Se Dante fosse vissuto ai giorni nostri, avrebbe certamente capito che ciò che move il sol e l’altre stelle non è l’amore, come egli romanticamente sosteneva, bensì il calcio.

In questo Paese possono mancare le mascherine, i tamponi, i vaccini e persino il lievito di birra; possono chiudere aziende e negozi, sti cazzi dei concerti e dei cinema, possono fallire tutti, ma il calcio non si tocca. Persino durante il periodo più critico della pandemia, quando tutto il Paese era bloccato e i contagi aumentavano in maniera esponenziale, accanto all’inquietudine causata da questo nemico sconosciuto, c’era la struggente sofferenza di non poter vedere più una partita di calcio. E infatti lo stop effettivo della Serie A, fra tira e molla continui, decisioni e ripensamenti, è arrivato con estremo ritardo e cioè solo il 9 marzo 2020, quando ormai il virus si era già abbondantemente insinuato in tutti i club di calcio, italiani e stranieri. Si calcola che intorno al 18 marzo 2020, le squadre in quarantena fossero 16, di cui 7 italiane.

Dopo esattamente centocinque giorni, quindi intorno alla fine del giugno 2020, la Serie A ricomincia a giocare. Insomma, tutto rimane congelato, bloccato in un tragico stallo che sembra non finire mai, ma il calcio deve trovare il modo di ripartire. Si cercano soluzioni che possano garantire la sicurezza dei calciatori, come l’esecuzione di tamponi a tappeto e si decide di chiudere gli stadi ai tifosi. Niente più curve di ultras assatanati insomma, ma il campionato prosegue e il business del calcio professionistico, seppur con qualche perdita, continua a garantire contratti milionari a calciatori e allenatori.

Tutti gli altri sport, tranne quelli che non prevedono contatto fisico o troppa vicinanza, ricominciano a singhiozzo e con molte difficoltà. Ma poco importa, perché nessuno sport – soprattutto nel nostro Paese – conta quanto il calcio. Sarebbe meglio dire che nessuno sport muove soldi in quantità spropositate quanto il calcio.

Giusto per dare qualche numero: il fatturato diretto generato dal settore calcio in Italia è stimabile in 4,7 miliardi di euro, per essere più chiari circa il 12% del Pil del calcio mondiale viene prodotto nel nostro Paese. Di questa cifra, il 23% viene prodotto dai campionati dilettantistici e giovanili, dalla FIGC e dalle leghe calcistiche (1,1 miliardi di euro), mentre il restante 77% (3,6 miliardi) dal settore professionistico, ovvero Serie A, Serie B e Serie C. A ciò va aggiunto che il calcio è anche il comparto del settore dello spettacolo italiano con il maggior volume d’affari (il 35% del totale, davanti anche a cinema e teatro, che si fermano rispettivamente al 10% e al 7%).

E nel calcio risiede gran parte dell’identità del nostro Paese. Il patriottismo italico si identifica quasi totalmente con esso e infatti gli italiani si sentono veramente uniti tra loro solo di fronte ad una partita della Nazionale. Tifare Italia ai Mondiali o agli Europei è la massima espressione dell’orgoglio nazionale. Risulta dunque facile trovare una spiegazione a ciò che è successo recentemente a Roma, in seguito alla vincita dell’Italia agli Europei di calcio. La squadra sfila per le strade di Roma a bordo di un bus scoperto, circondata da una folla oceanica di tifosi e curiosi provenienti da ogni dove. Proprio la situazione ideale in tempo di pandemia.

Ciò che viene fuori dopo ha dell’incredibile: si scopre che la parata non era stata ufficialmente autorizzata, ma che ha comunque avuto luogo dietro le insistenze di due calciatori, Bonucci e Chiellini, i quali – a conferma di quello che si è detto prima – pare contino più di qualsiasi alta carica dello Stato, più del Questore, più del Prefetto, più del Papa forse. Ad avvalorare questa tesi, ci pensa lo stesso prefetto di Roma Matteo Piantedosi che, durante un’intervista, afferma: “Mi risulta che Chiellini e Bonucci hanno rappresentato con determinazione il loro intendimento al personale in servizio d’ordine; a quel punto non si è potuto far altro che prendere atto della situazione e gestirla nel miglior modo possibile”. Dunque, due calciatori fanno i capricci perché a loro dire non vogliono deludere i tifosi, quindi ogni altra opposizione decade, chi dovrebbe far rispettare le regole prende atto della cosa e nessuno osa mettersi contro i due neo campioni europei, men che meno agire per impedire una tale e pericolosa baracconata.

Così il bus scoperto sfila sereno per le vie del centro di Roma, accompagnato da migliaia di persone senza mascherina, appiccicate come sardine in salamoia. Forse Chiellini e Bonucci, nella loro fantasiosa interpretazione della realtà, devono aver pensato che anche il Covid è un grande tifoso dell’Italia. O più semplicemente si tratta dell’ennesima, vergognosa e miserevole riverenza che la politica italiana fa al mondo del calcio. Senza distinzione di colori o schieramenti, come se non ci fosse nulla di più ovvio e naturale, tutti chinano il capo quando passano i Campioni d’Europa, convinti forse che basti sventolare una bandiera tricolore per convincere tutti che adesso siamo noi i migliori, i più fighi, che ora si fa come diciamo noi, che devono stare zitti e buoni.

Tutti uniti in un solo abbraccio, finché Delta non ci separi.

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