L'ultimo rapporto della commissione Ue sulla giustizia in Italia lancia - di nuovo - l'allarme sulla lunghezza dei processi e l'esiguo numero dei giudici. Per provare a velocizzare i procedimenti, il precedente governo aveva proposto di trattare davanti a un solo giudice pure in secondo grado tutti i processi celebrati dal monocratico in primo. Una proposta accantonata dalla commissione Lattanzi, incaricata di studiare proposte per al riforma penale dalla guardasigilli di Draghi
La commissione Europea è preoccupata per il limitato numero di magistrati che ci sono in Italia. Lo ha spiegato Didier Reynders, commissario Ue alla giustizia, presentando in conferenza stampa il rapporto annuale relativo al nostro Paese. “C’è una vera preoccupazione sulle risorse umane nel sistema giudiziario italiano. Il numero dei giudici resta uno dei più bassi nell’Ue. Ho letto della possibilità di dividere le carriere tra giudici e procuratori, ma occorre aumentare i numeri e quindi magari mantenere la possibilità di muoversi da una carriera ad un’altra”, ha detto Reynders. Che dunque, non solo si dice contrario alla separazione dei percorsi professionali tra magistrato requirente e giudicante, ma chiede il nostro governo ad assumere nuove toghe. Per i concorsi, però, ci vuole tempo. Anche per questo nella riforma della giustizia preparata dal precedente esecutivo era stata inserita una norma che avrebbe aumentato il numero di magistrati, trattando davanti a un solo giudice Legge completamente accantonata dal nuovo governo, ma andiamo con ordine.
Quanti sono i magistrati – In Italia oggi ci sono 12 magistrati ogni 100mila abitanti. Solo per fare un paragone in Germania sono il doppio. Alla fine del 2020, secondo i dati comunicati dal primo presidente della corte di Cassazione Pietro Curzio durante l’inaugurazione dell’ultimo anno giudiziario, erano in servizio circa 9.100 magistrati ordinari, 269 magistrati in tirocinio e 248 collocati fuori ruolo. L’organico complessivo fissato nel 2018 era di 10.751 posti, dunque ne restano vacanti 1.313 negli uffici giudiziari più altri 534 che vanno coperti con nuovi concorsi. A livello percentuale l’organico è scoperto per il 12,61%, equamente diviso tra giudicanti (ne manca il 12,63%) e requirenti (-12,54%). In compenso in Italia ci sono tantissimi avvocati: quasi 400 ogni centomila abitanti.
In Italia processi lentissimi – Un bel problema visto che tra le riforme di sistema legate all’erogazione dei fondi del Recovery, l’Ue chiede esplitamente una riduzione dei tempi dei processi, soprattutto di quelli civili, che in Italia oggi sono tra i più lunghi d’Europa. Nel 2019, secondo lo Eu Justice Scoreboard diffuso oggi dalla Commissione europea, la durata media di una causa civile o commerciale superava i 500 giorni in primo grado, sfiorava gli 800 giorni in appello e sfondava abbondantemente il tetto dei 1.200 giorni in terzo grado di giudizio.Il secondo Paese peggiore dell’Ue per quanto riguarda i tempi della giustizia civile è Malta, con oltre 400 giorni in primo grado e oltre 800 in appello (non c’è Cassazione). Terzultima è la Spagna, dove la durata media è di oltre 300 giorni in primo grado, poco meno di 300 in secondo e oltre 600 in terzo grado. Il migliore Paese dell’Ue per tempi della giustizia civile è l’Estonia, con meno di 100 giorni in media per ogni grado di giudizio. “Una riduzione dei tempi delle cause civili, oggi i più lunghi di tutta Europa, avrebbe un effetto positivi, sull’economia italiana e sull’attrattività del Paese per gli investimenti, ma dobbiamo vedere quale tipo di evoluzione ci sarà. E’ importante continuare a lavorare sulle risorse umane: ho visto discussioni sulla separazione delle carriere, ma devono aumentare i numeri”, insiste il commissario Reynders. Che ricorda come Mario Draghi e Marta Cartabia si siano impegnati a “ridurre il tempo necessario a concludere le cause del 40% per i procedimenti civili e del 25% per quelli penali”.
Gli appelli monocratici “dimenticati” dal governo – Per provare a velocizzare i processi, l’ex guardasigilli Alfonso Bonafede aveva proposto l’introduzione degli appelli monocratici: trattare anche in secondo grado davanti a un solo giudice tutti i processi celebrati col rito monocratico in primo. In questo modo si sarebbero raddoppiati – come minimo – il numero di magistrati a disposizione. La commissione presieduta da Giorgio Lattanzi, creata su input di Cartabia per avanzare proposte relative alla riforma del processo penale, ha abbandonato l’idea degli appelli monocratici. Il motivo? “Certamente la collegialità rappresenta un valore essenziale del sistema delle impugnazioni (pur essendo già previste ipotesi di monocraticità per reati minori); inoltre, – come rilevato da molti esperti durante le audizioni parlamentari – è dubbio che la previsione del giudice monocratico consentirebbe di aumentare aritmeticamente la capacità di definizione delle corti d’appello”. Non si capisce, però, come possa essere dubbio l’aumento aritmetico dei giudici: oggi in ogni processo d’Appello sono impegnati in tre, con la riforma Bonafede sarebbe soltanto uno.
In Italia magistrati percepiti come indipendenti – Altra nota negativa che arriva dal rapporto sulla Giustizia di Bruxelles: l’Italia risulta quintultima nell’Ue per indipendenza di tribunali e giudici nella percezione pubblica, in base a un sondaggio di Eurobarometro. Peggio vanno solo Bulgaria, Polonia, Slovacchia e Ungheria: il paese di Viktor Orban è ultimo assoluta. Per l’Italia, la motivazione principale della percezione sono “interferenze o pressioni del governo e della politica”. A questo proposito Reynders consiglia d’intervenire con una riforma del Consiglio superiore della magistratura, che “si attenga agli standard europei del Consiglio d’Europa e lavori con la Commissione Venezia”. Occorre “essere sicuri che, per fare un esempio, nella composizione del Consiglio superiore della magistratura ci sia una maggioranza di giudici eletti dai loro pari”, ha spiegaro il commissario europeo.