Forse non tutti sanno che Raffaella Carrà, che ci ha lasciato lunedì, ha partecipato, come attrice, ad oltre trenta film. Aveva debuttato a otto anni, con il suo vero nome, Raffaella Pelloni, interpretando il ruolo di Graziella, una bimbetta che aveva un ruolo importante in Tormento del passato (1952) di Mario Bonnard, un lacrima-movie, la storia di un criminale latitante rientrato dagli Stati Uniti a Roma dove viene a sapere di avere una figlia, la Carrà appunto, che riesce a spezzargli il cuore tanto da indurlo, in punto di morte, per amore della piccola, a dichiarare alla polizia di essersi sparato da solo per sbaglio, scagionando la mamma di lei, vera responsabile.
A quattordici anni è ancora sul set, stavolta di Valeria ragazza poco seria, di Guido Malatesta, nel ruolo della sorella adolescente della protagonista (Gabriella Pallotta) e, nello stesso anno, il 1958, compare nel mondo-movie Europa di notte del maestro Alessandro Blasetti. Mica male come inizio. Tanto che, a diciassette anni, ha la parte della sorella di Gabriele Ferzetti nel capolavoro di Florestano Vancini La lunga notte del ’43.
Grazie anche alla sua avvenenza, viene poi cooptata per numerosi peplum, come si chiamavano allora i film a base di mitologici giganti buoni: gli Ercole, i Maciste, i Sansone che distraevano gli italiani dalle miserie postbelliche. La Carrà (anzi la Pelloni) è un’ancella che gioca a mosca cieca con le amiche e va a sbattere, bendata, proprio sul forte torace di Maciste (in Maciste nella terra dei ciclopi di Antonio Leonviola); è la bella principessa Saliura in Maciste, l’uomo più forte del mondo, sempre di Leonviola, dove la Carrà lo implora: “Salva Lot!” (il suo promesso sposo) e qui esaurisce la parte recitata; e in La furia dei barbari, di Guido Malastesta, un regista che, ironia della sorte, aveva cominciato come aiutante di Mike Bongiorno in tv e che avrà nel cast anche la futura regina della televisione, seppure in una particina.
Mi raccontava Alfredo Danesi, l’uomo che forniva bighe e cavalli per quei film che, trent’anni dopo, avrebbe portato le sue carrozze a Carramba che sorpresa, il programma cult di Raffaella che con lui aveva cominciato. E colui che di molti peplum fu il direttore di produzione, Alfredo Donati mi riferì: «Ricordo che la Carrà, allora solo Pelloni, venne a prendere i soldi per Maciste all’Inferno di Freda a cui non aveva partecipato, ma la pagarono comunque perché lei era diplomata al Centro sperimentale di cinematografia e, per legge, noi dovevamo prendere qualcuno di loro e retribuirlo anche se non lavorava».
Raffaella, però, non disdegnava neppure le commediole spiaggiarelle: la ritroviamo, cameriera in un albergo, in I Don Giovanni della Costa Azzurra di Sala. È il 1962 e la Carrà non è certo ancora un’attrice nota. Ma, pian piano, si avvicina ad esserlo: eccola in un film importante con Mastroianni, I compagni di Monicelli: qui si accredita già come Raffaella Carrà, ma ha ancora i capelli neri. Pare sia stato il regista Dante Guardamagna, scomparso nel ’99, per cui non possiamo chiedergli conferma, che inventò lo psuedonimo con il quale tutti conosciamo Raffaella. Amante dei grandi maestri della nostra pittura, Guardamagna creò un connubio fra Raffaello Sanzio e Carlo Carrà, da cui Raffaella Carrà.
Dopo una parte in La Celestina P.R. di Carlo Lizzani, Raffaella fa il colpaccio; recita, accanto a un mito mondiale come Frank Sinatra ne Il colonnello von Ryan di Mark Robson: nel film la Carrà, amante di un comandante tedesco, verrà uccisa in una stazioncina ferroviaria del frusinate. Inoltre lavora con i francesi prima come coprotagonista de Il Santo prende la mira di Christian-Jaque e poi de Il caso ‘Venere Privata’ di Yves Boisset.
Raffaella ha ventisette anni ed è già al fianco di Corrado in Canzonissima: da allora, diverrà una superstar televisiva, anche se interpreterà una cantante che somiglia molto a se stessa in Barbara di Gino Landi nel 1980. Proprio se stessa, invece, è nel terzo episodio di Colpi di fortuna di Neri Parenti, del 2013, e in Ballo Ballo, un musical del 2020 diretto da Nacho Álvarez e messo in onda da Amazon Prime. È il trionfo di Raffaella, la sua celebrazione pubblica, al cinema, come aveva iniziato ai tempi di Maciste e gli altri forzuti raddrizzatorti.