Martedì scorso in Consiglio Regionale della Lombardia ho presentato una mozione sulle strategie di contenimento della variante Delta. Di “inutili allarmismi” parla Letizia Moratti, e di strumentalizzazioni che fomentano campagne di odio, mi hanno accusato i leghisti nel dibattito della mozione. A fronte di un aumento dei contagi (che se non pesano ancora sugli ospedali, mettono però a rischio 5,75 milioni di over 60, secondo l’ultimo monitoraggio settimanale della fondazione Gimbe), la variante Delta non può essere presa sottogamba. La mozione proponeva azioni specifiche e concrete da mettere in campo subito. Bocciata anche perché “troppo tecnica”.
La variante Delta, sta diventando prevalente in Lombardia, Italia ed Europa per stessa ammissione dell’assessore Moratti (i titoli dei giornali li avrete visti). Secondo il Centro Europeo per la Prevenzione ed il Controllo delle infezioni (ECDC), entro la fine di agosto questa variante caratterizzerà il 90% dei casi di coronavirus all’interno dell’Ue. Peraltro, la variante Delta ha una parziale capacità di immune escape, ovvero di mancata copertura del vaccino, soprattutto fra chi ha ricevuto una sola dose (chi è vaccinato completamente, invece, ha una buona protezione, indipendentemente dal tipo di vaccino).
Per questo ho proposto una strategia composta da quattro pilastri. Il primo riguarda la necessità di accelerare la campagna di vaccinazione per soggetti over 60 e fragili, in quanto più esposti ai rischi del virus. Nel mese di giugno, infatti, la Lombardia ha favorito la vaccinazione dei soggetti under 60, ma per limitare i rischi dovuti al contagio fondamentale è massimizzare la copertura fra le persone più anziane. A ciò fa il paio il tempo che intercorre fra una dose e l’altra: se prima Regione Lombardia poteva aver – anche con qualche ragione – deciso di optare per l’intervallo più lungo di tempo fra le dosi, ora occorre accorciare quell’intervallo, soprattutto nel caso di AstraZeneca.
Il secondo principio è che occorre iniziare a vaccinare per davvero gli stranieri irregolari (con o senza codice STP) o in corso di sanatoria e i codici Eni (europei non iscritti), anche considerando che la variante indiana è, tautologicamente, a maggior rischio di diffusione proprio tra chi proviene dal subcontinente indiano. Nonostante il via libera, a chiacchiere, alla vaccinazione da parte di Regione Lombardia in seguito a una mia interrogazione dell’8 giugno, infatti, a distanza di un mese il sistema non è ancora operativo. Con amici sono arrivato a dover hackerare il sistema, creando un video tutorial per mostrare alle persone come poter “ingannare” il portale e riuscire a prenotare. UN utile strumento da diffondere.
Il terzo pilastro è relativo alla genotipizzazione dei tamponi, ovvero l’individuazione della penetrazione delle varianti sul totale dei test positivi. Questa è una procedura essenziale per bloccare la diffusione dell’epidemia. Su questo argomento, Moratti ha dichiarato e difeso più volte di aver richiesto l’analisi del 100% dei tamponi positivi, ma questa procedura è discutibile: secondo la scienza (e l’economia), per avere dati significativi è più sensato mettere insieme un numero congruo di soggetti da verificare, e laddove si individui un caso sentinella, si può effettuare il genotipo a tutti i contatti del caso, o a tutta la zona, per individuare eventuali focolai. Non solo per risparmiare soldi, ma per non sovraccaricare di lavoro i laboratori analisi, con la conseguenza (che i lombardi ricordano bene) di avere un troppo lungo tempo di attesa tra l’esame ed il suo esito.
Infine, ecco il quarto pilastro: occorre, in collaborazione con il governo, controllare le frontiere di terra, aria e mare non solo con test e quarantene per chi provenga da zone a rischio di variante Delta, ma anche valutando il blocco di ingresso in Italia per chi proviene, anche indirettamente, da paesi ad alta prevalenza di variante Delta. Al suo solito, però, la Lombardia è autonomista solo quando le fa comodo, e fa in fretta a scaricare la responsabilità sullo Stato: non è compito nostro, noi non c’entriamo nulla.
Sono sbalordito da come sia un anno e mezzo che vediamo la Regione mettere la polvere sotto il tappeto, invece di affrontare i problemi per tempo, analizzando e pianificando. Il rifiuto del dialogo e dell’approfondimento sullo scenario peggiore possibile, bollando come “inutili allarmismi” le proposte, è un atteggiamento irresponsabile, di chi non impara dai suoi errori: ho ancora nelle orecchie le dichiarazioni in aula di molti membri di giunta che durante il primo picco pandemico dichiaravano “a cosa serve fare il tampone, che tanto se un minuto dopo uno ti tossisce in faccia diventi positivo”. Allora chiedevo più tamponi e più laboratori analisi. Mi si rispondeva che facevo inutili allarmismi.