“Il Po è in sofferenza, dobbiamo portargli rispetto”. Il signor Giuliano viene a pescare sullo spiaggione di Boretto, in provincia di Reggio Emilia, da sempre. Una volta questa striscia di sabbia sul ‘Grande Fiume’ “era grande la metà”. Ma quest’anno il corso d’acqua più lungo d’Italia vive una situazione di grande stress idrico. A giugno la portata è calata fino al 30% in diverse zone del bacino padano. Ma anche i sottobacini non stanno meglio a causa delle alte temperature registrate nelle ultime settimane con massime di 32-34°C, tra 1 e 3°C superiori al clima degli ultimi 20 anni. “Questi fenomeni stanno diventando sempre più frequenti” spiega Andrea Gavazzoli, responsabile delle relazioni istituzionali dell’Autorità Distrettuale del fiume Po – ministero della Transizione Ecologica – ma quest’anno è ancora più atipico perché già a metà giugno abbiamo registrato un calo drastico della portata”. I fattori che hanno portato a questa situazione sono diversi. Innanzitutto la scarsità delle precipitazioni. Dall’inizio dell’anno, l’Autorità del Po ha registrato un “un deficit medio regionale, sul clima 2001-2020, di circa 116 mm (- 34%), con punte più elevate sul settore orientale (Romagna, rilievi del Bolognese e aree limitrofe, dove si calcolano deficit tra 150 e 200 mm pari a oltre il 50 % delle piogge in meno”. E poi c’è la questione dell’innalzamento delle temperature. “Questo fa sì che c’è una traspirazione sia dei suoli sia delle colture che provoca difficoltà nel comparto agricolo”. Spostandosi di qualche chilometro verso Parma, una delle colture più diffuse è quella del pomodoro che necessità di molta acqua. “Basta pensare che il 97% della bacca è formata da H2O” spiega Luca Cotti, agricoltore e vice presidente di Coldiretti Parma. “Ormai ci siamo dovuti abituare alla carenza di acqua, stiamo cercando ai arginare il problema con un uso più attento”. Negli ultimi vent’anni gli impianti e le tecniche di irrigazione sono cambiate. “Adesso usiamo la manichetta, la micro irrigazione e le sonde nel terreno – racconta di fronte ai suoi campi – dobbiamo fare tesoro della poca acqua che ci rimane perché è vero che è sempre meno”. I territori più colpiti dall’aridità sono proprio quelli dove ci sono le coltivazioni più vaste. Il basso Piemonte dove c’è il riso, il parmense e il piacentino dove si coltiva il pomodoro e poi la Romagna che è uno dei distretti frutticoli più importanti d’Italia. “A causa del cambiamento climatico, la straordinarietà di questi fenomeni è diventata ordinarietà e sono sempre più frequenti – aggiunge Gavazzoli sottolineando la necessità e l’urgenza di un intervento – le azioni da fare riguardano infrastrutture con invasi o bacini che riescano a trattenere l’acqua perché il Po da solo non può reggere la pressione e dall’altro lato sistemi di irrigazione virtuosi e intelligenti”
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