C’era una volta Poor Cow, ma quello era il Ken Loach militante di metà anni ’60 e la mucca era un simbolo di povertà. Oggi arriva sulla Croisette, nella neo sezione Cannes Prémière, Cow di Andrea Arnold, e questa volta trattasi di un animale in carne ed ossa dal nome Luma. Bizzarro, romantico e crudele insieme, Cow è il nuovo lavoro della magnifica regista inglese pluripremiata a Cannes con una tripletta (Red Road, Fish Tank e American Honey) nato come omaggio a un animale prezioso all’essere umano, ma da esso ma mai sufficientemente osservato. Il risultato è uno dei film finora più emozionanti e “umanisti” visti a Cannes 74, un vero viaggio nella natura realistica da cui – sottolinea la regista – “ci siamo sconnessi ormai da troppo tempo, perché in fondo siamo anche noi animali ma troppo spesso ce lo scordiamo”.
Non è la prima volta che Arnold considera l’universo animale con un’attenzione speciale, non a caso persino i suoi primi cortometraggi titolano con nomi di animali – Dog (2001) e poi Wasp (2003), corto con cui vinse l’Oscar – ma è senza’altro la prima volta che protagonista assoluta è una mucca fra le mucche, scelta perché “dal viso bellissimo”. Il gesto filmico della regista, quest’anno chiamata anche a presiedere la giuria di Un Certain Regard, è radicale: Luma è il centro dello sguardo e il suo punto di vista, il mondo dai suoi occhi tondi e dolci ci appare ripetitivo, a tratti violento, di certo sfruttatore. D’altra parte il bovino di sesso femminile a questo serve: a partorire carne da macello e a fornire latte senza sosta, in un ciclo che ne costituisce la parabola esistenziale.
Il film inizia con Luma partoriente. Ne esce una vitellina che la madre pulisce e poi allatta come natura vuole. Ma la baby cow è poi allontanata: la sua vita sarà altrove. Le immense mammelle di Luma producono il latte come da copione, finché al suo termine è necessario una nuova monta: è il corteggiamento del toro, quasi poetico, finché non nascerà un nuovo vitello e così via finché morte non chiuderà il cerchio.
Cresciuta in un ambiente open air di campagna-industriale, per Andrea Arnold Cow ha significato quasi di un ritorno alle origini, ma anche un modo per immergersi nel mondo bucolico e rurale così tipico dell’Inghilterra dipinta da Constable. “Ho voluto mostrare il ciclo vitale al femminile, comunicare il segno materno dell’esistenza”. E da questo, tuttavia, non ha escluso la morte, persino violenta e subitanea a cui è sottoposta Luma. “Non dobbiamo scandalizzarci, la vita è questa: contiene la morte. Anzi, penso sia proprio la morte a rendere bella la vita. Pensiamo sempre a vivere la natura come qualcosa di positivo e tranquillizzante e sbagliamo: la natura è brutale, totalmente inquieta e piena di paure. Queste non vanno eliminate, vanno accolte come effetto normale del vivere”.