Sembra arrivare dal trapassato della storia giudiziaria e non solo la decisione della Cassazione sul conto svizzero International Gold Coast che compare nelle cronache dei processi Enimont e All Iberian e che era direttamente riconducibile a Bettino Craxi. I figli e la moglie dell’ex segretario del Psi travolto dall’inchiesta milanese di Mani Pulite e morto latitante ad Hammamet nel 2000 hanno perso in Cassazione, in qualità di eredi con “beneficio di inventario”, il ricorso contro gli avvisi di accertamento per le tasse evase e da pagare su oltre 19 miliardi e mezzo di vecchie lire, depositati sul conto corrente ginevrino riconducibile al politico ed ex premier e gestito fino a un dato momento dall’amico di infanzia Giorgio Tradati. Dopo essere stato arrestato, nel 1994, Tradati rivelò di aver gestito per l’ex presidente del Consiglio due conti svizzeri sui quali erano transitati 30 miliardi.

Gli ermellini hanno condannato Stefania e Vittorio Craxi e la loro madre Anna a pagare oltre 20mila euro di spese legali. Gli avvisi di accertamento, del 1992 e 1993, hanno sanzioni per oltre 10 miliardi di lire. Per la Cassazione – sentenza 19832 depositata oggi e discussa in udienza lo scorso 7 luglio – non merita alcuna obiezione la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia che con verdetto del 2014, rispondendo a un ordine emanato dalla stessa Suprema Corte nel 2011, “ha minuziosamente elencato gli esiti dei procedimenti penali paralleli (al processo tributario) che punteggiavano il suo percorso argomentativo”.

Nel settembre del 2011 infatti la Sezione Tributaria della Cassazione aveva accolto due dei nove motivi di ricorso presentati dai figli del leader del Psi, Vittorio e Stefania, che avevano contestato la sentenza con la quale nel 2005 la Commissione aveva confermato gli avvisi di accertamento Irpef per redditi “diversi” e redditi di capitale detenuto all’estero. Secondo la Cassazione, infatti, ci sarebbe stato un difetto di motivazione: nella sentenza, in cui i giudici facevano riferimento ai verbali della Guardia di Finanza, da una parte “l’attività illecita risulta documentata dalla movimentazione per tramite di terza persona del conto corrente International Gold Coast, materialmente riconducibile a Craxi”; dall’altra, “l’attività illecita è dimostrata in relazione ai versamenti di denaro che ‘terzi’ hanno dichiarato di aver versato direttamente all’onorevole Craxi”.

Ora invece con “dovizia di elementi”, secondo gli ‘ermellini’, la Commissione lombarda “ha composto un quadro probatorio (in cui spiccano le dichiarazioni rese agli inquirenti da Giorgio Tradati) che conferma la pretesa erariale e pone in rilievo il ruolo cruciale di Craxi, il quale almeno a partire dalla seconda metà degli anni ‘ 80 (del secolo scorso), aveva fatto aprire all’estero a suoi prestanome, movimentava e gestiva, tramite ‘terze persone’, un conto corrente (il conto International Gold Coast) al quale affluivano i denari che ‘qualche persona doveva far arrivare all’onorevole Craxi”.

Per gli ermellini è rimasto “privo di riscontro l’assunto difensivo” – sostenuto dai legali dei familiari di Craxi, gli avvocati Giancarlo Zoppini, Giuseppe Pizzonia e Giuseppe Russo Corvace – secondo cui il ‘percettore’, ossia il leader socialista, “al fine di eludere la tassazione personale, avrebbe retrocesso le somme al partito“. Una domanda “ma questi soldi andavano al partito o a Craxi?” che più volte l’allora pm Antonio Di Pietro aveva rivolto a Tradati durante un’udienza del processo Enimont.

Ritiene la Cassazione, sulla scorta di quanto accertato dall’Agenzia delle Entrate e dai giudici tributari lombardi che hanno sviscerato il caso per due volte, che quel conto svizzero era “materialmente riconducibile al Craxi e non al partito“. Craxi, delle somme versate sul conto estero – rileva il verdetto in base alle conclusioni tracciate dalla Ctr – ,”aveva la disponibilità esclusiva, come si confà al proprietario”, ed è negata “in radice” l’eventualità del “possesso” o del “compossesso” di quelle somme da parte del partito politico. Dopo la morte del segretario Vicenzo Balzamo aveva ricostruito l’allora pm Francesco Greco nel processo All Iberian “Craxi chiamò Tradati e gli presentò un tale di nome Borghi, dicendogli che era il suo nuovo fiduciario. Si saprà poi che quella persona era Raggio”, il ristoratore di Portofino, ex compagno della contessa Francesca Vacca Agusta, cominciò a svuotare per impedire che la procura di Milano li individuasse,

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