E' proprio nella struttura sanitaria che sarebbe cresciuto il profondo disagio, umano e professionale della donna, che si era dimessa dall'incarico il giorno precedente la scomparsa. La sua auto era stata ritrovata non lontano da un lago, ma finora le ricerche non hanno dato alcun esito
Una prima svolta nella vicenda della dottoressa Sara Pedri, la giovane ginecologa in servizio all’ospedale di Trento di cui si sono perse le tracce dal 4 marzo scorso. Il primario del reparto di ostetricia e ginecologia, Saverio Tateo, sarà trasferito in un’altra unità operativa, perché è proprio nella struttura sanitaria che sarebbe cresciuto il profondo disagio, umano e professionale, della donna, che si era dimessa dall’incarico il giorno precedente la scomparsa. La sua auto era stata ritrovata non lontano da un lago, ma le ricerche del corpo finora non hanno dato alcun esito. La vicenda è diventata da un paio di mesi anche un caso politico che ha portato alle dimissioni del direttore generale Pier Paolo Benetollo e ha scosso l’amministrazione provinciale del leghista Maurizio Fugatti.
Per far luce sulla gestione del reparto e sui rapporti con la dottoressa Pedri è stata nominata una commissione interna d’inchiesta dell’Azienda Provinciale Socio Sanitaria di Trento. Una prima relazione è stata consegnata alla giunta provinciale e sulla base di quel documento, frutto di 110 testimonianze di operatori sanitari, è stato deciso il trasferimento. Oltre al primario, il provvedimento interessa anche un’altra figura dirigenziale medica del reparto di ginecologia, di cui non è stato fornito il nome.
L’Apss ha diffuso un comunicato: “La commissione interna di indagine, istituita dalla direzione generale per effettuare le audizioni del personale dell’Unità operativa di ginecologia dell’ospedale di Trento, ha completato i lavori raccogliendo una corposa documentazione e testimonianze di più di 110 persone. Gli atti sono poi stati trasmessi al direttore generale”. Qual è l’esito? “Dalla documentazione emergono fatti oggettivi e una situazione di reparto critica che rendono necessario, a partire da lunedì 12 luglio, il trasferimento del direttore dell’ostetricia e ginecologia di Trento ad altra unità operativa e di un altro dirigente medico ad altra struttura ospedaliera dell’Apss”. Spiega l’Azienda: “Questi provvedimenti sono stati decisi al fine di tutelare la serenità delle pazienti, di tutti gli operatori coinvolti e a salvaguardia del buon funzionamento del reparto. La direzione generale invierà gli atti della commissione di indagine all’Ufficio procedimenti disciplinari per l’attivazione del relativo iter”. Nel frattempo, l’unità operativa del Santa Chiara è stata affidata – a scavalco – al direttore della struttura complessa di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Rovereto.
Qualche giorno fa il direttore generale Benetollo aveva presentato le dimissioni, perché nel pieno delle bufera il primario Tateo era stato confermato nell’incarico. Quando lo si è venuto a sapere, la giunta Fugatti era sembrata cadere dalle nuvole, sostenendo di essere stata all’oscuro della delibera (del 7 giugno) fino all’inizio di luglio. Ma il consigliere provinciale di Onda Civica, Filippo Degasperi, aveva denunciato che la giunta non poteva non sapere, visto che la delibera era contenuta nei documenti ufficiali che ogni consigliere ha ricevuto a metà giugno. Le ragioni del profondo malessere della dottoressa Pedri sono testimoniate da alcune lettere che sono state trovate a casa sua e che dimostrerebbero la difficoltà di rapporti con i vertici del reparto. Anche ilmMinistero della Salute ha inviato i propri ispettori. Tra le mail acquisite dagli ispettori del ministro Speranza ce ne sarebbe una che Sara Pedri inviò al suo responsabile. Gli si rivolgeva chiamandolo “sovrano illuminato”.
Sara si era trasferita in Trentino per lavorare a Cles, poi era stata cooptata a Trento, dove era cresciuto il suo disagio. Il settimanale Giallo ha rivelato i testi di alcune lettere che i carabinieri del Ros hanno trovato a casa della Pedri. La ginecologa si sentiva impaurita. “L’esperienza a Trento doveva essere formativa, purtroppo ha generato in me un profondo stato d’ansia, a causa del quale sono completamente bloccata e non posso proseguire”. La dottoressa aveva affidato i suoi pensieri a uno scritto privato, una specie di promemoria. Spiega la decisione di dimettersi. “Questa telefonata l’ho rimandata in diverse occasioni, sperando in un miglioramento e anche in un rientro a breve. Sono partita con molto entusiasmo, non ho mai detto no, nonostante i molteplici imprevisti e dei progetti incivili. È una situazione più grande di me. Le competenze che pensavano di aver ottenuto in autonomia non sono adeguate agli standard”.
E aggiunge: “Aspettative deluse. Sono stata rimbalzata da una mansione all’altra senza un perché. So che mi comprometto, ma ho bisogno di aiuto. La vita da ospedaliero non sarà per tutti e ne prendo atto, ma devo riconoscere che anche io sono stata piuttosto sfortunata a causa delle contingenze e non è stato possibile per la mia vita prendere una strada con un determinato obiettivo. Con la fretta e la frenesia non si impara. Ho cercato di non disattendere mai agli ordini. Finora i risultati ottenuti sono solo terrore”. La dottoressa cita anche il primario: “Sono stata addirittura chiamata a colloquio da Tateo perché ho perso troppo peso”. Il dimagrimento di 6 chili era stato certificato dal medico di famiglia come effetto di “stress da lavoro”. L’epilogo: “Non sono nelle condizioni psichiche per poter continuare. Ho sempre fatto tutto da sola, e anche questa volta ho in carico l’esperienza da sola, senza sostegno da parte dei cari che sono lontani”.