“Non sono stata io a introdurre l’emendamento all’articolo 1 del ddl Zan relativo all’identità di genere, ma quel riferimento era nella proposta di legge di Zan”. Lo rivela in una intervista a Lanfranco Palazzolo per Radio Radicale la deputata di Italia Viva, Lucia Annibali, che spiega: “Durante i lavori parlamentari e nel corso degli esami da parte delle altre commissioni, era emersa la necessità di dare delle definizioni alle varie voci che venivano introdotte nel testo, compreso anche il genere. E questo abbiamo fatto come maggioranza, suddividendoci anche gli emendamenti. Tutto qua, non c’è nulla da inventarsi”. In sostanza la parlamentare renziana prende le distanze dell’articolo che, come spiega, ha contribuito a scrivere. Anche perché è sufficiente consultare la piattaforma OpenParlamento e trovare, a questo link, l’emendamento firmato da lei e da altri esponenti degli altri partiti presenti in commissione alla Camera (Giusi Bartolozzi di Forza Italia, Alfredo Bazoli del Pd, Carla Giuliano del M5s e Federico Conte di Leu) che, come si legge, fu poi approvato il 27 ottobre 2020 grazie anche all’ampia condivisione che andava anche aldilà del perimetro della allora maggioranza di centrosinistra e M5s. Come si può notare all’ultimo punto dell’articolo 1 c’è la definizione di “identità di genere”, così come scritta nella versione definitiva del ddl Zan approvata dall’Aula di Montecitorio, che è al centro del tentativo di cosiddetta “mediazione” proposto dal leghista Andrea Ostellari e che i renziani, ora, 10 mesi dopo averlo firmato, vorrebbero rimuovere.

Sulla posizione di Fedez e di Chiara Ferragni, la parlamentare osserva: “Questo qualunquismo sulla politica che fa schifo è insopportabile. È giusto che il dibattito pubblico coinvolga anche altre personalità, perché siamo un Paese libero e democratico. Però si chiede un approfondimento nel merito, perché poi non so quanti abbiano letto questa legge o l’abbiano capita o l’abbiano approfondita. E si chiede anche il rispetto dei lavori parlamentari, perché noi siamo in un Parlamento che deve legiferare, non siamo in una televisione o sui social. Non credo che faccia bene a nessuno questa battaglia che è stata intrapresa a spada tratta su questi temi. E non fa bene neanche a chi reclama questi diritti, perché se li reclami con la violenza e con le offese, qualche domanda bisogna farsela”.

E aggiunge: “Il testo uscito alla Camera è stato frutto di un compromesso molto complicato e molto difficile, perché su questi temi il dibattito è sempre molto inquinato. Che ci potessero essere dei margini di miglioramento ne eravamo e ne siamo consapevoli tutti. Il Senato però ha numeri diversi e lavora in modo differente. Se si può contribuire maggiormente nel merito per rendere una proposta di legge più efficace, più chiara e più sostenibile, io credo che sia soltanto un vantaggio. Quindi, queste barricate sono veramente insopportabili. È successo anche alla Camera, quando ho tentato di fare un lavoro di approfondimento rispetto alle tante questioni che erano emerse. Allora – continua – venivo già tacciata di voler bloccare la legge Zan, perché poi su questi temi funziona così: non puoi dire come la pensi o cercare di fare un lavoro parlamentare, ma o sei a favore oppure sei contro. E questa è una roba veramente insopportabile. Bisogna domandarsi come mai si sostengono i diritti contro i crimini di odio e di violenza, utilizzando e spargendo odio, violenza e insulti ovunque. Quindi, anche alcuni politici che hanno contribuito in questo senso dovrebbero interrogarsi sulla qualità del loro lavoro e del loro fare politica anche dentro il dibattito pubblico”.

Annibali, infine, difende il suo partito: “Ci si poteva sicuramente confrontare di più. Tutte queste accuse strumentali di un rapporto tra Italia Viva e la Lega e la destra sono piuttosto ridicole. Alla Camera io, come capogruppo di Commissione, avevo provato a sollecitare un confronto con le opposizioni di allora, tra cui anche la Lega, per arrivare a un lavoro che fosse il più armonioso e ampio possibile, perché su questi temi, se sei intelligente, cerchi di promuovere un confronto e comunque le opposizioni, secondo me, vanno sempre rispettate nel Parlamento. E invece – conclude – si scelgono queste barricate che sono ideologia, propaganda, un voler dimostrare che se tu rimani fermo sulle tue posizioni, allora sei più a favore dei diritti rispetto a chi invece promuove un ragionamento politico. Questo non è fare politica, ma è urlare e impuntarsi con la testardaggine e con la violenza. Mi dispiace perché ogni occasione è buona per offendere Matteo Renzi, il nostro partito e il nostro lavoro di parlamentari. Noi da sempre cerchiamo di produrre dibattiti di merito. Se gli altri non hanno le capacità e il coraggio, è un problema loro”.

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