C’è chi fatica a fare un solo coming out. Alessandro Cecchi Paone – 60 anni il 16 settembre, giornalista e personaggio televisivo strafamoso, professore universitario e tanto altro – ne ha affrontati due in un biennio. L’occasione più nota risale al 2004, quando ha reso pubblica, con orgoglio, la sua omosessualità. Nel 2005 ha esibito, altrettanto orgogliosamente, l’appartenenza al Grande Oriente d’Italia (Goi), la principale obbedienza della massoneria italiana. È il tema della lunga intervista che Cecchi Paone ha rilasciato a FQ MillenniuM, il mensile diretto da Peter Gomez, nel nuovo numero in edicola da sabato 10 luglio con inchieste e approfondimenti sul tema della massoneria. Dopo sedici anni, c’è ancora oggi chi grida allo scandalo quando “scopre” che Cecchi Paone è massone, tanto da considerarlo complice di trame e complotti. A partire dal ddl Zan contro l’omotransfobia: il cattolico integralista Mario Adinolfi l’ha “accusato” di essere un massone; subito dopo su Facebook ha scritto: “L’operazione ddl Zan è un’operazione con finalità anticattolica ispirata dalla massoneria”. Ecco un estratto dell’intervista pubblicata sul mensile.
In ogni caso “massone” per lei non è mica un insulto…
Infatti me ne vanto. Ho anche assunto responsabilità crescenti. Sia chiaro: quando parlo di massoneria mi riferisco a quella riconosciuta; non c’entrano le pseudo-massonerie, quelle deviate e tutto il resto.
Responsabilità crescenti?
Sono maestro del terzo e ultimo grado della massoneria azzurra, quella generalista. Il massimo. Aggiungo che sono pure maestro architetto di un rito di perfezionamento, quello simbolico italiano.
A “La Confessione”, su Nove, ha detto: “Io sono nato massone”… Così precoce?
Be’, proprio alla nascita, no! Anche perché per aderire bisogna avere almeno 21 anni. Però i miei antenati ottocenteschi sono stati garibaldini e mazziniani. Io non ho potuto sottrarmi. D’altra parte la massoneria è da tempo un luogo di incontro della classe borghese democratica. Pochi sanno che il Goi l’ha fondato nel 1861 Giuseppe Garibaldi, il primo gran maestro.
Bastano le radici familiari per giustificare l’adesione?
No, ma con quelle radici ha avuto a che fare anche la mia militanza politica. Una volta la massoneria istituzionale si rifletteva nell’adesione a quattro partiti: repubblicano, il mio, liberale, radicale o socialista, nella componente non marxista. Oggi si riflette nei partiti che hanno raccolto quelle eredità. Ebbene, la mia famiglia è sempre stata liberale e repubblicana.
Però l’italiano medio conosce la massoneria a scuola e l’associa al Risorgimento. Dopo ne sente parlare soltanto quando scoppia uno scandalo, così la percepisce come un luogo in cui si trama…
Non è così, se non nel caso della P2. Dopo lo scandalo del 1981, la Gran Loggia Unita d’Inghilterra, fondata nel 1717, ci ha tolto il riconoscimento. Una caduta terribile, un disastro….
Ultimamente l’avvocato Piero Amara ha parlato di una Loggia Ungheria, dedita alle nomine nella magistratura. Forse è molto trendy inventarsi una loggia per “vendere” un’aura di complottismo, mischiando fatti veri, verosimili e bufale?
Sì, è molto comodo. Se dovesse esistere, di certo non fa parte del Goi. Comunque un gruppo di complottardi non fa una loggia. Quelle riconosciute hanno nome, numero, organi di controllo, sede ufficiale, simbolo, eccetera.
La P2 di Gelli però era una loggia riconosciuta. O no?
Sì, è terribile constatarlo, perché Gelli era dichiaratamente fascista e legato ai servizi segreti sudamericani. Ha usato la massoneria e chissà chi ha usato lui.
Secondo lei sarebbe stato possibile fermarlo prima?
Difficile dirlo. Però ai tempi la mia famiglia, come tanti altri massoni, lasciò il Goi riconoscendo l’assoluta inammissibilità della P2. Io sono rientrato nel 2005, dopo che nel 1999 era diventato Gran Maestro un repubblicano, Gustavo Raffi: su indicazione delle massonerie regolari del mondo, aveva riportato l’ordine, espellendo i piduisti. Quando sono arrivato, qualcuno difendeva ancora Gelli. Ma Raffi, in carica fino al 2014, ha fatto pulizia. Certo, la P2 ha provocato gravi danni d’immagine. Mi spiace per i giovani.
Lei conferma che nella Massoneria c’è un’elaborazione di tipo politico, che poi cerca di imporre nelle istituzioni.
C’è un’elaborazione di carattere ideale, non politico. Si tratta di valori in nome dei diritti civili e umani, cui io mi mi dedico molto. I massoni non sostengono un singolo partito o un singolo governo.
Leggi l’intervista completa su FQ MillenniuM di luglio, in edicola o su tablet