Whirlpool ha comunicato ai sindacati e al ministero dello Sviluppo Economico l’apertura della procedura di licenziamento collettivo per i 340 operai dello stabilimento di Napoli. Appena il governo ha eliminato il blocco dei licenziamenti, la multinazionale – che aveva anticipato la decisione già il 23 giugno – ha intrapreso di nuovo la strada della chiusura che in questi mesi non aveva potuto battere. E lo ha spiegato chiaramente durante l’incontro con il governo e le parti sociali che da aprile chiedono un intervento del presidente del Consiglio Mario Draghi. Nelle ultime due settimane si tratta della terza procedura dopo Gkn di Campi Bisenzio e la Giannetti Ruote di Ceriano Laghetto.
“Siamo consapevoli della nostra scelta”, ha detto l’amministratore delegato del comparto italiano Luigi La Morgia. “Tutte le attività sono ferme da 8 mesi”, ha ricordato sottolineando come in questo arco di tempo “la normativa ha imposto legalmente di non poter procedere con la procedura di licenziamento”. Ora che la situazione si è sbloccata e le aziende sono tornate a poter licenziare, Whirlpool non ha perso tempo dicendosi aperta nei prossimi 75 giorni a discutere del trasferimento dell’attività ad altri investitori, così come a far accedere chi vorrà a un pacchetto di incentivazione (85mila euro a dipendente) o al trasferimento infragruppo nel sito di Cassinetta di Biandronno, in provincia di Varese.
“La narrazione che siete stati stati buoni e avete portato pazienza, ce la potevate risparmiare. Per 26 mesi non abbiamo preso tempo come dice La Morgia, abbiamo lottato per tenere aperto lo stabilimento di Napoli. Whirlpool in questi 26 mesi ha triplicato i profitti realizzando 5 milioni di prodotti. Le lavoratrici e i lavoratori hanno tenuto aperto lo stabilimento di Napoli e ciò ha permesso a Whirlpool di guadagnare di più nonostante la pandemia”, la risposta di Barbara Tibaldi, segretaria nazionale Fiom-Cgil richiamando l’azienda “alle sue responsabilità” e rimarcando come con l’avvio della procedura di licenziamento si “interrompe il dialogo”.
Ad avviso della sindacalista è “necessario utilizzare tutti ammortizzatori sociali necessari” e se Whirlpool “mette in campo azioni offensive, sarà guerra”. Le lavoratrici e i lavoratori di Napoli, avvisa Rosario Rappa, segretario generale Fiom-Cgil di Napoli, “risponderanno con forza e con iniziative esemplari” e spiega di aspettarsi “un’iniziativa forte da parte del governo” che “non può limitarsi a prendere atto, deve intervenire”. Durante il tavolo, la vice-ministra allo Sviluppo Economico, Alessandra Todde, secondo quanto si apprende da fonti, ha chiesto a Whirlpool di prolungare la cassa integrazione e rinviare i licenziamenti: “Abbiamo bisogno di tempo per irrobustire il percorso di reindustrializzazione, su cui stiamo lavorando quotidianamente”. Un “impegno” che il ministro Giancarlo Giorgetti aveva preso già a febbraio insistendo per una “interlocuzione” con Whirlpool. E proprio il ministro è intervenuto nelle ore successive: “È irragionevole non accettare la proposta delle 13 settimane di cassa integrazione. Siamo perplessi rispetto a questo rifiuto che danneggia solo i lavoratori Whirlpool, che dovrebbero invece essere tutelati”.
Per l’azienda “accettare la proroga della Cig, rinviando l’avvio della procedura di licenziamento, è una scelta che non pesa minimamente – ha detto sempre Todde – Mentre per i lavoratori, per la città di Napoli e per il piano di rilancio su cui stiamo lavorando, fare questa scelta è assolutamente indispensabile”. Di decisione “odiosa” e “ingiustificabile” parla Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm responsabile del settore elettrodomestici, perché le 13 settimane aggiuntive di cassa integrazione “di cui potrebbe avvalersi sono esenti da qualsiasi costo”. È “arrivato il momento” per il ministero dello Sviluppo economico – dichiara Ficco – di “dimostrare di avere la volontà e le capacità di influire ancora sulle vertenze del nostro Paese e in questo caso particolare di rivendicare insieme a noi il rispetto di un accordo firmato nel 2018 in sede istituzionale”. Nel caso in cui il ministero, conclude, “non assumesse iniziative concrete e si limitasse a qualche rimbrotto di facciata, diventerebbe colpevole come e più della multinazionale”.