Migliaia di cubani sono scesi in piazza in varie città dell'isola per protestare contro le difficoltà economiche della pandemia, le lunghe file per procurarsi generi di prima necessità e cibo, e la carenza di medicinali. Allerta del governo e del presidente Diaz-Canel che punta il dito contro gli Stati Uniti e difende il sistema socialista. Biden: "Regime ascolti il suo popolo". Russia: "No a interferenze esterne"
Tutto è iniziato a San Antonio de los Banos, cittadina da 50mila abitanti sud-ovest de L’Avana, poi la protesta si è estesa altrove nell’isola. A Trinidad, nella provincia di Sancti Spiritus, poi al centro fino alla provincia orientale di Santiago de Cuba. Migliaia di cubani sono scesi in piazza domenica 11 luglio in un evento senza precedenti, al grido di “Patria e vita!”, titolo di una canzone critica contro il governo, ma anche di “Abbasso la dittatura!”, e “Non abbiamo paura!”. Una protesta del tutto inedita che ha messo in allerta il governo e il presidente Diaz-Canel – convinto che gli Usa abbiano manipolato il malcontento diffuso. Al centro le difficoltà economiche della pandemia, le lunghe file per procurarsi generi di prima necessità e cibo, e la carenza di medicinali. Tutti elementi che hanno fatto esplodere la rabbia nel giorno in cui Cuba ha registrato un nuovo record giornaliero di contagi e morti per coronavirus (47 nuovi decessi e 6.923 infezioni). Sabato, un gruppo di oppositori ha chiesto l’istituzione di un “corridoio umanitario”, iniziativa che il governo ha respinto, dichiarando che “i concetti di corridoio umanitario e aiuto umanitario sono associati alle aree di conflitto e non si applicano a Cuba“. Una situazione sulla quale è intervenuto anche il presidente americano Joe Biden, che ha lanciato un appello al regime cubano “perché ascolti il suo popolo e la sua chiara richiesta di libertà e di aiuto per la crisi legata alla pandemia“.
Diaz-Canel e l’attacco agli Stati Uniti: “Vogliono provocare disordini sociali” – Ma per il presidente della repubblica Miguel Díaz-Canel la colpa delle proteste, che da decenni non si vedevano sull’isola, è proprio degli Stati Uniti, che vogliono provocare disordini sociali a Cuba. Evidentemente, ha detto, “i 60 anni della rivoluzione cubana hanno dato loro molto fastidio, tanto da spingere (la Casa Bianca) ad aumentare le pressioni nei nostri confronti”. “Hanno applicato – ha ricordato – un embargo ingiusto, criminale, crudele, di recente acuito, peggiorato, proprio durante la pandemia da coronavirus”. In questa strategia, ha proseguito, “c’è una perversità manifesta, c’è un blocco economico e azioni restrittive che non sono mai state adottate contro nessun altro Paese, neppure contro quelli che considerano i loro principali nemici”. C’è, ha infine detto, “un’opera e una politica di accanimento contro una piccola isola, che aspira solo a difendere la sua indipendenza, la sua sovranità e costruire, con autodeterminazione, la sua società secondo i principi dell’attuale Costituzione che oltre l’86% della popolazione ha approvato”. Poi ha esortato gli Usa a revocare il blocco economico, finanziario e commerciale contro l’isola, per dimostrare l’autenticità delle loro preoccupazioni per il nostro Paese. “Dietro a tutto questo – ha concluso – c’è il sogno di porre fine alla rivoluzione cubana. Non permetteremo a nessuno di manipolare la nostra situazione. Né ammetteremo che un qualsiasi mercenario venduto agli Stati Uniti provochi una destabilizzazione a Cuba“.
In particolare il capo dello Stato ha visitato una delle principali città dove si sono svolte le proteste, San Antonio de los Baños, dichiarando che ad esse hanno partecipato anche “rivoluzionari” che lo hanno fatto “senza smettere di sostenere la rivoluzione”. Díaz-Canel ha poi respinto l’accusa a Cuba di essere una dittatura, sostenendo che la popolazione riceve benefici sociali ed economici che, ha detto, sono possibili grazie al sistema socialista, difendendo inoltre le politiche economiche ufficiali e il contrasto del Covid-19 che sono stati sviluppati nonostante la mancanza di risorse causate dall’embargo economico in atto da quasi 60 anni. Il capo dello Stato e primo segretario del Partito comunista è stato più duro con “altri manifestanti”, definiti “criminali”, ed ha per questo invitato “i rivoluzionari, ed in prima fila i comunisti” a difendere il sistema cubano. Convinto che dietro alle proteste ci siano gli Stati Uniti, Díaz-Canel ha osservato che “in modo molto codardo, molto perverso, nelle situazioni più complicate che abbiamo nelle province, cominciano ad apparire personaggi dell’impero yankee, propugnando dottrine di intervento per rafforzare il concetto che il governo cubano non è in grado di uscire da queste difficoltà”.
Biden: “Il popolo chiede diritti”. Russia: “No a interferenze straniere” – A difesa del popolo cubano insorto contro la crisi economica è intervenuto Biden, secondo cui i cittadini stanno “coraggiosamente chiedendo il riconoscimento di diritti fondamentali e universali dopo decenni di repressione e di sofferenze economiche dovute a un regime autoritario“, ha dichiarato in una nota diffusa dalla Casa Bianca. “Questi diritti comprendono quello di protestare pacificamente e quello di determinare liberamente il proprio futuro. Diritti che vanno rispettati”, ha aggiunto. Ma è la Russia ad attaccare indirettamente ancora una volta gli Usa, mettendo in guardia contro qualsiasi “interferenza esterna” a Cuba. “Consideriamo inaccettabile che ci sia un’interferenza esterna negli affari interni di uno Stato sovrano o qualsiasi azione distruttiva che incoraggi la destabilizzazione della situazione sull’isola”, ha detto la portavoce del ministero degli esteri Maria Zakharova in una dichiarazione, ripresa dai media russi.
L’avvertimento di Washington e la rabbia del ministro degli Esteri cubano – Già nelle scorse ore Washington, per voce del consigliere per la Sicurezza Jake Sullivan aveva difeso “la libertà di espressione e di riunione a Cuba” e condannato “fermamente qualsiasi atto di violenza o volto a prendere di mira manifestanti pacifici che esercitano i loro diritti universali”. Parole che hanno però scatenato la rabbia del ministro degli Esteri cubano Bruno Rodríguez, secondo cui Sullivan “non ha autorità politica e morale per parlare di Cuba“. Rodríguez ha sostenuto che gli Usa hanno “stanziato centinaia di milioni di dollari per la sovversione nel nostro Paese e impongono un embargo genocida, responsabile principale delle carenze economiche” cubane.