In diciassette sono stati arrestati, ma la polizia sta ancora dando la caccia ad altri otto sospetti parte dello “squadrone della morte” che ha assassinato il presidente di Haiti Jovenal Moise, facendo irruzione nella sua residenza e ferendo anche la moglie, poi trasportata in gravi condizioni a Miami. Il gruppo che lo ha ucciso era composto da 26 colombiani, per la maggior parte soldati in pensione, e due americani di origine haitiana. Questi ultimi, secondo il quotidiano El Tiempo di Bogotà, hanno confessato che “la missione era arrestare il presidente Moise, nell’ambito dell’esecuzione di un mandato di cattura di un giudice istruttore, e non di ucciderlo”. Gli altri tre membri del gruppi sono rimasti uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia a Port au Prince. La notte scorsa 11 dei 28 componenti del commando sono stati arrestati dalla polizia haitiana nell’edificio che ospita l’ambasciata di Taiwan dove avevano fatto irruzione, in tenuta militare, mentre cercavano di sfuggire alla cattura.

Gente straniera è entrata nel nostro Paese per uccidere il presidente”, ha detto il capo della polizia, Leon Charles, mostrando i passaporti e alcune delle armi usate dal commando nell’operazione contro il presidente. Il governo di Bogotà ha assicurato che collaborerà nelle indagini con le autorità di Port au Prince, mentre il dipartimento di Stato americano non ha ancora confermato il coinvolgimento dei suoi connazionali. Restano ignoti i mandanti dell’uccisione di Moise: alla Bbc il premier ad interim Claude Joseph ha detto che il presidente potrebbe essere stato fatto fuori perché combatteva contro “gli oligarchi” nel Paese.

A fronte dell’agguato, la procura di Port-au-Prince ha convocato i responsabili della sicurezza del presidente, per fare chiarezza sull’apparente facilità con la quale i killer hanno potuto raggiungere e uccidere il capo di stato haitiano. “Ho conferito alla Direzione Centrale della Polizia Giudiziaria (DCPJ) delega di poteri per ascoltare tutti gli agenti di sicurezza vicini al presidente Jovenel Moïse“, ha dichiarato Me Bed-Ford Claude, commissario del governo di Port-au-Prince. I due responsabili della sicurezza del presidente saranno ascoltati il 13 e il 14 luglio.

L’irruzione nell’ambasciata di Taiwan – La portavoce del ministero degli Esteri taiwanese, Joanne Ou, ha confermato l’arresto degli 11 mercenari che erano entrati nell’ambasciata. “Taiwan condanna con forza questo atto barbarico e violento e ribadisce il suo sostegno al premier ad interim Claude Joseph per superare la crisi e restaurare l’ordine democratico”, ha aggiunto la portavoce di Taiwan che ha in Haiti uno degli unici 15 governi che hanno mantenuto relazioni diplomatiche con Taipei invece che con Pechino.

La scelta di Haiti risale al 1956, 7 anni dopo la fuga a Taiwan dei nazionalisti di Chiang Kai-shek sconfitti dai comunisti di Mao. Una vicinanza che è stata ribadita nel 2019, quando il presidente Tsai Ing-wen ha visitato Haiti, dopo aver incassato la decisione dalla vicina Repubblica Dominicana di cambiare campo, riconoscendo Pechino invece che Taipei nel 2018, insieme ad El Salvador e Burkina Faso. Uno spostamento ottenuto da Pechino a colpi di prestiti e promesse di aiuti economici e diplomatici che nel 2019 hanno convinto anche le piccole Kribati e Solomon Islands.

I Caraibi, come del resto l’area dell’Africa e del South Pacif, sono teatri cruciali per la competizione tra Taipei e Pechino: anche se la maggior parte dei Paesi caraibici sono piccole isole, ognuno rappresenta un potenziale voto in seno alle organizzazioni internazionali, a cui Taiwan non può partecipare per la mancanza di riconoscimento diplomatico. Per questo in tempi recenti, Pechino ha lanciato una nuova offensiva verso Haiti e recentemente l’ambasciatrice Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha accusato la Cina di usare “la diplomazia dei vaccini” sugli alleati di Taipei esercitando “un’enorme pressione” su Haiti. Per contrastare le profferte di Pechino, Taipei negli anni ha fornito sostegno finanziario ad Haiti, partecipando lo scorso anno alla costruzione della nuova rete elettrica e donando 280mila mascherine nell’ambito degli aiuti anti Covid.

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