Doppia dose contro le varianti. “I primi studi affermano che il ciclo completo dei quattro vaccini già approvati rimane protettivo nei confronti di tutte le Voc – cioè le varianti che sono considerate più rischiose – mentre diminuisce l’efficacia che si era evidenziata dopo la prima dose”.

L’Istituto superiore di sanità (ISS), in un aggiornamento delle Faq sul proprio sito ribadisce che i composti a Rna messaggero – Pfizer e Moderna – e quelli a vettore virale – Astrazeneca e e il monodose Janssen (J&&) – resistono alla carica delle quattro mutazioni che più impensieriscono: Alfa, Beta, Gamma, Delta rispettivamente ex inglese, sudafricana, brasiliana, indiana. “Per quanto riguarda i farmaci in uso e in sperimentazione non ci sono ancora evidenze definitive in un senso o nell’altro”. Alcuni articoli, spiega Iss, indicano che alcuni monoclonali in sviluppo potrebbero perdere efficacia da soli, ma continuano a funzionare i mix di due anticorpi.

Il mese scorso su Lancet era stato pubblicato uno studio sull’efficacia dei vaccini sulla mutazione indiana. La variante Delta – che sta moltiplicando i contagi in Gran Bretagna e sta cominciando a produrre i suoi effetti anche in Italia – riduce del 13% l’efficacia dei vaccini, ma due dosi – sia di Astrazeneca che di Biontech-Pfizer – riducono il rischio di infezione. L’analisi – condotta dall’Università di Edimburgo – ricorda in premessa che il rischio di ricovero in ospedale dopo essere rimasti contagiati con la variante Delta (indiana) di Sars Cov 2 è quasi doppio rispetto a quello della variante Alfa (inglese). Ma un completo ciclo vaccinale fornisce comunque contro di essa una forte protezione, sebbene inferiore rispetto alla variante inglese.

Intanto gli scienziati di Oxford con Astrazeneca hanno avviato nei giorni la sperimentazione clinica di un nuovo vaccino denominato AZD2816 ideato per proteggerci contro una delle varianti del Covid-19 che destano preoccupazione, ovvero la B.1.351 conosciuta come Beta ed identificata per la prima volta in Sudafrica.

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