Nella disciplina più amata al mondo e al contempo più ingabbiata negli stereotipi arriva, per la finale degli Europei 2021, il capolinea per un altro tabù: sarà una donna, Katia Serra, a fare il commento tecnico della attesissima finale, Italia-Inghilterra.

Se per qualche occasione simile la distrazione era ammessa, qui no. Se ne sono proprio accorti tutti e in particolare giornali, tv e web che hanno riportato la notizia come se fosse davvero una cosa straordinaria: è in effetti lo è. Seppur commentatrice tecnica e non prima telecronista principale (e non è certo poco), il traguardo della Serra segna una svolta nella nazione dove, non più di un paio di anni fa, il grande campione Collovati prendeva un brutto scivolone in diretta tv, dicendo che le donne che commentano il calcio gli procuravano un disagio gastrico profondo.

Ecco, voglio credere con convinzione che oggi la competenza della Serra farà ricredere gli scettici della parità di genere e gli immancabili misogini del web, ancora convinti che per capire di calcio bisogna essere muniti di genitali maschili.

Nell’entusiasmo di questo evento (che sento particolarmente anche perché anni fa mi sono tolta la soddisfazione di essere la prima telecronista su una emittente nazionale per il volley), aggiungo con piacere una mia riflessione su come si è arrivati a questo obiettivo.

Oso dire che questa è una grande e bella vittoria di squadra. Perché per avere una donna che commenta gli “uomini del pallone”, a mio parere abbiamo dovuto combattere per dare dignità al calcio femminile, più che alle voci “tecniche” femminili. Che peraltro avevamo già visto all’opera con ottimi risultati, da Carolina Morace a Patrizia Panico ad esempio. Voci che però non erano mai state considerate per una partita maschile di tale livello.

Invece, da quando la Nazionale femminile di calcio ha guadagnato la scena, qualcosa è cambiato nella cultura di un Paese che escludeva le donne dal calcio parlato solo perché donne.

La forza dell’immagine di personaggi come Milena Bertolini, Sara Gama, Cristiana Girelli e Barbara Bonansea (per citarne alcune) hanno, a mio parere, lasciato il segno e hanno lanciato un messaggio chiaro: non solo amiamo il calcio, ma lo conosciamo, lo giochiamo e siamo esperte di tecnica e tattica tanto quanto un uomo. La scena mediatica delle Azzurre, ottenuta anche con la complicità della mancata qualificazione degli uomini ai Mondiali, ha cambiato convinzioni e creato affezione. Donne preparate, che parlano con forza e assertività in ogni occasione pubblica, dal Quirinale alle grandi trasmissioni tv, che danno forza alla competenza delle giornaliste sportive e delle super esperte come la Serra. Che peraltro, lo ricordiamo, ha un passato da calciatrice di serie A e una parlantina che non conosce ostacoli.

Concludendo quindi, a Katia diamo il grande merito della competenza e della innegabile sicurezza di sé, al calcio femminile quello di aver finalmente ottenuto un rispetto doveroso e… ma si diciamolo, ai vertici Rai diamo il merito di aver fatto un doppio carpiato da ciò che avevamo visto finora. Il conto alla rovescia per la prima telecronista donna che commenta una grande finale del calcio maschile è iniziato e intanto, in bocca al lupo Katia!

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