Quante volte è successo? Con tutta probabilità la violenza nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere non fu “un mero incidente di percorso”, ma “una costante nel rapporto tra gli indagati e i detenuti”. La riflessione è del giudice per le indagini preliminari, Sergio Enea, che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare con la quale, lo scorso 28 giugno, ha disposto arresti in carcere, ai domiciliari, obblighi di dimora e provvedimenti di interdizione nei confronti di 52 persone, tra agenti della Polizia Penitenziaria, comandanti e funzionari dell’Amministrazione Penitenziaria. Il giudice spiega che i provvedimenti erano necessari in quanto sussistenti “il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento delle prove”. La Procura, nel frattempo, ha presentato appello al Riesame contro la decisione del gip – che ha definito “orribile mattanza” quanto avvenuto il 6 aprile del 2020 – di respingere alcune richieste di misure cautelari, come quella del provveditore regionale alle carceri Antonio Fullone, sospeso dal servizio perché accusato di depistaggio e favoreggiamento, per il quale erano stati chiesti i domiciliari. Il rapporto tra agenti e carcerati, fatto di violenza, è “inaccettabile” in uno Stato di diritto, evidenzia Enea, rimasto particolarmente colpito dalla “assoluta naturalezza e mancanza di ogni forma di titubanza con cui gli indagati hanno sistematicamente malmenato le vittime”.
La vicenda ha raccolto un commento anche dalla commissione Europea. “Comprendiamo che l’incidente” nelle carceri di Santa Maria Capua a Vetere “è oggetto di un’indagine nazionale sulla quale la Commissione non può commentare. La gestione delle carceri è di competenza nazionale e la Commissione si aspetta un’indagine indipendente e approfondita da parte delle autorità italiane competenti”, dice Christian Wiegand, il portavoce dell’Esecutivo comunitario per la Giustizia, rispondendo a una domanda. “Detto questo – aggiunge – non c’è posto per la violenza in Europa. È dovere delle autorità nazionali proteggere tutti i cittadini dalla violenza e tenerli al sicuro in ogni circostanza”.
“Sto seguendo con grande attenzione le vicende che meritano un approfondimento” ha intanto detto la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, durante un incontro al Palazzo di giustizia di Catania. “Mi chiedo – ha aggiunto – come sia possibile che siano accaduti fatti così gravi e di grande turbamento per tutti. Desidero rinnovare la mia vicinanza a tutto il personale delle carceri italiane. Il loro lavoro è tanto prezioso quanto difficile, quanto sottovalutato che questo clima sociale rende più difficile. Molto spesso – ha sottolineato la ministra – non guardiamo oltre le mura del carcere, ma dentro ci sono persone che svolgono un servizio essenziale per tutta la società e devono andare fieri sempre e portare con fierezza la divisa. Per questo la condanna deve essere ferma”. La ministra nei prossimi giorni incontrerà la polizia Penitenziaria e successivamente i provveditori.
Agli atti delle indagini ci sono molti documenti, ma “le foto e le immagini viste sono solo una parte, quelle più raccapriccianti ce le ha solo la Procura” ha detto il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, in conferenza stampa sui fatti di Santa Maria Capua Vetere. Emanuela Belcuore, garante dei detenuti di Caserta, ha spiegato di aver ha incontrato i detenuti che avevano subito violenze, “con denti saltati, con tumefazioni ancora dopo un mese dalla mattanza“. E poi Belcuore parla anche di un black out “che non ha consentito ai detenuti di vedere i tg” su quanto avvenuto a Santa Maria Capua Vetere “né sono stati distribuiti i giornali. Sono balzata dalla sedia – ha detto in conferenza stampa- qualche detenuto mi ha anche detto che i giornali volevano pure distribuirli ma senza le foto degli agenti“. Belcuore ha poi aggiunto: “Prego le istituzioni e la magistratura di far luce sul carcere di Barcellona Pozzo di Gotto, che è un ex opg nella forma, ma nella sostanza no. Ci sono molti familiari campani e del napoletano che hanno detenuti lì e succedono delle cose inaudite – spiega Belcuore -, ho scritto spesso al garante della regione Sicilia, dottor Fiandaga, se si può far luce sul carcere di Barcellona affinché non ci sia un Santa Maria Capua Vetere due”.
I garanti denunciano che “nessuna spiegazione” è stata fornita ai 32 detenuti del reparto Nilo nel carcere di Santa Maria Capua Vetere per motivare il trasferimento in altri penitenziari italiani: “Alcuni sono stati trasferiti a Palermo, Palmi, Civitavecchia, Pesaro, Rieti e anche Modena. È un clima che non ci piace e speriamo che vengano fatti tornare al più presto in Campania“. I garanti hanno riferito della “preoccupazione delle famiglie, per un anno costrette a fare videochiamate per parlare con i parenti detenuti e ora, quando si aprono le porte delle carceri, si prendono i detenuti e si spostano a 600 km di distanza”. Sulle immagini agli atti dell’inchiesta si è espressa anche la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, che parlando delle immagini ha detto: “Non avrei mai voluto vederle. Su questa vicenda le indagini della magistratura faranno il proprio corso, però bisogna anche dire che non possiamo criminalizzare un intero corpo della Polizia Penitenziaria sulla base di alcune persone” conclude la responsabile del Viminale.