In questo modo, se la produzione di alcuni tipi di acciaio verrebbe protetta dal fatto che l'ingresso in Ue di prodotti provenienti da paesi con standard ambientali più bassi sarebbe soggetto ad una tassa, al contrario gli acciai inox prodotti in quei paesi non incontrerebbero ostacoli al momento dell’ingresso nel mercato interno. Così, gli eurodeputati chiedono alla Commissione di “offrire a tutto il settore siderurgico adeguata protezione" spiega Daniela Rondinelli, eurodeputata M5s. A rischio 2300 posti di lavoro
C’è un’insidia per il settore italiano dell’acciaio nel meccanismo di regolazione del carbonio alle frontiere (CBAM), tra le cinque nuove proposte legislative su un totale di tredici che faranno parte del Fit for 55 Package, pacchetto sul clima che la Commissione Ue si appresta a presentare domani, 14 luglio. Il Carbon Border Adjustment Mechanism (meglio nota come Carbon border tax) è parte integrante del Green Deal europeo e nasce per disincentivare il cosiddetto “carbon leakage“, ossia il trasferimento delle emissioni di CO2 da Stati con legislazioni restrittive sul piano ambientale a Stati con norme più permissive. In questo modo si tutelano le imprese europee che sostengono dei costi per ridurre le emissioni, anche dalla concorrenza sleale dei concorrenti stranieri, in particolare dei cinesi, evitando che quelle Ue si trasferiscano oltre i confini dell’Unione. I prodotti sottoposti al meccanismo sono cemento, elettricità, fertilizzanti, alluminio e acciaio. Solo che la bozza che circola esclude gli acciai inox e speciali dall’elenco dei prodotti oggetto dell’Emissions Trading System (ETS). E se si tratta di una quota parziale di tutto l’acciaio prodotto, c’è da dire che in Italia il problema si ingigantisce se si pensa al sito Thyssenkrupp-Ast di Terni, dove si concentra quasi tutta la produzione italiana di questi tipi di acciaio. Parliamo di oltre 2mila lavoratori. Non è un caso se ci sono state diverse prese di posizione.
LE PRESE DI POSIZIONE – Dai vertici del Partito democratico in Umbria e a Terni, a Forza Italia che ha presentato due interrogazioni. Una a livello europeo, con richiesta di risposta scritta, firmata dal vicepresidente del Ppe e coordinatore nazionale del partito Antonio Tajani, insieme agli eurodeputati azzurri della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia del Parlamento Ue Massimiliano Salini, Andrea Caroppo, Salvatore De Meo e Aldo Patriciello e una seconda dei forzisti Raffaele Nevi e Mauro D’Attis indirizzata ai ministri dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e della Transizione ecologica Roberto Cingolani. In una lettera firmata da tutta la delegazione del Movimento 5 Stelle e da altri 15 europarlamentari italiani di altri gruppi politici si chiede invece un confronto con la Commissione europea, in particolare con il vicepresidente Frans Timmermans e con il Commissario all’Economia Paolo Gentiloni (Pd). Una lettera che porta come prima firma quella di Daniela Rondinelli del M5S e di altri sette colleghi del movimento, oltre a tre della Lega, tre di Fratelli d’Italia, ancora De Meo di Forza Italia e del leader di Azione, Carlo Calenda. Nessuno del Pd.
LA LETTERA DEGLI EURODEPUTATI – “Se confermata, tale decisione risulterebbe estremamente grave per l’intero settore siderurgico che ancora stenta a riprendersi dalle conseguenze economiche e sociali della pandemia, con ulteriori sensibili ricadute dal punto di vista ambientale, commerciale ed occupazionale” scrivono gli eurodeputati, ricordando che il settore è tra quelli maggiormente energivori. “In questo modo non sarebbero poste le condizioni minime per incentivare, tutelare e sostenere la transizione verde, pregiudicando il raggiungimento degli ambiziosi obiettivi climatici ed ambientali che l’Ue si è data con il Green New Deal ed in particolare quello della neutralità climatica entro il 2050”.
IL TIMORE PER IL SITO DI TERNI – La maggiore preoccupazione è rappresentata proprio dal sito di Acciai Speciali Terni Spa: “Si metterebbe a rischio la sopravvivenza di una realtà che conta ben 2.350 lavoratori diretti che salgono a oltre 5mila se consideriamo l’indotto” spiega Daniela Rondinelli. E anche qui, come in altri Paesi, si potrebbero vanificare “gli investimenti fatti in termini di sostenibilità, aprendo la strada a forme di concorrenza sleale basata sul dumping ambientale ed incentivando ulteriori delocalizzazioni verso quei paesi terzi ove si beneficia di normative più permissive”. Gli acciai speciali prodotti in quei Paesi, infatti, non incontrerebbero più ostacoli al momento dell’ingresso nel mercato interno. Per tali ragioni, gli eurodeputati chiedono alla Commissione di ponderare “con estrema attenzione” la lista di tutte le produzioni da introdurre nel regolamento CBAM e, data la loro funzione strategica, di includere tra queste gli acciai inox e speciali “offrendo a tutto il settore siderurgico adeguata protezione e pari condizioni nel mercato, nonché difendere i migliaia di posti di lavoro e le filiere che queste generano nei territori interessati”.
LE AZIENDE TRA DUMPING E AUMENTO DEI PREZZI DELLE MATERIE PRIME – “Non possiamo permettere alle nostre aziende – aggiunge l’europarlamentare del M5S – di soccombere al dumping sociale, fiscale ed ambientale dei competitori asiatici. Le nuove regole europee devono valere per tutti i prodotti siderurgici, altrimenti rischieremmo per la produzione italiana la crisi perfetta viste le difficoltà già riscontrate a causa dell’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime”. La produzione italiana non può essere considerata di serie B, così come l’inquinamento prodotto dalle nostre acciaierie non è di seconda categoria. La Commissione europea ci ascolti”, così Daniela Rondinelli, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, in una nota.