Poiché è sempre brutto che una festa appena cominciata appaia già finita, con i contagi in rialzo e più seriamente i ricoveri in ripresa, governo e Regioni sono davanti a un bivio, anche se non è ancora chiaro perché una strada debba escludere l’altra. Da una parte la modifica dei criteri che misurano lo stato d’allerta per la pandemia nelle varie zone (i benedetti colori), dall’altra si scatenerà presto il dibattito sul “metodo francese”, cioè se seguire il presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron che ha introdotto il green pass – il certificato verde per l’avvenuta vaccinazione – per i luoghi pubblici, compresi ristoranti, mezzi di trasporto, concerti e spettacoli. Dopo una prima risposta a mezza bocca del commissario all’emergenza Francesco Figliuolo, il tema è sul tavolo del governo. L’uso allargato del green pass “sarà oggetto di discussione e valutazione nei prossimi giorni”, dicono fonti dell’esecutivo all’Ansa. Le stesse fonti ricordano che il green pass è già utilizzato in alcuni ambiti, come matrimoni, Rsa, stadi, eventi.
Tra i primi a dire chiaramente sì tra i membri del governo c’è il ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta: “Sono favorevole – scrive – all’estensione dell’uso del green pass per il ritorno alla normalità di tutte le attività, e in particolare per garantire le esigenze di socializzazione nella scuola, sui luoghi di lavoro e nelle occasioni ludiche e di svago. Non si possono invocare riaperture indiscriminate senza un richiamo alla responsabilità individuale che riverbera sulla salute collettiva”. Il governo – sottolinea Brunetta – “non apre e non chiude, il governo è chiamato a prendere atto dell’evoluzione della situazione reale, che è la sommatoria dei comportamenti individuali”. Un riferimento, senza nominarlo, anche a Matteo Salvini. Che proprio nelle scorse ore si è confrontato sul tema con Draghi: “Ne abbiamo parlato ma non metto in bocca opinioni al presidente. Diciamo che le scelte estreme non piacciono né a me né a Draghi. Noi non siamo per gli estremismi. Il modello francese non è un modello, è fuori discussione. Ovviamente bisogna continuare con il rispetto delle regole per situazioni di grande assembramento”.
Possibilista invece la ministra per le Pari opportunità Elena Bonetti che parla di “soluzione, tra le soluzioni, che sicuramente ha l’effetto benefico di aumentare la partecipazione” alla campagna di vaccinazione. Il governo, aggiunge, “ora farà tutte le valutazioni del caso sulla base di dati e previsioni. Mi sembra che l’indirizzo della Francia sia una proposta molto interessante”. Per due volte in 12 ore a parlare è stato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri, M5s: “Fare subito come ha fatto la Francia, applicando ‘sul serio’ il Green pass, niente quarantena per chi ha ricevuto due dosi, rivedere i parametri nel giro di una o due settimane”, dice al Messaggero. “Pensiamo alle discoteche – esemplifica – Se concedessimo ai locali di aprire per i clienti con il Green pass, avremmo la corsa di chi ha tra i 18 e i 40 anni a vaccinarsi. Perché il Green pass oggi è un mezzo per non tornare indietro quando i contagi saranno più elevati”. Un sistema del genere per altri motivi potrebbe aiutare a recuperare il ritardo soprattutto della fascia over 60 che ancora arranca. Sullo sfondo – ed è il centro della discussione che nessuno cita esplicitamente – la ripresa dei contagi dopo le riaperture e le zone bianche che hanno portato ora alcune Regioni a ridosso della zona gialla per effetto della variante Delta: Abruzzo, Campania, Marche, Bolzano, Trento, Sardegna, Sicilia, Veneto.
“In Italia abbiamo raggiunto un risultato molto importante, stiamo confermando le 500mila vaccinazioni ogni giorno, anzi le abbiamo tendenzialmente superate e questo è un fatto positivo. Però sicuramente la variante Delta ci preoccupa e quindi credo che si debba trovare una via italiana all’utilizzo ampio del Green pass” dice la ministra per gli Affari regionali Mariastella Gelmini a margine di un incontro al Parlamento Ue a Bruxelles. “Su questo non inseguiamo modelli stranieri ma certamente il governo valuterà di estendere l’utilizzo del Green pass ad altri servizi nella logica di incentivare le vaccinazioni”. Che aggiunge: “Stiamo risolvendo l’emergenza sanitaria, rimane l’emergenza economica molto forte. L’Italia non deve più chiudere, dobbiamo proseguire con il mantenimento di quelle riaperture che sono il frutto di un grande lavoro e quindi sicuramente il governo dovrà valutare l’utilizzo del Green pass ma senza copiare modelli stranieri. Certamente il governo Draghi e l’Italia saranno in grado di trovare una via italiana”.
Ma non è tutto così facile, soprattutto dentro la mega-maggioranza di Draghi e – verrebbe da dire – nonostante la mega-maggioranza. Perché, certo, anche il Pd si è già schierato a favore di una decisione come quella di Macron. Al momento a parlare sono state “fonti del Nazareno” e qualche singola personalità come Alessia Morani e l’ex ministra Paola De Micheli, ma il segnale verso Palazzo Chigi è partito. E però nelle stesse ore c’è anche il messaggio in bottiglia di Matteo Salvini che alla domanda autoformulata su Twitter si è risposto così: “Non scherziamo”. Il leader della Lega – che tra rinvii, mezze risposte e temporeggiamenti non si è ancora capito se ha fatto almeno la prima dose – ha dovuto subito marcare stretta l’alleata-concorrente Giorgia Meloni che ha parlato di decisione “raggelante” di Macron e di “follia anticostituzionale”. Ma a differenza di Salvini ha l’agio di essere all’opposizione, se il presidente del Consiglio dovesse decidere a favore di questa opzione.
Il tema è più che dibattuto, anche tra le associazioni di categoria. Per esempio per Fipe-Confcommercio potrebbero esserci effetti negativi sui ristoratori, mentre Federalberghi già esulta per un provvedimento che sarebbe “sacrosanto”. Non poteva fare eccezione, poi, nella divisione tra pro e contro, la squadra dei presidenti di Regione. Quello della Liguria Giovanni Toti lo preferisce di gran lunga all’eventuale adozione di altre misure restrittive. Favorevole anche il Lazio, con l’assessore alla Salute Alessio D’Amato. Il governatore lombardo Attilio Fontana frena a secco e tira in causa un tema (vero) di privacy.
Scettico anche il presidente del Veneto Luca Zaia: “Mah, è come dire che i vaccini sono obbligatori. È una scelta che deve essere valutata attentamente e non con superficialità. Bisogna anche tenere conto che noi ora non abbiamo vaccini per tutti. Quindi, di fronte ad una costrizione più o meno diretta dovremmo essere in grado di garantire a tutti la vaccinazione. Così non è, purtroppo. Ma c’è un altro ostacolo, che noi abbiamo già sperimentato. In Veneto siamo stati richiamati dal garante della Privacy perché chiediamo il green pass per entrare in ospedale. C’è anche questo profilo da tenere in considerazione. E poi, se c’è chi rivendica la libertà di non vaccinarsi, c’è anche chi è già vaccinato e adesso rivendica più libertà. Sembra un gioco di parole, ma noi dobbiamo stare attenti a tenere comportanti coerenti. Se diciamo che con la vaccinazione possiamo tornare ad una vita quasi normale, non possiamo poi mettere troppi ostacoli se non quelli dettati dalle giuste norme di prevenzione”.
Gli argomenti si intrecciano con una valutazione complessiva che il governo farà su altre misure in scadenza, come lo stato di emergenza che terminerebbe a fine luglio ma potrebbe subire una proroga. Nonostante il dibattito e varie ipotesi, non si attendono decisioni nelle prossime ore, ma verranno fatte valutazioni a giorni – non si può escludere un incontro con il Cts a breve – ed è difficile che una decisione possa essere presa prima del prossimo monitoraggio di venerdì, alla luce dei dati su vaccini e contagi. Che potrebbe riservare sorprese. “Già fra 4 o 5 giorni, se osserveremo dei picchi nelle città dove ci sono stati comportamenti a rischio, vedremo se con i festeggiamenti per la vittoria agli Europei abbiamo rischiato troppo”, spiega Sergio Abrignani, membro del Cts.