Il generale Francesco Paolo Figliuolo ha un problema con gli over 60. Da due mesi insiste sulla necessità di spingere la vaccinazione nella fascia di popolazione più a rischio, eppure il numero di ultra 60enni in attesa di prima dose fatica a scendere, restando abbondantemente oltre i 2 milioni. I dati del report della stessa struttura commissariale parlano chiaro: il 18 giugno erano 2.833.978 persone, il 9 luglio ne restavano 2.506.467. Circa 300mila in meno. Accelerazione? Neanche a parlarne. Se nella settimana tra il 25 giugno e il 2 luglio ne erano stati raggiunti poco più di centomila, in quella seguente sono stati appena 79.046. Un passo lumaca che senza una spinta rischia di trasformarsi in una rincorsa lunga ancora molte settimane per coprire del tutto i più esposti alle conseguenze gravi del contagio.
Il muro dei 60-69enni – L’incaglio principale è legato alla fascia 60-69 anni: un mese fa ne mancavano all’appello 1.612.460, il 9 luglio i totalmente ‘scoperti’ erano ancora 1.411.547. In altre parole, in quella fascia d’età, quasi un italiano su 5 non ha ricevuto neanche una dose, con punte del 28,99% in Sicilia. Troppi, soprattutto con la variante Delta che galoppa. Tanto che in questi giorni, dopo la mossa francese, la maggioranza discute animatamente sulla necessità di introdurre il green pass anche per l’accesso a bar e ristoranti così da spingere i più scettici a vaccinarsi. Se infatti tra gli over 80 è plausibile che esista una quota di persone con difficoltà ad accedere ai sistemi di prenotazione o a recarsi nei centri vaccinali, tra i 60 e i 69 anni la teoria si depotenzia per ragioni anagrafiche e di informatizzazione. Tradotto: gli 1,4 milioni rappresentano almeno in parte uno zoccolo duro di cittadini restii a ricevere il vaccino anti-Covid a loro destinato, in buona parte Astrazeneca.
La strategia (finora) affidata alle Regioni – Qual è la strategia della struttura guidata da Figliuolo? Finora il grosso è demandato alle Regioni, autonome nel campo della sanità. Eppure da due mesi il generale ripete che bisogna accelerare: “Se non mettiamo in sicurezza gli over 60 che hanno il 95% possibilità di finire in ospedale, o peggio ancora in terapia intensiva, o peggio ancora di morire, non ne usciamo”, si sgolava il 18 maggio. È probabilmente quello il momento in cui ha capito che le promesse fornite nelle settimane precedenti erano diventate una chimera. Il 23 aprile era stato il presidente dell’Anci e sindaco di Bari, Antonio Decaro, a spiegare che il commissario straordinario e il capo della Protezione civile Fabrizio Curcio lo avevano “rassicurato rispetto a quella data che è la fine di giugno per la vaccinazione di tutti gli over 60″. L’obiettivo è fallito e la struttura commissariale, al momento, non riesce a venirne a capo. Il 28 maggio il generale ripeteva: “Andare sui 60enni è il nostro imperativo categorico”. E sponsorizzava la strategia della “chiamata attiva” grazie alla quale “tra qualche giorno – garantiva – andremo a cercare queste persone”.
L’attesa dei dati su chi non vuole (e chi non può) – La realtà è che ad oggi, come spiegano dalla stessa struttura commissariale, tutto è in mano alle Regioni. Da Roma, solo sollecitazioni e nessuna strategia organica come quella ad esempio suggerita dalla Fondazione Gimbe, a inizio luglio, di anticipare i richiami e puntare sui vaccini a mRna (Pfizer e Moderna) per le prime somministrazioni, vista la scarsa fiducia che riscuote Astrazeneca anche nelle fasce di età per le quali è consigliato e autorizzato. Il 18 giugno Figliuolo ha scritto una lettera ai governatori chiedendo di insistere sugli over 60 con la chiamata attiva in maniera “più incisiva” e dato tempo fino al 15 luglio per comunicare quante fossero le persone impossibilitate a vaccinarsi per “motivi sanitari” e quanti “hanno manifestato la volontà di non aderire alla campagna”, suddivise per classi di età. Fino a quel momento, argomentava di fronte alla “flessione” delle adesioni, “non è noto se il mancato coinvolgimento sia da ascrivere a limitazioni cliniche, scelta individuale ovvero difficoltà a registrarsi sulle piattaforme vaccinali”. Sul punto non sono attese novità nei prossimi giorni perché – spiegano dall’entourage del commissario – i report andranno analizzati.
I camper a Milano e gli sconti per lo sci in Friuli – Nel frattempo, in queste settimane, tutto è rimasto in mano alla gestione delle singole Regioni, anche con iniziative fantasiose. Se in Liguria sono stati organizzati open day e open night di Pfizer e Moderna con campagne mirate in dialetto, il Friuli-Venezia Giulia ha deciso di incentivare la vaccinazione in tutte le fasce di età dando uno sconto del 50% agli impianti di risalita gestiti da PromoturismoFvg a coloro che si sottoporranno all’inoculazione del vaccino nell’hub di Tarvisio. Intanto proseguono le spedizioni nei paesi più impervi dei team della Difesa per le vaccinazioni a domicilio con un numero di squadre attive da Nord a Sud leggermente potenziato nelle ultime settimane rispetto alle 44 attive a fine maggio. Ma i problemi restano anche nei grandi centri abitanti, come dimostra il caso di Milano: il capoluogo della Lombardia ha una percentuale di copertura vaccinale di over 60 dell’81,4% contro l’86,4% della media regionale. Per questo la vicepresidente e assessore al Welfare, Letizia Moratti, ha proposto al sindaco Beppe Sala, di avviare una campagna mobile in città per promuovere la vaccinazione, alla luce dei circa 78mila milanesi che non si sono mai prenotati o non hanno ancora ricevuto neanche la prima dose. Così dal 16 al 31 luglio in diverse piazze e strade di Milano saranno attivi dei camper con delle squadre di medici che inoculeranno il monodose di Johnson&Johnson agli ultra 60enni senza necessità di prenotazione.
L’ultima fiche: affidarsi al green pass esteso – Una corsa contro il tempo, dalle metropoli ai piccoli centri in attesa di intercettare un metodo per accelerare davvero. E così riprende quota all’interno della maggioranza e dell’esecutivo l’ipotesi di estendere l’obbligatorietà del green pass anche per accedere a bar e ristoranti, seguendo la sterzata della Francia che con questa mossa ha spinto oltre 2 milioni di persone a prenotare il vaccino in meno di 48 ore. È quello che a giugno il virologo Guido Silvestri definiva “l’incentivo più convincente”, ovvero “permettere ai soggetti pienamente vaccinati di tornare a fare una vita del tutto normale”. Un concetto che piace anche a Figliuolo, tra i primi a definire la scelta francese “una soluzione per una spinta”. L’ultima fiche sulla quale puntare di fronte al muro di oltre 2 milioni di persone che, in buona parte, sembrano stare alla larga dagli hub e rischiano di rallentare l’uscita del Paese dalla coda di un’emergenza assai più lunga di quanto lo stesso commissario profetizzasse.