Sono il primo a sperare che vada tutto bene, che i vaccini funzionino alla grande, che il prossimo autunno le nostre alunne e i nostri alunni possano incontrarsi, e abbracciarsi, a scuola. Sono il primo a sperare di poter uscire di casa senza prima dovermi ricordare di portare con me la mascherina; e che i nostri operatori sanitari non siano chiamati a doppi turni, estenuanti. Nessuno desidera ripiombare nell’incubo di una nuova ondata di contagi, che insieme alle vite spezzerebbe le gambe di un’economia già fragile. Per non parlare di nuove (vecchie) restrizioni, sul rispetto delle quali non ho certezze.
C’è però una cosa che in questi giorni mi ha mandato ai matti: la narrazione relativa ai festeggiamenti della Nazionale di calcio. Se fino a poche settimane fa era ancora aperta la caccia agli assembramenti, con tanto di stigma – più o meno giusto, a ciascuno la propria valutazione – ora pare che il pericolo del virus non esista più, sconfitto dal bel gioco in una sera di inizio luglio a Wembley. E allora tutti in strada, prime pagine sui giornali, aperture di tg, i maxischermi in piazza, la sfilata col bus scoperto per le vie di Roma e Mario Draghi che alza la coppa (perché è anche merito del suo destro a giro, lo sanno anche i sassi).
Va bene tutto, per carità. Va benissimo. Perché se provi a farlo notare, la risposta è che “eh, meglio così, tanto la gente lo fa lo stesso, divieti o non divieti”. Benissimo. E allora scegliamo da che parte stare: vogliamo salvaguardare la tenuta sociale, vogliamo puntare sulla responsabilità individuale? Diciamolo. C’è chi lo ha fatto (Boris Johnson): i risultati li vedremo tra un po’. Intanto, però, due coppie – i cui componenti sono tutti vaccinati – vogliono farsi una vacanza, in auto, ma non possono: il governo prescrive “la presenza del solo guidatore nella parte anteriore della vettura e di due passeggeri al massimo per ciascuna ulteriore fila di sedili posteriori” e, naturalmente, l’obbligo di mascherina (in pratica, per fare il viaggio, dovrebbero affittare una macchina da sette posti). Poi ci sono limitazioni per matrimoni, funerali, uffici pubblici, cinema, teatri.
Ho il timore – ma spero di sbagliarmi – che la sbornia del post-Europeo passerà presto. Che la variante Delta tornerà a occupare le prime pagine dei giornali e le aperture dei tg. E che tra non molto torneremo a puntare il dito contro chi proverà a bersi una birra in piazza. Sarà di nuovo caccia agli assembramenti, avremo dimenticato di essere scesi in strada a stringerci e a cantare a squarciagola. E torneremo a parlare di didattica a distanza e di lavoratori e studenti stretti come sardine su bus e metro.