Il primo sponsor di Mario Draghi intende modificare una legge che il premier vuole sia approvata “così come è”. Matteo Renzi scarica la riforma della giustizia penale di Marta Cartabia, strizza l’occhio a Matteo Salvini, e per la prima volta rischia di mettere in crisi la maggioranza che sostiene l’esecutivo da lui formalmente voluto. Il leader d’Italia viva, infatti, ha annunciato che il suo piccolo partito presenterà emendamenti al testo della guardasigilli. Lo ha fatto presentando per l’ennesima volta in pochi giorni il suo nuovo libro, questa volta alla Camera. “Io credo che la legge Bonafede sulla prescrizione sia uno scandalo. Sono responsabili leghisti e grillini. La dobbiamo cambiare, noi l’avremmo cambiata in modo diverso. La proposta del governo non è quella che volevamo noi, ma va nella direzione che auspicavamo quindi è un passo avanti. Conte ha scelto di aprire una discussione in Parlamento, lì ci troverà, poiché la vogliamo cambiare in senso opposto, ma questo conta poco. Si vota”.
E dunque se i 5 stelle interverranno in Parlamento per cercare di aggiustare la riforma Cartabia – così come è non velocizza i processi, che diventeranno di più e più lunghi – Italia viva cercherà di modificarla in senso opposto. Quale è facile intuirlo visto che già durante il Consiglio dei ministri i renziani si erano lamentati. Per ottenere anche il voto dei 5 stelle, Draghi e Cartabia avevano modificato la norma con l’allungamento (ma solo a discrezione del giudice) del termine entro cui si devono completare i gradi di giudizio – a pena di improcedibilità – a tre anni in Appello e 18 mesi in Cassazione per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione: concussione, corruzione, istigazione alla corruzione e induzione indebita a dare o promettere utilità. Quella modifica non era piaciuta né a Forza Italia e neanche a Italia viva che avevano chiesto di sospendere il Cdm, salvo poi votare il provvedimento dopo la richiesta di Draghi. Probabile a questo punto che i renziani presentino emendamenti per abrogare quelle modifiche.
Tutto questo nonostante Draghi avesse chiesto di approvare la riforma senza cambiarla. “Capisco il presidente Draghi, anche io sono stato presidente del Consiglio – dice il senatore di Rignano – qualsiasi presidente del Consiglio auspica che i provvedimenti non siano cambiati. Dopo di che c’è un sistema parlamentare e i parlamentari sono liberi di studiare e decidere. Il dibattito in Parlamento si riapre per scelta di M5s di Conte, ma non lo trovo metodologicamente sbagliato”. Una mossa, quella di Renzi, che riapre tutto il dibattito sulla riforma e potrebbe imporre a Draghi di ricorrere al voto di fiducia sulla riforma. Anche perché sulla questione è intervenuto anche Mario Perantoni, presidente della commissione Giustizia dei 5 stelle: “Il parlamento – dice – dovrà essere centrale, avremo molto da discutere. Intanto siamo in attesa dell’arrivo degli emendamenti approvati dal Consiglio dei Ministri, poi convocherò un ufficio di presidenza per stabilire i tempi per la presentazione dei sub emendamenti e eventuali altre audizioni sulle proposte del governo. Certamente il termine del 23 luglio fissato dal programma della Conferenza dei Capigruppo per la discussione dell’Aula è poco realistico”. Ora Renzi torna sui suoi passi e annuncia l’intenzione di emendare il testo. Parallelamente, l’ex segretario del Pd continua a strizzare l’occhio alla Lega. Dopo l’asse creato sul ddl Zan e sul reddito di cittadinanza, Renzi spiega che sta addirittura riflettendo se firmare i referendum sulla giustizia di Lega e Radicali. “Non ho ancora deciso, stiamo valutando. Il fatto che sia un referendum portato avanti dai Radicali mi porta a dire che è un referendum interessante”, ha detto Renzi. Vale la pena ricordare che quei referendum prevedono – tra le altre cose – di rimuovere l’incandidabilità per i politici condannati prevista dalla legge Severino.