Nel 1990 usciva Inganno di Philip Roth. Il romanzo con il protagonista omonimo dell’autore, ma non autobiografico per sua stessa ammissione, metteva in luce i lati più intimi del tradimento attraverso il lungo dialogo tra questo scrittore americano a lavoro nel suo studio londinese, la sua amante inglese, la moglie e amanti del passato. La treccia di donne intorno a questo personaggio ha sempre intrigato il regista Arnaud Desplechin, così, girato di soppiatto nel settembre 2020 durante la prima riesplosione del Covid e la catena di chiusure europee, il suo Tromperie, questo il titolo originale francese del film di fresca prima mondiale al Festival di Cannes, ci inserisce in una bolla narrativa quasi tutta d’interni e prati deserti tra i principali interpreti Denis Podalydès e Léa Seydoux.
Lei, pur se assente dalla Croisette per positività al virus, è presente sul grande schermo con ben quattro film, dei quali tre in concorso. Qui amante risoluta e sensuale come una Catherine Deneuve d’annata, appare a tratti materna ma al tempo stesso pericolosa per il matrimonio dello scrittore. Lui arrotola i suoi tradimenti in un groviglio di maschere e ragionamenti sinuosi che lo rendono un tombeur-de-femmes. Podalydès si comporta da mattatore. I suoi monologhi infaticabili non possono non far pensare a un Woody Allen europeo, più scuro negli intenti, ben poco autoironico e sotto sotto drammatico come un personaggio di Rohmer.
Entrambi gli attori offrono un grande spettacolo di recitazione. Ma in questo circuito di donne intorno al traditore spuntano ad impreziosire il cast anche Emmanuelle Devos, Anouk Grinberg e Rebecca Marder.
La dimensione del ricordo si amalgama con il sogno, ma al centro sempre lo studio pied-à-terre base di incontri e panegirici amorosi. Desplechin li rappresenta tra stanze che diventano di roccia o proiezioni su teli bianchi della vecchia Praga per darci una materialità del sentire personale di questo scrittore. In una scena addirittura la neve in un abbraccio intimo con la Seydoux. Sono incontri di anime furtive e continui confronti per sfuggire alla colpa e al suo contrario. Si tratta di guardare la realtà decostruendo lo specchio del giudizio puntato dalla moglie verso di lui. Mentre lei, l’amante, fugge a sua volta da un matrimonio scricchiolante.
Presenta la sua trasposizione in capitoli Desplechin. Un ordine didascalico e lineare per questa vicenda che parte dalla Londra del 1987 per tentare di equilibrare formalmente i ribaltamenti amorosi che in diverse epoche hanno animato Philip, non il vero Roth ovviamente, ma il nostro gentil fedifrago. Guardando l’abitudinarietà e la naturalezza di certe relazioni extra-matrimoniali protratte nel tempo viene da chiedersi se certe persone non siano fatte per stare insieme, ma per essere esclusivamente amanti.
E se la coscienza fosse un tribunale di sole donne? È una delle visioni del protagonista. Si esplora pure il tema dello sfruttamento di vere vicende riproposte in un romanzo. Insomma, etica del tradimento e del riciclo letterario di esso. Si accarezza allora l’onnipotenza di un traditore sporco d’inchiostro che usa la sua penna da scrittore come acquasantiera dei suoi mali. Inganno, titolo per l’Italia, sarà distribuito nello stivale da No.Mad Entertainment, e intanto, con il suo titolo internazionale Deception si gode la sezione Première in attesa delle Palme d’Oro.