L'incidenza da 9 a 11 casi ogni 100mila abitanti in sette giorni. Nel monitoraggio quindi non si riflette l'aumento di nuovi contagi registrato nell'ultima settimana. Le Regioni già in allerta: "Con il sistema attuale si rischierebbe di scivolare in zona gialla senza pressione sugli ospedali. Il governo superi l'incidenza come parametro guida per lo scenario di rischio", ha detto il presidente della Conferenza delle Regioni Fedriga
L’indice Rt e l’incidenza invertono la tendenza. Entrambi sono in leggero aumento rispetto alla settimana scorsa, stando alle bozze del monitoraggio Covid dell’Istituto superiore di sanità presentate durante la cabina di regia di questa mattina. L’incide Rt si attestava a 0,63 lo scorso venerdì, mentre i dati odierno lo collocano a 0,66. In risalita, anche se di poco, l’incidenza dei casi che arriva a 11 ogni 100mila abitanti rispetto ai 9 di sette giorni fa. “La circolazione della variante Delta è in aumento in Italia e oltre al tracciamento dei casi e al completamento dei cicli vaccinali è necessario rispettare le misure necessarie per evitare un aumento della circolazione virale”, avvisa l’Iss invitando anche a un “capillare sequenziamento” dei tamponi.
I dati alla base dei calcoli, va ricordato, si riferiscono a due settimane fa. Nel monitoraggio, quindi, non si riflette il deciso aumento di casi registrato nell’ultima settimana (ieri si è registrato il 60 per cento in più di contagi di 7 giorni prima). Inoltre il monitoraggio per quanto riguarda l’incide Rt conteggia solo i casi sintomatici: in questa fase, come noto, ad essere più colpiti dalla diffusione della variante Delta sono principalmente i giovani, i quali nella stragrande maggioranza dei casi non sviluppano sintomi e di conseguenza non rientrano tra i positivi conteggiati nel report dell’Iss. A confermarlo è lo stesso report, nel quale si legge: “La elevata proporzione di soggetti asintomatici va considerata nella lettura di queste stime di trasmissibilità”.
“Sono otto le Regioni e Province autonome classificate a rischio moderato e 13 a rischio basso”, spiega l’Istituto sottolineando che la situazione non è critica ma è salito il numero di aree del Paese a rischio ‘moderato’. Si tratta di Abruzzo, Campania, Marche, Veneto, Sardegna e Sicilia con le due Province autonome di Trento e Bolzano. Sulla base del monitoraggio, tutta l’Italia resterà zona bianca. L’incidenza è infatti in leggera risalita ma molto al di sotto della soglia dei 50 casi ogni 100mila abitanti che fa scattare la zona gialla. Sul punto, tra l’altro è ricominciata la pressione della Regioni che chiedono di togliere importanza per stabilire la ‘classe di rischio’ a questo indicatore. Il primo a muoversi è stato il presidente del Friuli Venezia Giulia, Massimiliano Fedriga, che è anche presidente della Conferenza delle Regioni. “L’incognita legata all’elevata diffusione della variante Delta potrebbe condizionare il futuro a breve termine”, ha scritto su Facebook.
“Con il sistema attuale infatti, si rischierebbe di scivolare in zona gialla anche solo per un aumento dei contagi, non accompagnato dalla pressione sugli ospedali – ha aggiunto – Grazie alla copertura vaccinale però, l’impatto sulle ospedalizzazioni dovrebbe essere molto più contenuto rispetto al passato”. Quindi ha rivolto un “appello al governo” affinché “superi il paradigma dell’incidenza ogni 100mila abitanti come parametro guida per determinare lo scenario di rischio, a vantaggio del tasso di occupazione dei posti letto in terapia intensiva e area medica che rappresenta invece la vera criticità da fronteggiare”.
Sulla base del monitoraggio, il tasso di occupazione è del 2%. Sotto la soglia critica, con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 240 del 29 giugno a 187 del 6 luglio, e ieri era a 180 per la prima volta senza un calo rispetto al giorno prima. Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale scende ulteriormente (2%) e il numero di persone ricoverate in queste aree passa da 1.676 del 29 giugno a 1.271 del 6 luglio.