A preoccupare è soprattutto la cosiddetta “dispersione implicita” ovvero quei ragazzi che pur non avendo lasciato la scuola escono dal percorso di studi senza le competenze fondamentali: il 9,5% degli studenti a livello nazionale (+2,5% rispetto al 2019) con valori a due cifre al Sud
“La primaria tiene ma per il resto c’è un consistente arretramento degli esiti in italiano e matematica sia alle medie che alle superiori, in particolare in Puglia e Campania. Ci stiamo bruciando un numero di persone di 18-19 anni pari alla metà della città di Ferrara”. Roberto Ricci, il responsabile delle prove Invalsi prova a misurare le parole ma stavolta di fronte ai grafici con linee che puntano vero il basso e ai numeri preceduti dal più quando si parla di risultati inadeguati, c’è poco da edulcorare la pillola. Il report presentato ufficialmente stamattina, lascia l’amaro in bocca.
Nessuno punta il dito contro la didattica a distanza e nemmeno contro agli insegnanti, ma i dati che emergono dalle prove Invalsi fatte misurando gli apprendimenti in un anno di scuola da casa non lasciano spazio ad interpretazioni. Si salva solo la scuola primaria: il confronto dei risultati del 2019 e del 2021 (ndr: nel 2020 le prove non sono state fatte in questo grado di scuola) restituisce un quadro sostanzialmente stabile. Alle elementari si è riusciti ad affrontare le difficoltà della pandemia garantendo risultati pressoché uguali a quelli riscontrati due anni fa. In italiano non si registrano cali mentre in matematica c’è una leggera diminuzione del risultato medio complessivo rispetto al 2019 e una piccola riduzione del numero degli allievi che raggiungono risultati buoni o molto buoni. Tradotto: anche i più bravi in matematica hanno fatto fatica. “Parlato della primaria – dice Ricci – le buone notizie sono finite”. Una precisazione che precede una lettura tragica.
Alle medie, a livello nazionale, gli studenti che non raggiungo risultati adeguati, ossia non in linea con quanto stabilito dalle Indicazioni nazionali sono il 39% in italiano (+5 punti percentuali rispetto sia al 2018 sia al 2019) e il 45% in matematica (+5 punti percentuali rispetto al 2018 e +6 punti percentuali rispetto al 2019). L’unica disciplina che non perde punti è l’inglese. Inutile dire che gli alunni più in difficoltà sono stati quelli che provengono da contesti socio-economico-culturali più sfavorevoli. La novità, purtroppo, è un’altra: tra questi ragazzi con un disagio famigliare alle spalle diminuisce di più la quota di studenti con risultati più elevati.
Andando a vedere i dati Regione per Regione, in italiano, sopra la media nazionale 2018 si colloca solo la Provincia autonoma di Trento. Sotto la media nazionale 2018 troviamo, invece, Liguria, Provincia autonoma di Bolzano, Toscana, Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna. Per quanto riguarda matematica restano prime in classifica solo la Provincia autonoma di Trento e il Friuli-Venezia Giulia. Il quadro è ancor più a tinte fosche per le superiori.
Rispetto al 2019 i risultati del 2021 di italiano e matematica sono più bassi, mentre quelli di inglese sono stabili. A livello nazionale gli studenti che non raggiungono risultati adeguati, sono il 44% in italiano (+9 punti percentuali rispetto al 2019) e il 51% in matematica (+9 punti percentuali rispetto al 2019). In questo caso Ricci puntualizza: “C’è un calo di circa dieci punti in matematica a livello nazionale ma con forti differenze tra le Regioni con percentuali molto elevate di allievi al di sotto del livello minimo nelle regioni del Mezzogiorno, in particolare in Campania e Puglia”, dove si è fatta molta più didattica a distanza.
A preoccupare Ricci e la presidente dell’Invalsi Anna Maria Ajello è soprattutto la cosiddetta “dispersione implicita” ovvero quei ragazzi che pur non avendo lasciato la scuola escono dal percorso di studi senza le competenze fondamentali, quindi a forte rischio di avere prospettive di inserimento nella società non molto diverse da quelle di quei ragazzi che non hanno terminato le superiori. Stiamo parlando del 9,5% degli studenti a livello nazionale (+2,5% rispetto al 2019) con valori a due cifre in Calabria (22,4%), in Campania (20,1%,), in Sicilia (16,5%), in Puglia (16,2%), in Sardegna (15,2%), in Basilicata (10,8%) e in Abruzzo (10,2%).
“Complessivamente –spiega Ricci – la pandemia ha fatto riscoprire la funzione sociale della scuola sia nella dimensione relazionale, che di promozione del “benessere cognitivo” che solo la scuola può promuovere. Gli esiti registrati nel 2019, in miglioramento rispetto al 2018, evidenziavano che la scuola aveva intrapreso la strada giusta, considerando che gli esiti di apprendimento, per loro natura, non possono variare velocemente da un anno all’altro. Il brusco arresto imposto dalla pandemia e i risultati delle prove realizzate quest’anno richiedono strategie urgenti per far riprendere il passo al sistema scolastico italiano”. A togliersi qualche sassolino dalle scarpe è, invece, la presidente Ajello: “E’ chiaro che la politica ha delle responsabilità. Basta pensare alle scelte fatte in Puglia e Campania e ai risultati conseguenti. Bisogna recuperare la voglia di stare a scuola: serve un’attività compensativa di tipo particolare e in alcune zone non può essere solo la scuola a farcela”.