Sport

Nba, si alza il sipario sulle Finals tra outsider: i Suns dell’infinito Chris Paul sfidano i Bucks di Antetokounmpo reduci da 50 anni di vuoto

Il 7 luglio, alle 3 ora italiana, si alza il sipario sulla sfida tra i Milwaukee Bucks e i Phoenix Suns: da qui uscirà il nome dei campioni Nba 2020/2021 e visto che nessuno a inizio stagione avrebbe mai pronosticato questo epilogo, cerchiamo almeno di farci trovare pronti con tre cose da sapere su un inedito duello tra franchigie che, stando ai pronostici, non avrebbero dovuto essere tra le protagoniste della serie per l'anello

È arrivato quel periodo dell’anno in cui masticare un poco di Nba fa comodo a ogni appassionato di sport. Perché se il basket Usa raggiunge il suo picco già con l’avvio dei playoff, è con le Finals che lo spettacolo diventa davvero imperdibile. Il 7 luglio, alle 3 ora italiana, si alza il sipario sulla sfida al meglio delle 7 gare tra i Milwaukee Bucks dell’acciaccato Giannis Antetokounmpo e i Phoenix Suns dell’infinito Chris Paul. Da qui uscirà il nome dei campioni Nba 2020/2021 e visto che nessuno a inizio stagione avrebbe mai pronosticato questo epilogo, cerchiamo almeno di farci trovare pronti con tre cose da sapere su un inedito duello tra franchigie a lungo diseredate ma che questa notte tornano a sognare.

Chi sono i Milwaukee Bucks?
L’ultima volta dei Bucks alle Finals le radio passavano The Way We Are di Barbara Streisand, Richard Nixon era in pieno Watergate e un giovane Stephen King pubblicava il suo primo romanzo, Carrie. Era la primavera del 1974 e Milwaukee si arrendeva ai Boston Celtics. La franchigia del Wisconsin era stata fondata da appena sei anni, ma a benedirla erano piovuti il talento di Kareem Abdul Jabbar e di Oscar Robertson, che nel 1971 avevano pure regalato alla città un anello di campioni Nba. Poi, il nulla. Quasi cinquant’anni di silenzio, con qualche stagione buona per illudersi e una manciata di feticci come Ray Allen o Monta Ellis a mitigare lo sconforto. Il destino dei cervi, tuttavia, cambia con il Draft 2015, che porta in dote un’ala greco-nigeriana di neppure vent’anni, con un cognome che sa di scioglilingua. Al suo arrivo Giannis Antetokounmpo assomiglia a uno spaventapasseri, con braccia e gambe sottili come manici di scopa, ma cresce in fretta. Fino a dominare. Colleziona due titoli di Mvp e trasforma Milwaukee in una contender, assistito passo passo da coach Mike Budenholzer – delfino di Gregg Popovich a San Antonio e reduce da annate brillanti ad Atlanta – e da un roster che negli anni ha trovato certezze in Khris Middleton, spettacolare secondo violino, e Jrue Holiday, che ai Bucks ha imposto quello scatto che ancora mancava. Nella stagione in cui (forse) meno se lo aspettavano. Nonostante le recenti annate positive, infatti, è la prima volta che i cervi non si sciolgono alla vista dei playoff. E dopo aver ingoiato bile per quasi cinquant’anni, ora che sono finalmente tornati alle Finals, a Milwaukee hanno tanta voglia di completare l’opera.

Chi sono i Phoenix Suns?
Coetanei dei Bucks, anche i Suns atterrano per la terza volta alle Finals. In Arizona, però, di titoli ancora non ne sono arrivati e l’ultimo giro di valzer risale al 1993: quando Charles Barkley indossava una delle canotte più iconiche di sempre, ma pure quando contro Michael Jordan non si poteva vincere. Il destino, poi, non ha sorriso nemmeno sull’era di coach Mike D’Antoni. Che nella seconda metà anni 2000 disegnava una pallacanestro celestiale, che saturava gli highlights con le magie di Steve Nash e Amar’e Stoudemire, ma che andò a sbattere contro Spurs, Mavericks e Lakers ben prima dell’atto finale. Dopo tante delusioni, tuttavia, lo scorso anno nella bolla di Orlando Phoenix è tornata a competere, sfiorando un’assurda qualificazione ai playoff e scoprendo il talento ormai maturo di Devin Booker – protégé di Kobe Bryant – e la straripante fisicità di DeAndre Ayton. Anche se per l’ultimo giro di vite si è dovuta attendere la firma di Chris Paul, lo scorso autunno. Giunto alla sua sedicesima stagione senza mai centrare le Finals, il suo approdo in una franchigia ignorata dai bookmaker sembrava accomodare il tramonto di una carriera da hall of famer, ma pur sempre lontana dal Larry O’Brien Trophy. Invece Paul si è caricato la città sulle spalle, riabbracciando Monty Williams – che lo aveva già allenato a New Orleans – e scrivendosi ogni sera sulle scarpe un mantra preso da una canzone di Mary Mary: Can’t Give Up Now, non puoi mollare adesso. E non ha alcuna intenzione di farlo.

Ok, ma chi vince?
Molto dipenderà dalla condizione della due superstar. Antetokounmpo non vede l’ora di tornare in campo, dopo aver lasciato il parquet lo scorso 30 giugno per una brutta iperestensione del ginocchio sinistro. Lo staff dei Bucks lo valuterà giorno per giorno, ma si dice fiducioso. Chris Paul, invece, si è messo alle spalle la positività al Covid ed è più in forma che mai. Ma sta pure giocando con i legamenti del polso destro parzialmente lesionati e la sfortuna con lui ci ha sempre visto benissimo. Phoenix è la rivelazione dell’anno e in stagione ha già battuto due volte su due Milwaukee. Una sequela improponibile di infortuni, tuttavia, ha già mandato in fumo quella che doveva essere la Finale annunciata – Los Angeles (Lakers o Clippers) contro i Brooklyn Nets – e fare pronostici oggi è semplicemente impossibile.

Twitter: @Ocram_Palomo