Alla sua prima finale in uno Slam il romano esce dal campo più prestigioso del mondo a testa altia dopo essere riuscito a strappare il primo set al numero uno al mondo. Ma la reazione del serbo è quella attesa e la voglia di prendersi il 20esimo Slam della sua carriera, continuando a coltivare il sogno stagionale di conquistarli tutti nello stesso anno dopo aver trionfato agli Australian Open e al Roland Garros, fanno la differenza
Novak Djokovic vince il torneo di Wimbledon battendo in rimonta Matteo Berrettini col punteggio di 3-1. Alla sua prima finale in uno Slam il tennista romano esce dal campo più prestigioso del mondo a testa altissima dopo essere riuscito a strappare il primo set al numero uno al mondo con un tie-break dominato. Ma la reazione del serbo è quella attesa e la voglia di prendersi il 20esimo Slam della sua carriera, continuando a coltivare il sogno stagionale di conquistarli tutti nello stesso anno dopo aver trionfato agli Australian Open e al Roland Garros, fanno la differenza nei seguenti tre. Nei momenti decisivi, Nole dimostra classe ed esperienza rialzandosi da situazioni complicate nelle quali gioca contro Berrettini e contro tutto il pubblico del centrale londinese.
Ma la partita del 25enne romano è di quelle che segnano un passo nella sua carriera. Perché dimostra di poter tenere testa al miglior tennista del mondo, riuscendo anche a metterlo in difficoltà in diversi frangenti. Non solo: Berrettini ha la testa, oltre ai colpi. Sa affondare e rialzarsi, lottare alla pari e incassare i colpi quando il serbo lo mette alle corde senza mai piegarsi. Anzi, riesce anche a spuntarla. Lo dimostra nel primo set quando va sotto 5-2 a causa di una partenza timida nel momento più alto della sua carriera. Djokovic avrebbe già la possibilità di chiudere il set, ma il romano resta lì, vince il game e poi ne infila altri due ritrovando la parità che lo porta al tie-break. Dove il suo tennis è dominante e gli permette di sorprendere Nole portandosi sull’1-0.
Chiunque sia davanti alla televisione non si illude. Sa che Djokovic ricomincerà come se nulla fosse accaduto, macinando il suo gioco dalle traiettorie impossibili in risposta e restando lì con una stabilità mentale impressionante. Infatti accade. Il servizio di Berrettini è intermittente, il serbo invece è un martello: vince 4 game di fila, può permettersi di subire un controbreak dell’italiano e controllare fino al 6-4 che lo rimette in carreggiata. Il flusso della finale a quel punto cambia, complice anche il nuovo break del numero uno al mondo nel terzo game del terzo set. Va avanti 2-1 e ringrazia Berrettini nella prima sliding door della partita. Nel sesto game l’italiano ha due palle break, Nole non si scompone e lo costringe a due errori e poi tiene il turno di battuta e, giocando sul suo servizio, chiude ancora 6-4.
A quel punto manca solo un set per alzare la coppa a Wimbledon per la sesta volta in carriera. Il sesto game è di nuovo la chiave. Berrettini si presenta avanti 3-2, vola sul 30-0 con Djokovic al servizio ma prima sbaglia e poi subisce un punto incredibile del serbo che sterza il game, la partita e l’incontro perché da il là alla difesa del turno di battuta e scatena Nole nel settimo, quando il break lo confeziona lui. Il 4-3 è più di un soprasso, ha il sapore della vittoria. Ed è quello che succese, inevitabilmente. Berrettini rallenta mentre il serbo è il consueto robot e chiude sul 6-3. Gioco, partita e incontro. Con tanti complimenti al numero uno del mondo capace di raggiungere Roger Federer e Rafa Nadal a quota 20 Slam in bacheca, con gli Us Open nel mirino per chiudere il Grande Slam stagionale, e un Matteo Berrettini che, dopo aver scritto la storia del tennis italiano, a 25 anni – e con i mostri sacri ormai tutti over 30 – esce dal centrale di Londra con la consapevolezza che il futuro del tennis mondiale è anche suo. Lo spirito è quello giusto: “È stato lungo un viaggio, ma non è una fine, è un inizio. Continueremo a provarci”. Il conto alla rovescia verso la prossima è iniziato.
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