Una “forte raccomandazione” alla politica perché metta in campo “ogni sforzo” per raggiungere una elevata copertura vaccinale nel personale scolastico. Non solo “promuovendo intense campagne informative” ma anche attraverso “ulteriori misure” anche “legislative”. Il Comitato tecnico scientifico chiede alle istituzioni una sterzata per immunizzare professori, personale Ata e addetti alle mense in vista della riapertura della scuola a settembre, ipotizzando sostanzialmente la necessità di inserire queste categorie in quelle per il quale il green pass potrebbe diventare obbligatorio. In altri termini: si chiede di valutare la necessità della certificazione verde per andare al lavoro, se “giuridicamente percorribile”. Anche in virtù del fatto che il Comitato ritiene “assolutamente necessario” dare “priorità” alla didattica in presenza.
La richiesta, messa nera su bianco, nasce anche dai dati presenti nell’ultimo report della Strutturale commissariale guidata dal generale Francesco Paolo Figliuolo, aggiornato al 16 luglio: sono ancora 221.354 le persone che lavorano in ambito scolastico a non aver ricevuto neanche una dose di vaccino. Si tratta su scala nazionale del 15,15% della popolazione, ma alcune Regioni fanno segnare una percentuale di ‘scoperti’ assai più alta. In Sicilia quasi uno su due non ha ricevuto nemmeno una dose (60.540, il 43,24%), in Calabria il 31,95%, in Liguria il 34,77%, nella Provincia di Bolzano il 38,17% e in quella di Trento il 23,33%. Situazione difficile anche in Sardegna (33,34) e in Umbria (24,97), mentre le altre aree hanno tutte percentuali di personale docente e non docente in attesa sotto il 18,8% dell’Emilia-Romagna con i casi virtuosi di Friuli-Venezia Giulia, Campania, Lazio e Molise che hanno rispettivamente zero (le prime due) e 144 e 15 persone non vaccinate (lo 0,12 e lo 0,19 per cento) nella categoria personale scolastico.
“La vaccinazione costituisce, ad oggi, la misura di prevenzione pubblica fondamentale per contenere la diffusione della Sars-CoV-2. È, dunque, essenziale, per evitare di dover rinunciare alla didattica in presenza, oltre che alle altre attività di socializzazione in ambiente scolastico, e nel contempo impedire che si generino focolai di infezione, promuovere la vaccinazione nella scuola”, si legge nel verbale della riunione del Cts in risposta ai quesiti posti dal ministero dell’Istruzione. Il riferimento è non solo al personale scolastico, docente e non docente, ma anche agli studenti. “Il perseguimento di tali obiettivo giustifica, ad avviso del Cts, l’inserimento-mantenimento del personale della scuola tra le categorie da vaccinare prioritariamente e, vista la recente approvazione del vaccino di Pfizer/BioNTech dai 12 ai 15 anni, l’inserimento, in tali categorie, degli studenti di età eguale o superiore ai 12 anni”, scrive ancora il Cts sul verbale.
Il fine ultimo è non dover interrompere le lezioni in presenza, ritenute dal Comitato necessarie “non solo come strumento essenziale per la formazione degli studenti, ma anche come momento imprescindibile e indispensabile nel loro percorso di sviluppo psicologico, di strutturazione della personalità e dell’abitudine alla socializzazione”. Ulteriori e prolungati periodi di didattica a distanza, si legge nel verbale, possono “negativamente tradursi in una situazione di deprivazione sociale e psico-affettiva delle future generazioni”. Le lezioni in presenza sono quindi una priorità ma con la raccomandazione del “distanziamento, ma dove questo non sia possibile – si legge ancora nel verbale – resta fondamentale mantenere le altre misure, a partire dall’uso delle mascherine di tipo chirurgico nei luoghi chiusi”. Sono invece da escludersi, ad avviso del Cts, test in ambito scolastico né screening antigenici o anticorpali per la frequenza: “Nessun test diagnostico preliminare è necessario, mentre, ove tale soluzione fosse giuridicamente percorribile, può ipotizzarsi la richiesta del green pass per il personale”. Sul possibile obbligo vaccinale al personale scolastico, il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, ha detto di non aver pregiudizi ma tuttavia ricordato che si tratterebbe dell’ultima strada da percorrere “anche perché sono necessarie delle norme ed è un percorso abbastanza lungo”.