di Mattia Musio

Berrettini apri-pista a Wimbledon: ora tocca a Musetti e Sinner (Mattia Musio)

Lo stato dell’arte del tennis italiano ci mostra un movimento perpetuo di evoluzione, che nel pomeriggio di domenica ha fatto un ulteriore passo in avanti. La finale di Wimbledon di Matteo Berrettini ha significato, per l’Italia, tornare a competere per uno slam come non succedeva da decenni, con due ciliegine niente male da cui ripartire per il tennista romano.

La prima ciliegina è il meraviglioso primo set vinto contro colui-che-non-deve-essere-nominato: un’ora di scontro alla pari, con coraggio e testa fredda, una cosa non scontata alla prima finale Slam contro un avversario alla trentesima. Quel tiebreak è la dimostrazione di forza (letteralmente) di un bombardiere che, diciamolo, un po’ ci ha ricordato i bei tempi della torre di Tandil, Juan Martin Del Potro. Paradossalmente la già grande stagione di Berrettini può non essere ancora al suo momento più alto: manca sempre meno al mese di cemento americano, che può esaltare il servizioedritto di Berrettini, già semifinalista dello US Open nel 2019.

La seconda ciliegina è il ritorno alla posizione numero otto del ranking ATP, a conferma di una presenza ormai abituale nel cerchio ristretto dei grandi, stavolta arricchita dal sorpasso a Roger Federer, da questo lunedì al numero nove della classifica maschile. Nonostante la situazione dello svizzero è un sorpasso dal grande valore simbolico.

A seguire la scia di Berrettini ora dovranno essere gli altri Azzurri (ricordando che rappresentano il 10% della Top 100 ATP) a partire da quelli con il potenziale più cristallino: Lorenzo Musetti e Jannik Sinner. I due, non ancora ventenni, potranno raggiungere il livello di Matteo solamente non dando nulla per scontato. Nel tennis contemporaneo il talento è solo un optional prezioso da aggiungere alle due basi veramente fondamentali per vincere: il lavoro e la forma fisica. Il ventesimo trionfo di Novak Djokovic ce lo ha ricordato ancora una volta.

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