Il Tribunale di Milano ha ammesso Moby spa e Compagnia italiana navigazione, alias Tirrenia, al concordato in continuità, scongiurando così il fallimento del gruppo guidato da Vincenzo Onorato con oltre 5mila dipendenti. Ad un anno esatto dall’avvio della procedura per le due aziende principali della holding, entrambi i piani presentati hanno ottenuto il via libera dal collegio giudicante milanese presieduto da Alida Paluchowski. Grazie alla procedura sarà quindi assicurata la continuità aziendale con un progetto di ristrutturazione delle due società dai cui conti spariranno 486 milioni di euro di debiti – due terzi dell’indebitamento di Cin spa (180 milioni di euro) e circa il 60% di quello di Moby (306 milioni di euro) – con conseguente evaporazione dell’esatto controvalore di crediti per una serie di soggetti.
Tra questi spicca Tirrenia di Navigazione in A.S., l’azienda sotto il controllo del Ministero dello Sviluppo Economico che dovrà accontentarsi di prendere tra quattro anni soli 36 dei 180 milioni di euro a lei dovuti, per i quali ha recentemente avviato una causa nei confronti del gruppo Onorato. Tirrenia di Navigazione in A.S., al pari di altre imprese senza garanzie sul proprio credito – cui Moby e Cin chiedono di accettare riduzioni fino al 91% di quanto a loro spetta – dovranno attendere il 13 dicembre di quest’anno per votare entrambi i piani di concordato. Tempi lunghi quindi per assicurare ad entrambe le società di godere senza problemi della scia lunga di una stagione che il gruppo Onorato ha già indicato “con numeri in crescita” per entrambe entrambe le aziende.
Solo il 13 dicembre sarà quindi chiaro se la maggioranza dei principali creditori di Moby e Cin darà o meno il disco verde ai rispettivi piani di concordato approvati oggi dal Tribunale di Milano determinando la prosecuzione del percorso avviato oggi. Tra questi oltre al ruolo decisivo per Cin spa di Tirrenia di Navigazione in A.S. e quindi del Mise, per Moby spa la partita si giocherà tra gli obbligazionisti detentori del bond da 300 milioni di euro – che oggi è tornato al 33% del suo valore in risalita – e il pool di banche con 160 milioni di credito ancora da esigere. Con la sensibile differenza tra creditori privilegiati, ovvero con garanzie, e non. Per i primi i piani prevedono il 100% del credito garantito, mentre i secondi dovrebbero accontentarsi appunto del 9% e tra questi ci sono anche banche creditrici per 100 milioni.
Si avvia comunque con i due decreti odierni del Tribunale di Milano un periodo previsto di quattro anni durante i quali Moby e Cin saranno sotto il controllo di tre commissari giudiziali ciascuno – Pietro Canevelli, Tiziana Gibillini e Maurizio Orlando per Moby spa; Maddalena Dal Moro, Marco Angelo Russo e Giorgio Zanetti per Cin – a garanzia del rispetto di quanto previsto dai due piani per soddisfare i creditori. Per Moby spa si prospetta una continuità di servizio da coniugare con la vendita di cinque navi – Moby Aki, Moby Wonder, Giuseppe Savarese e Pietro Manunta – per un incasso stimato in circa 94 milioni di euro, tramite l’arrivo di due navi “cinesi” di maggior portata. 50 milioni sono previsti già quest’anno dalla dismissione del “ramo rimorchiatori” al pari di altri beni immobili tra i quali l’ex abitazione di Vincenzo Onorato ceduta all’azienda per farne la sede societaria prima dell’avvio del concordato in bianco.
Proprio all’armatore campano il Tribunale ha imposto un aumento sensibile del contributo personale per i creditori di Moby spa, dai 2 milioni previsti inizialmente da piano, a 6 milioni di euro che arriveranno dalla vendita di alcuni immobili tra i quali un complesso a Porto Cervo. Ma soprattutto il Tribunale di Milano ha indicato come “passaggio imprescindibile un radicale cambio di governance (per Moby spa nda), da realizzarsi -scrivono i giudici – prima del momento delle valutazioni definitive dei Commissari”. La nuova governance, riporta il decreto emesso dal Tribunale, “dovrà assumere caratteri tali da garantire al ceto creditorio l’assoluta autonomia in netta soluzione di continuità rispetto all’attuale gestione”. Moby è gravata da un debito da mezzo miliardo di euro, in gran parte scaricati da Onorato sulla società per finanziare l’acquisto di Tirrenia nel 2016. Gli interessi che la compagnia è costretta a pagare su questi debiti hanno fatto saltare i conti, che da 5 anni perde regolarmente soldi, cosa che non aveva mai fatto in passato.
Un cambio di governo aziendale, invece non richiesto dal Tribunale a Cin spa, l’ex Tirrenia il cui attuale management dovrà assicurare da piano 159 milioni di euro dalla bigliettazione e dagli altri servizi di continuità aziendale, fino al 2025, seppur con 5 navi in meno, da piazzare sul mercato per un incasso necessario di 100,6 milioni. Un’operazione complessa considerato anche l’aumento dei costi che è previsto dallo stesso piano di concordato, dove per favorire il superamento di quella che i giudici hanno definito “magmaticità dei rapporti” con Moby spa – proprietaria di Cin al 100% e sua debitrice – l’ex Tirrenia dovrà creare una propria struttura manageriale assumendo “47 unità amministrative e 14 dirigenti per 4,4 milioni di euro di spesa”.