Il trattamento riservat0 alla magistratura onoraria in Italia non piace neanche a Bruxelles. La Commissione europea ha aperto una procedura di infrazione contro l’Italia per il modo in cui gestisce i magistrati onorari, i “cottimisti” della giustizia. Secondo l’Ue la legislazione nazionale che regola l’attività dei magistrati, inclusi i giudici di pace, che non sono assunti nella Pubblica amministrazione lavorando di fatto a cottimo, non è pienamente conforme al diritto Ue in materia di lavoro. In altre parole, per la Commissione le norme italiane violano diverse leggi: i magistrati onorari non godono di malattia, maternità e di altre tutele, non hanno rimborsi per le spese legali, non sono tutelati contro l’abuso di contratti a tempo determinato consecutivi, senza neanche la possibilità di fare causa. Eppure contribuiscono a far girare gli ingranaggi della macchina della giustizia, anche se a loro non viene riconosciuto lo status di lavoratori. Insomma, oltre al danno di lavorare per la Pubblica amministrazione senza far parte della Pubblica amministrazione, anche la beffa di dover sottostare a regole che rasentano lo sfruttamento. Per questo combattono da anni una battaglia fatta di scioperi della fame e proteste che dopo la sentenza della Corte del Lussemburgo di un anno fa che contestava all’Italia la condizione di precarietà di circa 5mila figure, anche la Commissione Ue ha riconosciuto.

La Commissione ha ricordato che diverse categorie di magistrati onorari, quali i giudici onorari di pace, i vice procuratori onorari (Vpo) e i giudici onorari di tribunale (Got) sono considerati volontari che prestano servizi a titolo “onorario”. Non avendo lo status di lavoratore, “non godono della protezione offerta dal diritto del lavoro dell’Ue e risultano penalizzati dal mancato accesso all’indennità in caso di malattia, infortunio e gravidanza, dall’obbligo di iscriversi presso il fondo nazionale di previdenza sociale per i lavoratori autonomi, nonché da divari retributivi, dalla discriminazione fiscale e dal mancato accesso al rimborso delle spese legali sostenute durante procedimenti disciplinari e al congedo di maternità retribuito”.

Ad aggravare la posizione dell’Italia, secondo la Commissione, è il fatto di non aver creato un sistema idoneo a misurare l’orario di lavoro. La Corte di Giustizia ha già confermato che i magistrati onorari dovrebbero godere dello status di lavoratori, dunque, anche per questa ragione la Commissione ha inviato all’Italia una lettera di messa in mora. Ora il governo nazionale ha due mesi di tempo per rispondere. Se non lo farà, la procedura andrebbe avanti con un parere motivato, ovvero una richiesta formale di conformarsi al diritto dell’Unione.

“Recependo la sentenza del 16 luglio 2020 della CGUE (Causa C-658/18, UX A), che ha confermato lo status di lavoratori dei magistrati onorari, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione inviando una lettera di costituzione in mora all’Italia in quanto la legislazione nazionale applicabile alla categoria non è conforme al diritto Ue. Il decreto legislativo n. 116/2017, c.d. ‘Riforma Orlando’ – afferma in una nota la Commissione – non ha ancora fornito soluzioni al riguardo, così come hanno sempre sostenuto le associazioni di categoria“.

A comunicarlo è il Movimento Sei Luglio che si batte per i diritti dei magistrati onorari. Nella nota diffusa dal Movimento a difesa dei precari della giustizia si chiede al governo di procedere “con decretazione d’urgenza a varare finalmente una riforma della magistratura onoraria attuativa dei principi stabiliti dalla sentenza del 16 luglio 2020 della CGUE e delle pronunce dei tribunali ordinari che l’hanno finora applicata (Tribunale di Sassari del 24 gennaio 2020, Tribunale di Napoli del 16 novembre 2020, Tribunale di Vicenza del 16.12.2020, Tribunale di Roma del 13 gennaio 2021)” dato l’imminente termine del 15 agosto 2021, “che segnerebbe il completamento dell’entrata in vigore della Riforma Orlando, e del termine di due mesi dato dalla Commissione all’Italia per adottare le misure necessarie”.

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