cinque gruppi capeggiati da personaggi già condannati per associazione mafiosa, droga che arrivava grazie ad accordi con camorra, ‘ndrine e con i Casamonica. Ed è qui che si conferma il controllo della famiglia Vitale, chiamati “Fardazza”, non solo per il ritorno alla criminalità di Giusy, ma anche per il ruolo di Nicola Lombardo, genero di Leonardo Vitale, storico capo mandamento di Partinico e fratello di Giusy, mentre oggi sono stati arrestati anche la sorella Antonina e il nipote, Michele Casarrubia.
Quando il 30 agosto del 2017, in una discoteca di Balestrate un buttafuori pesta un ragazzo procurandogli ferite guaribili in 30 giorni, è a Lombardo che si rivolge il padre del giovane per avere giustizia. La stessa cosa succede quando insorgono controversie di altro tipo: la concessione d’uso di alcune macchinette del caffè contesa da due imprenditori, un mezzo agricolo rubato o il furto in un negozio di cinesi, tutto passa per Lombardo che è sempre spalleggiato da Nunzio Cassarà. Ed è quest’ultimo a mantenere i rapporti con Francesco Nania, arrestato per associazione mafiosa nel 2018 perché considerato referente della famiglia di Partinico.
Una volta in carcere, Nania è riuscito lo stesso a parlare con l’esterno, grazie all’aiuto di Giuseppe Tola, titolare di un’agenzia immobiliare di Partinico, il quale ha messo a disposizione di cosa nostra un’agente della polizia penitenzia di Palermo in servizio al Pagliarelli. L’agente, adesso indagato per corruzione aggravata, ha lasciato che Nania avesse scambi epistolari e ha svelato l’organizzazione interna del Pagliarelli in modo che il gruppo potesse ostacolare indagini e intercettazioni. Tola lo ha ricompensato con genere ricotta, arance, carne di capretto, felpe, tute, perfino gli lavava l’auto ogni mese e gli permetteva l’acquisto di benzina d’un prezzo inferiore a quello di mercato.
È invece il novembre del 2018 quando Giusy Vitale partecipa ad un incontro a Roma tra Michele Casarrubia, nipote di Vitale, e Consiglio Di Guglielmi, noto come Claudio Casamonica, uno dei più in vista del clan omonimo, deceduto per Covid. D’altronde era stata Giusy Vitale ad acquistare cocaina da fornitori calabresi a Milano e Bergamo, per la vendita, stando a quanto ricostruito dagli investigatori. Che svolgesse poi ruolo di consigliere è emerso “nel corso di una conversazione registrata nel dicembre 2018 – scrivono i magistrati nell’ordinanza – quando la Vitale, dopo aver ascoltato quanto riferitole dal nipote in ordine al comportamento tenuto dal cugino Michele Vitale cl. ’68 nei confronti di Salvatore Primavera, commenta la convocazione del Vitale da parte di appartenenti a cosa nostra partinicese evidenziando la normalità della procedura pienamente conforme alla regola.
La gestione mafiosa che emerge dall’indagine non risparmia neanche il consiglio comunale di Partinico, sciolto nel 2020, con decreto ministeriale su proposta della compagnia carabinieri, per i ripetuti condizionamenti mafiosi dell’attività amministrativa. Mentre nel maggio 2019 il sindaco Maurizio De Luca aveva già rassegnato le proprie dimissioni con conseguente decadimento della giunta. Tra il 2017 e il 2019 gli investigatori hanno documentato aderenze tra alcuni degli indagati e diversi politici locali per la gestione di appalti e forniture ad aziende e uomini dei boss.
Le indagini partite dalla compagnia dei Carabinieri di Partinico sono iniziate nel novembre del 2017 e non hanno avuto contributi da alcun collaboratore di giustizia. Per tre anni gli inquirenti hanno ricostruito le dinamiche criminali di cinque gruppi dediti al traffico ed alla produzione di stupefacenti. Troppi per gestire un traffico milionario senza tensioni. Non a caso il gip scrive che è “emersa l’immagine di una vera e assai allarmante balcanizzazione degli scenari criminali partinicesi che fa presagire futuribili scenari di nuove e forse imminenti guerre di mafia nella provincia palermitana”.
Un primo gruppo era guidato da Michele Vitale, 53 anni. Un gradino più sotto Giuseppe Lombardo, Pietro Virga e Ottavio Lo Cricchio gestivano altri quindici uomini per la coltivazione e la vendita di marijuana e per lo spaccio di cocaina. Un secondo gruppo promosso e diretto dai fratelli Maurizio e Antonino Primavera poteva contare su Federico e Simone Purpura, Giuseppe e Biagio Imperiale. La terza associazione di trafficanti di droga era capeggiata dai fratelli Gioacchino e Raffaele Guida, da Massimo Ferrara e Angelo Cucinella che con altri 14 sodali gestivano soprattutto le piazze nella città di Palermo. La quarta associazione di trafficanti faceva riferimento a Michele Casarrubia e a sua madre Antonina Vitale che con altri cinque spacciatori rifornivano di hashish, cocaina e marijuana le piazze della provincia di Palermo. Infine l’associazione a delinquere promossa dal boss Nicola Lombardo e dal suo braccio destro Nunzio Cassarà oltre al traffico di droga reggeva il mandamento mafioso di Partinico. Una combinazione potenzialmente esplosiva, finora non degenerata, secondo gli inquirenti, per non compromette gli ingenti guadagni ottenuti dal traffico di droga.