Per la Corte costituzionale il blocco è contro la legge nel caso in cui il rinvio dell'udienza "costituisce il contenuto soltanto eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare". Otto mesi fa però c'era stata una decisione di segno opposto e sul punto si era espressa anche la Cassazione
Due decisioni di segno opposto o quasi della Consulta e nel mezzo un verdetto della Cassazione a sezioni Unite. Oggetto del vaglio dei giudici delle leggi e di legittimità la sospensione della prescrizione durante il lockdown deciso per arginare l’epidemia di Covid fra il 9 marzo e l’11 maggio 2020 con decreti legge 18 e 23 del 2020, norma norma voluta nell’aprile dell’anno scorso dall’allora ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede. Dichiarato legittimo a novembre scorso lo stop alla clessidra che determina per ogni reato la sua estinzione se trascorsi i limiti di legge, oggi diventa invece, con un altro verdetto, incompatibile con il principio di legalità.
Nel mirino delle toghe l’articolo 83, comma 9, del decreto legge n. 18 del 2020. Secondo i giudici della Corte costituzionale il blocco è illegittimo “qualora il capo dell’ufficio giudiziario adotti un provvedimento di rinvio dell’udienza penale, nell’ambito di misure organizzative per contenere l’emergenza epidemiologica da Covid nell’ambito della attività giudiziaria”. La violazione viene individuata nel punto in cui il rinvio delle udienze – con l’annesso congelamento dei termini di prescrizione – “costituisce il contenuto soltanto eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, quale facoltà solo genericamente delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire”. Insomma più che rinviare e sospendere sembrano indicare i giudici bisognava organizzarsi. Questa perché spiega la Consulta in una nota “la previsione normativa della sospensione del decorso della prescrizione ha valenza sostanziale in quanto determina un allungamento complessivo del termine di estinzione del reato e, dunque, ricade nell’area di applicazione del principio di legalità che richiede – proprio perché incide sulla punibilità – che la fattispecie estintiva sia determinata nei suoi elementi costitutivi in modo da assicurare un sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilità”.
La sospensione della prescrizione è regolata dall’articolo 159 del codice penale che elenca all’articolo 1 in quali casi la clessidra può essere fermata. L’articolo considerato illegittimo, nel prevedere una fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a una regola processuale che non compare nell’elenco. Di fatto quindi non “è riconducibile alle ipotesi indicate nell’articolo 1, in quanto il suo contenuto è definito integralmente dalle misure organizzative del capo dell’ufficio giudiziario, “così esibendo un radicale deficit di determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione del principio di legalità limitatamente alla ricaduta di tale regola sul decorso della prescrizione“. La decisione, contenuta nella sentenza 140 depositata oggi con redattore Giovanni Amoruso, è opposta a quella presa otto mesi fa in cui si sosteneva che invece la prescrizione poteva essere congelata se le udienze venivano rinviate a causa della pandemia. In quel caso con una decisione “sofferta” – con il relatore Nicolò Zanon che non aveva scritto le motivazioni redatte da Francesco Viganò – la Consulta aveva respinto i quesiti sollevati dai tribunali di Siena, Spoleto e Roma. I giudici si erano rivolti alla Consulta, ipotizzando che la sospensione alla prescrizione non potesse avere valenza retroattiva perché nel nostro ordinamento, infatti, è vietato applicare a procedimenti in corso norme sfavorevoli per il reo che siano state approvate dopo aver commesso i fatti contestati. Ma secondo i giudici della Corte si trattava di censure “infondate”: i “decreti legge 18 e 23 del 2020, emanati per contrastare l’emergenza Covid” restavano legittimi. Tra queste due sentenze c’è anche quella la n° 5292, depositata in cancelleria il 10 Febbraio 2021, della Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, che si è espressa sui soli procedimenti penali pendenti dinanzi agli ermellini confermando la sospensione “con riferimento ai procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione e che siano pervenuti alla cancelleria della stessa nel periodo dal 9 Marzo al 30 Giugno 2020”.
Quale impatto avrà questa decisione sui processi a rischio prescrizione è ancora difficile da valutare. Ma basti ricordare che la riforma della prescrizione è uno dei temi politici più delicati. Nn solo proprio a inizio anno il primo presidente della Suprema Corte, Giovanni Mammone, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, aveva ribadito la necessità di correttivi alla riforma della prescrizione come l’accelerazione della fase delle indagini e dell’udienza preliminare. Sul dossier è al lavoro anche la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che lo scorso 28 giugno a Milano aveva annunciato l’obiettivo di abbattere i tempi dei processi del 25% in cinque ann.