Il rinascimento azzurro. Il capolavoro di Roberto Mancini è già compiuto, perfetto. In tre anni dall’umiliazione della storica esclusione dei Mondiali di Russia 2018 al trionfo di Euro 2021. L’Italia di nuovo grande, ma anche bella, divertente. Moderna, con un calcio fresco, propositivo, ma anche antica, con quella capacità di difendere e soffrire che fa parte del nostro dna calcistico e ha segnato tutte le grandi imprese azzurre della storia. L’Italia campione d’Europa, 53 anni dopo l’ultima volta. Ha vinto Roberto Mancini, il ct, il volto di questa nazionale senza campioni, l’artefice dell’impresa. Lo aveva fatto ancora prima degli Europei, restituendoci la passione per l’azzurro che un po’ era passata dopo il disastro di Ventura. Sembrava comunque un percorso a lungo termine e invece ha fatto centro alla prima grande manifestazione internazionale, entrando nell’Olimpo dei ct vincenti insieme a Pozzo, Valcareggi, Bearzot, Lippi. E ora anche Mancini. Però non è finita qui. Perché il Covid, che ha stravolto i calendari, ci regala l’accoppiata Europei-Mondiali più ravvicinata della storia. Lo sguardo è già proiettato verso Qatar 2022, che probabilmente in partenza avrebbe dovuto essere il vero obiettivo della nazionale, e dove invece ora ci presenteremo da campioni d’Europa, quindi tra i favoriti d’obbligo.
Mancini ha già vinto ma a questo punto può fare ancora di più. Può provare a ripetersi, a maggior ragione ora che ha appena rinnovato fino al 2026 (quindi parliamo potenzialmente di un altro Europeo e altri due Mondiali, anche se difficilmente i contratti nel calcio moderno resistono così a lungo). Un’impresa che con l’eccezione di Pozzo (altri tempi, altro calcio), non è riuscita neppure ai ct più amati, che sono incorsi sempre in discrete figuracce dopo il trionfo. Per il pallone italiano costruire un percorso duraturo sarebbe un successo ancora maggiore di questa coppa, comunque storica. La differenza sarà se Euro 2021 rappresenterà l’apertura di un ciclo, o piuttosto solo il suo apice. Ci sono tutte le condizioni perché si verifichi la prima, ma bisognerà stare attenti che non accada la seconda.
L’Italia oggi è una grande squadra ma senza grandi campioni. Che poi, Donnarumma lo è senz’altro, Jorginho e Verratti sono calciatori di livello mondiale, Chiesa può diventarlo. Però manca la stessa, la nazionale ha vinto con il gioco, il coraggio e lo spirito e probabilmente questa situazione è destinata a durare per i prossimi due, tre anni. Perciò Mancini dovrà essere bravo a tenere vivo il fuoco del suo lavoro. E mantenere competitivo, magari migliorare, un gruppo che per forza di cose cambierà. Il centrocampo, oggi già superlativo, l’unico reparto dove produciamo talenti in abbondanza, potrà crescere ancora. La difesa invece a Qatar 2022 sarà più vecchia, forse non avrà più Chiellini, alle spalle ci sono giovani come Bastoni e Mancini ma la coppia con Bonucci era quella che garantiva il carisma, la personalità per tanti ragazzi che non avevano mai vinto nulla. Fino a ieri. Forse è l’unica vera incognita. L’altra riguarda l’attacco che continua a sparare a salve e qui la speranza è trovare per strada qualcosa nel prossimo campionato, un nuovo talento (che però oggi non si vede all’orizzonte), o una nuova soluzione, magari ripartendo dall’intuizione del falso nueve utilizzata in finale, guardando al recupero di Zaniolo (che in questa penuria di qualità proprio non possiamo perderci per strada). L’Italia è tornata grande anche se dalle altre grandi rimane distanza. Intanto, però, i campioni d’Europa siamo noi.