“La pittura sta all’arte contemporanea come l’Haute Couture alla moda”. È da questa convinzione che Pierpaolo Piccioli è partito per creare la sua nuova collezione di Alta Moda Valentino Des Ateliers. Lo stilista ha convogliato tutto il desiderio di dialogo e confronto accumulato nei mesi del lockdown in un progetto a dir poco innovativo, aprendo il suo laboratorio a 17 artisti contemporanei, per lo più pittori, scelti insieme a Gianluigi Recuperati. “La moda non è arte, perché questa basta a se stessa mentre la prima ha bisogno di un corpo per realizzarsi, divenendo l’espressione di una persona e di un’interiorità. Sono due linguaggi differenti, due punti di vista diversi sullo stesso contesto storico che ho voluto mettere insieme in questa factory”, spiega il direttore creativo di Maison Valentino. E così l’Atelier, inteso proprio come cantiere, fabbrica di idee e talenti, è diventato il luogo in cui le opere di questi artisti hanno preso vita. Colpito dalla loro poetica, l’ha interiorizzata e rielaborata insieme a loro, dando vita alle loro opere, donandogli – con il loro aiuto – quella tridimensionalità mancante alla tela. E, a sua volta, la moda è stata fonte di ispirazione per pittori e scultori, che la riportano nelle loro nuove opere. Un lento processo di ascolto e contemplazione che ha portato Pierpaolo Piccioli ha prendere in mano la tavolozza dei colori e generare bellezza, traslando dalla tela alla stoffa velature, segni, campiture, pieni e vuoti in linee, tagli, gesti compositivi, e coinvolgendo ciascun artista in una conversazione entre deux sull’abito stesso.
Il risultato è una collezione di dialoghi nei quali dal confronto di due identità ne emerge una nuova, catturata nel vestito. “Bisogna immaginare Valentino Des Ateliers come un concerto di due mondi distinti – pittura e alta moda, arte contemporanea e arte vestimentaria – nei quali le voci ascoltano reciprocamente il canto degli altri prima di pronunciarsi“, spiega il curatore, Gianluigi Ricuperati. Guardiamo, ad esempio, il magnifico look che ha chiuso la sfilata: un capo che nasce dalla storia personale di uno degli artisti coinvolti nel progetto, James Nares, oggi Jamie Nares. Piccioli ha interpretato il percorso di transizione del pittore realizzando un abito iper femminile accompagnato a un maxi coat dal taglio couture per eccellenza: sullo sfondo bianco candido, ha applicato una stampa con le pennellate di Nares nelle sfumature di rosso. Il messaggio è chiaro: il percorso artistico di James va ad inserirsi su una tela bianca, la sua nuova vita da Jamie. “In questo caso la moda è riuscita a ricongiungere una storia – ci dice lo stilista -. Prima il corpo era importante per Nares in quanto strumento pittorico (è un body painter, ndr), oggi invece lo è per la sua vita: in questo capo ci sono la sua arte e l’esaltazione della femminilità a cui oggi lui ambisce”.
Un altro esempio straordinario di questo lavoro sincronico è quello che Piccioli ha fatto con Alessandro Teoldi: questo artista costruisce le sue opere sul contatto fisico, ricreando la suggestione di corpi che si intrecciano, in una spasmodica ricerca di intimità e contatto fisico. “Questo è proprio ciò che più la pandemia di Covid ci ha negato, per questo ho sentito subito mio questo tema”, spiega ancora Piccioli che ha quindi raccolto tutti gli avanzi di archivio nelle varie sfumature di Rosso Valentino per creare con la stoffa un puzzle di materiali che dà vita alle immagini delle mani che si stringono e si abbracciano dipinte da Teoldi. Ogni esemplare di questo abito maestoso è un pezzo unico, cosa ancora più speciale. E sempre con gli avanzi di lavorazione ha creato anche il minidress e coat ispirati all’opera di Francis Offmann, pittore ruandese che ricrea le emozioni legate ai paesaggi della sua terra, con 150 tipi di tessuto diversi mixati tra loro e legati dal ricamo. E ancora, Piccioli ha “salvato” alcuni dei lavori di Sofia Silva, artista e scrittrice che crea e distrugge le sue opere, salvandone solo pochissime: lo stilista l’ha interpretata con un tailleur formale, dalla linea prettamente sartoriale, che porta le immagini di alcune sue creazioni. Le sculture di Joe S. Allen si fanno miniabiti in materiali sintetici, la leggendaria ricerca del “colore della luna che si rispecchia nel lago” a cui si ispira Rui Wu diventa un preziosissimo coat arricciato che completa un impalpabile abito colo acquamarina dai riflessi argentati. L’impeto pittorico nel trattare la questione femminile di Benni Bosetto viene trasformato da Piccioli – per la legge del contrappasso dantesco – in ricami a mano che hanno richiesto ore e ore di lavoro. I colori potenti di Guglielmo Castellisi si trasferiscono alla seta, accostati a spazi bianchi per dare respiro. Emblematico è poi il lavoro fatto con Andrea Respiro: la bidimensionalità della tela diventa tridimensionalità, con il pittore che ha disegnato assieme allo stilista il “retro” del quadro, e quindi del vestito, e la borsa verde simbolo dell’opera che si fa viva, oggetto nelle mani della modella. “Condivido i valori di tutti questi artisti – conclude Pierpaolo Piccioli – e credo che questo sia il vero senso della Couture di Valentino oggi: non più l’immagine di un certo tipo di lifestyle ma quella di una comunità di persone che condividono gli stessi valori“.