Alla fine i 5 stelle si sono accordati: la riforma della giustizia penale firmata da Marta Cartabia riceve il via libera del Consiglio dei ministri. Un via libera che viene definito non formale per il semplice fatto che, trattandosi di una legge delega, non c’era alcun voto formale: semplicemente dopo un braccio di ferro lungo tutto il pomeriggio nessuno ha avuto nulla da obiettare. Soprattutto dopo che ha parlato Mario Draghi che ha chiesto a tutti i ministri di sostenere “convintamente” il testo della riforma (che formalmente è contenuto in una legge delega), rimanendo leali in Parlamento.
La prescrizione Cartabia – Il Cdm convocato per approvare in fretta e furia la riforma penale era stato pianificato alle 17 ma è iniziato con due ore di ritardo. Il motivo? I 5 stelle volevano astenersi, visto che la legge contiene delle modifiche alla prescrizione che in pratica fanno a pezzi la riforma di Alfonso Bonafede. Fino ad oggi funziona che la prescrizione si blocca dopo il primo grado di giudizio. Il meccanismo studiato da Cartabia, invece, mantiene la prescrizione esistente solo fino al primo grado. Dal secondo subentra un altro concetto, quello dell’improcedibilità. Se l’Appello non si conclude entro due anni, il processo non può più andare avanti, cioè muore in via definitiva. Lo stesso vale per quello in Cassazione, dove la tagliola scatta entro un anno. Un sistema che equivale a fare a pezzi la riforma-bandiera dei 5 stelle.
La trattativa coi 5 stelle – Per questo motivo i Cdm è iniziato con due ore di ritardo. La delegazione del Movimento 5 stelle, guidata dal ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli, si è riunita in separata sede con il premier Draghi e la guardasigilli per cercare di sbloccare l’impasse sulla prescrizione. Una riunione lampo: i 5 stelle hanno assicurato il sostengo al testo in cambio di un’allungabilità (a discrezione del giudice) del termine entro cui completare i gradi di giudizio – a pena di improcedibilità – a tre anni in Appello e 18 mesi in Cassazione per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione: concussione, corruzione, istigazione alla corruzione e induzione indebita a dare o promettere utilità. Esclusi da questo meccanismo rimangono i reati puniti con l’ergastolo – come l’omicidio e la strage – o quelli gravi come la mafia e il terrorismo. In fumo, però, finirebbero decine e decine di altri processi importanti, come quelli per bancarotta o reati di tipo colposo come la strage di Viareggio. Nonostante tutto i 5 stelle avevano dato il loro assenso.
I malumori di Fi e Iv, l’intervento di Draghi – A quel punto, però, sono stati i ministri di Forza Italia e Italia viva a chiedere lo stop del Consiglio dei ministri per esaminare le modifiche apportate al testo: erano contrari all’inserimento della corruzione tra reati che prevedono la possibilità di tempi processuali allungati. La riunione era stata sospesa per una ventina di minuti. Alla ripresa Draghi, raccontano fonti presenti alla riunione, ha chiesto a tutti i presenti sostegno convinto alla riforma: nessuna obiezione. E’ passata così la riforma che promette di mandare in fumo decine e decine di processi. E che fa cantare vittoria a Italia viva che definisce l’aggiunta della modifica chiesta dai Cinque stelle come “un contentino per i media che una cosa di sostanza e comunque lavoreremo per sistemare il testo in Parlamento”.
Di Battista: “Impunità” – Contro la legge in cantiere si è scagliato l’ex deputato Alessandro Di Battista, fuoriuscito dal Movimento dopo l’appoggio al governo Draghi ma ancora considerato un punto di riferimento da molti iscritti. “Sul Fatto c’è un editoriale di Travaglio che, ahimè, va letto”, scrive sui social. “Dico “ahimè” perché spiega perfettamente quel che sta tentando di fare il governo dei migliori, ovvero un maxi-regalo all’impunità. Ovvero ai ladri!”. E a chi, nei commenti, invita i grillini a uscire dal governo Draghi subito, replica definendo la presenza del Movimento nell’esecutivo “una Caporetto ampiamente prevedibile”. A far sentire la propria voce a favore della riforma, invece, è il segretario del Pd Enrico Letta: “Dopo trent’anni di scontro politico sulla giustizia questa è la volta buona, siamo convinti di questo”, ha detto, parlando a margine della presentazione del suo libro “Anima e cacciavite” a Monza. “Sosteniamo le riforme della ministra Cartabia e del governo Draghi. Sono la condizione perché i soldi dei Recovery plan arrivino all’Italia, che con una giustizia finalmente efficiente e rapida e giusta sia in grado di attrarre dall’estero quegli investimenti che sono necessari. Questo è il momento, fidiamoci della ministra Cartabia e facciamo queste riforme”, argomenta.
Il Pd: “Riforma che serve al Paese”- Per la capogruppo alla Camera del Partito democratico, Debora Serracchiani, le proposte di Cartabia sono “un’opportunità irripetibile per fare una riforma di sistema che serve al Paese. Non si può restare fermi, anche per non mettere a rischio le risorse del Pnrr. Questo è il momento delle soluzioni condivise per il bene della comunità nazionale e non dei muri ideologici che in passato hanno impedito le riforme”, scrive in una nota. Mentre Annamaria Bernini, presidente dei senatori di Forza Italia, ricorda che “il Movimento cinque stelle non ha la maggioranza assoluta in Parlamento e non ci sono più alleati disposti a seguirlo nella deriva pangiudiziaria. Ne prendano atto. Forza Italia vorrebbe la separazione delle carriere, ma pretendere la luna in una maggioranza così composita sarebbe da irresponsabili. La mediazione della Guardasigilli è frutto di un lavoro complesso e impeccabile, e il premier fa quindi benissimo a tirare dritto”.