Il Tar annulla le multe comminate dall’Antitrust agli operatori di telefonia per le bollette a 28 giorni. E l’autorità presieduta da Roberto Rustichelli valuta il ricorso al Consiglio di Stato. Con il sostegno delle associazioni dei consumatori che temono il caos sui rimborsi per gli utenti. La sentenza del giudice amministrativo rischia infatti di diventare il grimaldello delle compagnie telefoniche per stoppare i rimborsi ai clienti per la sovrafatturazione realizzata e incassata fra giugno 2017 e aprile 2018. E, nello scenario peggiore, potrebbe persino trasformarsi nello strumento per giustificare la restituzione dei risarcimenti già erogati, con modalità complesse e in tempi biblici. Un vero e proprio caos.

La questione non è da poco ed addirittura più importante della stessa multa dell’Antitrust per il presunto cartello degli operatori di telefonia (Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre ) che avrebbero incassato circa 13 miliardi di euro in più da 72 milioni di clienti attraverso la diminuzione del numero di giorni di fatturazione in bolletta (da 30 a 28). Nel dettaglio, per comprendere la portata del provvedimento del giudice amministrativo, bisogna riportare il calendario indietro al 2015. In quell’anno, con tempi diversi, gli operatori decidono di ridurre di due giorni la fatturazione mensile. Sulla questione interviene l’Autorità di vigilanza sulle telecomunicazioni (Agcom) che a marzo del 2017 sancisce l’obbligatorietà della fatturazione mensile. Ma solo sul fisso, lasciando fuori la telefonia mobile. Poco dopo, arriva anche una legge (la 172 del 2017) ad introdurre l’obbligo di fatturazione a 30 giorni a partire dall’aprile 2018 non solo per le telecomunicazioni, ma anche per le pay tv. Inizia così la battaglia delle associazioni dei consumatori per ottenere i rimborsi per i clienti. Il braccio di ferro si conclude con una sentenza del Consiglio di Stato che a luglio 2019 prevede l’attivazione di meccanismi di rimborso degli utenti direttamente in bolletta senza alcuna richiesta da parte del cliente.

Intanto per gli operatori arriva anche la mazzata dell’Antitrust che infligge una multa da 228 milioni per un presunto cartello messo in atto al momento del ritorno alla fatturazione a 30 giorni. Secondo l’autorità di vigilanza, le società hanno inglobato l’aumento dell’8,6% nei nuovi prezzi. Di qui la maxisanzione che è stata appena cancellata dal Tar per “evidente difetto di istruttoria laddove desume e valorizza la asserita segretezza dall’intesa esclusivamente sulla base di un documento”. Per il giudice amministrativo, l’analisi dell’autorità potrebbe “al più” deporre “per l’individuazione di una pratica scorretta ai sensi del Codice del Consumo”. In pratica, per il Tar c’è forse il danno per gli utenti, ma non il cartello. Con tutte le conseguenze del caso che questa interpretazione può portare. Incluso sminuire il ruolo della vigilanza.

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