Dopo 67 giorni vengono sospese le ricerche nell’area dell’azienda agricola di Novellara (Reggio Emilia) dove viveva la famiglia di Saman Abbas e dove si pensa sia stato sepolto il corpo della 18enne pachistana, che rifiutò un matrimonio forzato e che per questo motivo sarebbe stata uccisa dai familiari. In più di due mesi sono stati impiegati 500 carabinieri, diversi cani speciali, vigili del fuoco con natanti, polizia provinciale. Sono stati inoltre utilizzati geo scanner in hd, elettromagnetometri, droni e sono state fatte analisi delle informazioni satellitari e delle telecamere.
La ragazza, sparita senza lasciare tracce dalla notte del 30 aprile, è stata cercata in ogni luogo e con ogni mezzo, invano. Si è deciso dunque di interrompere il dispendioso lavoro sul campo, ma proseguono comunque le indagini dell’Arma, sia per ritrovare il cadavere, pronti a tornare a scavare in caso di novità, che per catturare i familiari latitanti.
Per l’omicidio sono infatti indagati i due genitori, partiti per il Pakistan il primo maggio, Shabbar Abbas, 47 anni e Nazia Shaheen, 46 anni. Poi lo zio Danish Hasnain, 33 anni, considerato l’esecutore materiale, il cugino Nomanhulaq Nomanhulaq, 35 anni, ricercati in Europa mentre l’unico arrestato è un altro cugino, Ikram Ijaz, fermato il 28 maggio su un pullman che dalla Francia stava andando in Spagna e attualmente in carcere. Interrogato, ha detto di essere estraneo alla sparizione della giovane parente, ma gli investigatori non gli credono e sabato anche il tribunale del Riesame ha confermato per lui la custodia cautelare.
Tra gli elementi che portano gli investigatori a pensare che Saman sia stata uccisa, ci sono le dichiarazioni del fratello minorenne, che ha accusato lo zio del delitto e che è stato sentito in incidente probatorio. Lo stesso tipo di udienza, che anticipa un momento processuale, dovrebbe essere fissata a breve per acquisire un’altra testimonianza, quella del giovane fidanzato connazionale della ragazza, che risiede in un’altra regione e ha denunciato di aver subito minacce dai familiari di lei.