Riposerà nel cimitero di Porto Santo Stefano Raffaella Carrà, morta il 5 luglio a 78 anni. Un legame forte con la Toscana, tanto che sarà quella l’ultima tappa di un lungo cordoglio iniziato dalla sua casa di Roma, passando per le sedi della Rai e infine al Campidoglio. L’Italia intera ha voluto abbracciarla. E non solo per ciò che la Raffa Nazionale ha rappresentato a livello artistico ma anche per il suo lato umano, quello più privato, nascosto, che lei stessa spesso non voleva raccontare. Al suo posto, dopo un periodo di discrezione, è Roberto Cerulli a parlarne, governatore della Confraternita di Misericordia e testimone di un episodio accaduto proprio verso gli ultimi giorni di vita della Carrà.
“Lo scorso anno la nostra associazione promosse una raccolta per poter donare un respiratore alla rianimazione dell’Ospedale di Grosseto – si legge in un lungo post pubblicato su Facebook da Cerulli il 6 luglio – Era il momento in cui in Lombardia queste apparecchiature non si trovavano più e si parlava di ‘scelta’ dei medici di attaccarli ad un paziente piuttosto che ad un altro. Apparecchiature salva-vita il cui costo superava i 18.000 euro. Una cifra impegnativa ma noi tentammo. A pochi giorni dalla pubblicazione sui giornali di questa iniziativa ricevetti una telefonata con il prefisso di Roma. Era lei. ‘Roberto ho saputo della vostra raccolta. State tranquilli. Ho dato mandato alla banca di effettuare un bonifico per l’intera cifra. Affrettatevi a comprarlo’“.
E sono tante le attività benefiche in cui Raffaella Carrà non voleva apparire come benefattrice: dal naufragio della Costa Concordia al terremoto dell’Aquila fino alla fine dei suoi giorni con una donazione davvero speciale. Lo si legge chiaramente nel lungo racconto di Cerulli: “Arriviamo a qualche settimane fa, a Roma, dal suo notaio. Mi chiamò qualche giorno prima ‘Roberto, sono Raffaella ho pensato una cosa: vorrei donarvi un mio immobile che ho a Porto S. Stefano. Potrete farci le vostre attività…’. E io ancora senza parole. Tentai di ringraziarla ma niente: non me lo permetteva. Ci avrebbe regalato un suo fondo di oltre 160 metri quadrati a Porto S. Stefano in Via Panoramica. Andammo a vederlo: un regalo grandissimo per il suo valore immobiliare. E così la incontrammo a Roma dal notaio. E anche lì la sua presenza si caratterizzò dall’accoglienza, dalla disponibilità e dalla dolcezza”.
E poi, l’amara consapevolezza: “In quell’incontro ebbi però uno strano presentimento; nonostante la sua dinamicità di sempre rimase con gli occhiali scuri e la mascherina ben messa: sembrava che volesse nascondere qualcosa… e forse, alla luce di questa tragedia, penso volesse tenere per se il suo brutto segreto e non mostrarlo a nessuno. Le donammo un quadro con uno scorcio bellissimo di Porto S. Stefano, uno scatto del nostro volontario Marco Solari che dall’alto del suo drone metteva insieme la nostra sede, il bellissimo lungomare e la piazza. E sulla destra una dedica a lei: ‘A Raffaella Carrà, quale piccolo segno di riconoscenza e gratitudine da parte di ogni volontario che, grazie al suo gesto, trova lo stimolo per un rinnovato impegno di servizio a favore dei sofferenti e bisognosi’. Ci salutammo semplicemente, con una foto ricordo che quasi non voleva fare. E alla mia domanda: ‘Signora posso fare un piccolo comunicato per rendere pubblica questa donazione?’. ‘No Roberto, non è il momento…‘ E con il suo atteggiamento evasivo mi fece capire che avremmo dovuto aspettare un po’ a dirlo. Ed oggi riteniamo che quel momento si arrivato”.