Tra la riforma della giustizia e il ddl Zan, quest’anno sta passando sotto silenzio la discussione della proroga delle missioni internazionali, che contiene gli stanziamenti per l’aumento del sostegno italiano alla Guardia costiera libica, passato da 10 milioni nel 2020 a 10,5 nel 2021, per un totale di 32,6 milioni destinati al blocco dei flussi migratori dal 2017. Una strategia che governo dopo governo continua imperterrita, nonostante nel Mediterraneo si continui a morire, nonostante gli orrori nei lager libici. Un tema che, dopo le audizioni della scorsa settimana, entra nella sua fase cruciale con la presentazione della Relazione relativa alla proroga delle missioni internazionali da votare nelle Commissioni Esteri e Difesa.
Sono poche però le voci, se non quelle della società civile e di qualche parlamentare – una minoranza trasversale – che cercano di aprire una discussione, di fatto silenziata dalle forze di maggioranza. Così anche quest’anno l’Italia si trova a luglio, con estremo ritardo, ad affrontare quello che avrebbe dovuto fare mesi fa, ovvero decidere sull’assetto delle missioni delle nostre forze armate e di polizia nei teatri di crisi internazionali.
Oltre alla questione della nostra presenza in Afghanistan, il tema più scottante è la nostra ‘missione’ nel Mediterraneo e in Libia. Sono centinaia i milioni spesi ogni anno per lo svolgimento delle missioni in queste due zone: per il 2021 sono stati stanziati in totale 207 milioni – 962 dal 2017 – e il loro uso ha a che fare con la strategia italiana di esternalizzazione delle frontiere e di contenimento dei flussi migratori sancita con l’accordo del 2017, che vede appunto le missioni internazionali come uno degli strumenti per attuarla
Se infatti entriamo nel dettaglio delle schede descrittive delle missioni nel Mediterraneo e di quelle riferite alla Libia (Mare Sicuro, Irini, Missione Bilaterale di assistenza e supporto in Libia, Interventi di sostegno ai processi di pace, stabilizzazione e rafforzamento della sicurezza), tra gli obiettivi troviamo la difesa delle piattaforme Eni, del traffico mercantile, la lotta al terrorismo e ai traffici illeciti, il rispetto dell’embargo sulle armi imposto dall’Onu alla Libia, assistenza e supporto sanitario al paese nordafricano, l’impegno a “addestrare, supportare, fornire consulenza, ripristinare l’efficienza dei principali assetti terrestri, navali e aerei della Guardia Costiera e della Marina libica”.
Ma quanto “pesa” il perseguimento di questi obiettivi riconducibili alle politiche di contenimento dei flussi in termini operativi dentro ogni singola missione? Qual è il costo, all’interno di quello totale, delle attività che si riferiscono a questi obiettivi?
Chiediamo al Parlamento di porre al centro del dibattito proprio l’analisi questi punti. Partendo da un’altra cruciale domanda che interessa noi tutti: quanti sono effettivamente i soldi dei contribuenti che concorrono all’intercettazione di migliaia di persone, riportate con la forza in Libia, paese in cui verranno ancora torturate e detenute arbitrariamente?
Non è così facile saperlo. Ed ecco che le nostre iniziative su Libia e Mediterraneo riguardano una questione di trasparenza oltre che di gravissima violazione dei diritti umani.
Mercoledì 14 luglio dalle 17, alla vigilia del voto in Aula sul rifinanziamento delle missioni internazionali, Oxfam, insieme ad altre organizzazioni della società civile e personaggi della cultura e dello spettacolo, sarà in piazza Montecitorio per dire no a scelte politiche che non siano fondate sul rispetto dei diritti umani e per dire ai nostri parlamentari e membri del Governo che no, #NonPoteteNonGuardare i morti nel Mediterraneo e la violenza che si perpetua in Libia, ogni giorno.