Il racconto a cuore aperto Fabio Canino, attore, conduttore tv e radiofonico nonché autore di Raffa Book, edito nel 2006 da Sperling&Kupfer, l’unico libro mai scritto sulla Carrà
Una settimana senza Raffaella Carrà. Sono passati otto giorni dalla morte dell’iconica Raffa, ma sui social è tutto un surfare tra foto, copertine, ricordi, canzoni e pezzi di show che messi assieme danno forma a un ricordo collettivo di quelli clamorosi. E forse è il tributo più giusto a un’Artista che ha voluto lasciare il segno soprattutto per il suo lavoro, senza escamotage e inutili gossip. «Non le interessava apparire più di ciò che serviva, aveva fatto del suo essere schiva un punto di forza: mentre tutti smaniavano per esserci, lei ha giocato di sottrazione», racconta a FQMagazine Fabio Canino, attore, conduttore tv e radiofonico nonché autore di Raffa Book, edito nel 2006 da Sperling&Kupfer, l’unico libro mai scritto sulla Carrà.
«Parlo ora ma i ricordi più privati resteranno tali, non voglio fare l’egotico come ho visto fare a molti in questi giorni», premette Canino, che la Carrà l’ha prima idolatrata, poi celebrata con un musical e poi conosciuta e frequentata senza mai sbandierarlo. «Per dare un esempio plastico di quanto fosse schiva, una volta tra il serio e il faceto lanciai una petizione perché le fosse assegnato il Cavalierato del lavoro», racconta. Da Baudo a Insinna, sono tanti i big della tv diventati negli ultimi decenni commendatori o cavalieri del lavoro. La Carrà? Niente, zero. Non è una competizione, ça va sans dire, ma appare strano che neppure cinquant’anni di carriera le siano bastati per meritarsi il tributo massimo da parte delle istituzioni. In Spagna, la sua seconda patria, è stata insignita prima con la Medalla al merito civil poi con il Lazo de honor de Isabel II, mentre nel 2018 re Felipe VI le ha consegnato una delle onorificenze massime, quella di Dama dell’Ordine al merito civile (come «icona delle libertà»). Come finì la proposta di Canino? «Mi chiamò e mi disse ridendo: “Ti prego Fabio, lascia perdere”. Non voleva prestare il fianco a polemiche, il contorno non le serviva perché sapeva di avere comunque dalla sua l’amore per il pubblico. A distanza di anni continuo però a pensare che un riconoscimento formale lo avrebbe meritato, soprattutto visto che lo hanno ricevuto personaggi che hanno fatto un decimo di ciò che ha fatto lei».
Non resta dunque che sperare che non cada nel vuoto la proposta lanciata da Milly Carlucci pochi giorni fa: «Sarebbe bello intitolare l’Auditorium Rai del Foro Italico alla grande Raffaella Carrà», ha fatto sapere la conduttrice. Del resto, proprio l’Auditorium è il luogo dove sono andati in scena alcuni degli show cardine della storia (recente) della tv della Carrà, da Carramba che sorpresa a Carramba che fortuna. «Non è un caso che il corteo funebre abbia fatto tappa proprio lì davanti e che lì ad attenderla ci fosse Milly. Sarebbe bellissimo ricominciare Ballando con le stelle a ottobre e che nei titoli di testa comparisse la scritta dall’Auditorium Raffaella Carrà», osserva Fabio Canino. Il quale, sfogliando l’album dei ricordi, non può non rievocare quella volta in cui fu vittima di una clamorosa “carrambata” da parte della Carrà. E pensare che ancora nemmeno l’aveva conosciuta. Tutto iniziò a cavallo tra il 1999 e il 2000, quando Canino portava in scena Fiesta, spettacolo teatrale dalle atmosfere almodovariane in cui tre amici il 18 giugno di ogni anno organizzavano un party per il compleanno della loro amatissima diva, la Carrà. «Conoscevo bene due autori di Raffaella, Fabio Di Iorio e Giovannino Benincasa e continuavo a dirgli: “Vi prego, portatela a vedere lo spettacolo”. Vennero tutti, pure le sue cugine, ma lei mai essendo impegnata a macinare ascolti clamorosi con Carramba. Quando orami avevo perso le speranze, una sera arrivo fuori dal teatro e vidi i camion della Rai. “Non è che ci fanno una carrambata?”, ironizzo. “Vola basso, stanno allestendo i collegamenti per il Capodanno del 2000”, mi disse il produttore. Invece a metà spettacolo scoppia il caos: le telecamere irrompono sul palco e veniamo catapultati in diretta su Rai1. Il pubblico in sala era in delirio, noi non riuscivamo a trattenere l’emozione». Poche settimane dopo l’incontro via etere, arrivò finalmente quello faccia a faccia: la Carrà si regalò una recita privata di Fiesta per lei e una decina di amici, tra cui Gianni Boncompagni e Sergio Iapino. «Ricordo solo che nel buio sentivamo la sua clamorosa risata. Fu bellissimo e ci portò fortuna: lo spettacolo doveva restare in scena tre settimane e invece ci rimase tre anni solo a Roma e poi proseguimmo ancora in giro per l’Italia». Così, un tassello alla volta l’amicizia tra Canino e la Carrà si salda e nel 2002 arriva l’invito al Dopo Festival: «Mi ricordo ancora le prove all’Ariston, i suoi sguardi, quando mi chiedeva se per me quel momento di show era ok. Mi sembrava incredibile che la Carrà si fidasse del mio giudizio».
Il rapporto prosegue, i due si vedono spesso a cena a casa di Barbara Boncompagni, nel 2003 Canino le dedica Rumore-Speciale Carrà su Gay Tv poi nel 2006 arriva Raffa Book-Più che un libro, uno show del sabato sera, che Canino scrisse con il giornalista Roberto Mancinelli, una sorta di tributo all’icona Carrà, tra curiosità, memorabilia e ricordi inediti di Boncompagni, Gino Landi e Luca Sabatelli. «Quella volta rischiai grosso perché non le accennai nulla prima, temendo che mi dicesse: “Ma lascia perdere, non fare nulla”. Poi, una volta pronto, glie lo spedii convinto che se si fosse arrabbiata mi avrebbe fatto scrivere da un avvocato o avrebbe scelto la via del silenzio. Un giorno era Bologna, in albergo, quando mi squilla il telefono: “Ciao, sono Raffaella”. Pensando che fosse uno scherzo restai in silenzio ma quando scoppiò a ridere la riconobbi subito». Alla fine si arrabbiò? «No, anzi, mi disse: “È l’omaggio più vero e sincero che abbia mai ricevuto. Ne ho appena comprate 40 copie da regalare ai miei amici”. Alla fine, il libro divenne un cult e andò subito esaurito. Ricordo ancora le mail e i messaggi dei fan più duri e puri che si lamentavano per qualche data o dettaglio sbagliato».
Nella memoria di Fabio Canino i momenti privati s’intreccia con i passaggi lavorativi dando vita ad un nucleo di ricordi potenti e indelebili. «Sono triste che non ci sia più perché sento che Raffaella fa parte della mia vita fino al punto che la considero uno dei colori dell’arcobaleno. Fa parte anche della mia formazione e della mia cultura, incarna l’essenza della cultura pop, quella che arriva a tutti e dove ognuno si prende ciò in cui si riconosce, ciò che gli appartiene, quello che voleva essere e non è stato. Per questo Raffaella era un’icona e incarnava la forza di tutte le icone gay: non solo era unica, originale, aveva personalità e carisma, ma viveva a colori, abbracciava tutti, ti faceva sentire capito e compreso anche se a causa della tua diversità eri sempre stato escluso da tutti». In una sola istantanea, senza pensarci troppo, qual è il primo momento vissuto con la Carrà che le viene in mente? «Una sera, a casa di Barbara Boncompagni. Il mio istinto era sempre quello di dire: “Raffaella, facciamoci una foto”, ma non volevo fare il rompicoglioni e mi zittivo. A fine cena, mentre stavamo andando via, lei mi guarda e mi dice: “Dai su, facciamo ‘sta foto, lo so che non osi chiedermelo”. Non l’ho mai pubblicata sui social perché penso che le foto private tali debbano rimanere. Io me la voglio ricordare come in quella foto: con il sorriso più bello, i capelli perfetti e il carisma di una donna unica».