Ducournau è la seconda regista donna a vincere il massimo riconoscimento del Festival, la prima e unica finora era stata Jane Campion nel 1993 con Lezioni di piano. Il regista americano decisamente "pasticcione" nel guidare le danze del palmares. Miglior sceneggiatura al capolavoro giapponese Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi
Incredibile gaffe di Spike Lee durante la cerimonia di premiazione a Cannes: il regista newyorkese ha svelato in anticipo il vincitore della Palma d’oro, il premio principale della rassegna che solitamente viene annunciato per ultimo. A vincere l’edizione è Titane, pellicola di Julia Ducournau premiato come miglior film. Non accadeva dal 1993, quando Jane Campion se la portò a casa per Lezioni di piano. Ed era la prima ed unica volta, finora. Oggi accade che per la seconda volta la Palma d’oro finisce nelle mani di una donna, Julia Ducournau, che ha portato sulla Croisette un film esplosivo, letteralmente, seppure da lei stesso definito “imperfetto”. Accompagnata da da una standing ovation, si tratta di un massimo premio inatteso, sovversivo quanto lo è certamente il presidente di giuria Spike Lee, non propriamente corretto di fronte ad altre opere migliori, una su tutte il capolavoro giapponese Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi (che si è dovuto accontentare del premio alla miglior sceneggiatura).
Tuttavia l’opera seconda di questa giovane cineasta contiene ingredienti che danno il senso a un apprezzamento così diffuso e assortito: con il suo essere inserito nel genere “fantascienza/horror” è in realtà una storia di solitudini che si incontrano, un romanzo di formazione di una ragazza “diversa” tra i “diversi”, un film popolato “di mostri” come ancora la regista ha sottolineato. E la giuria guidata da Spike, come sempre coloratissimo e “alternativo” ma decisamente pasticcione nel guidare le danze del palmares, si è mostrata decisamente divisa nell’attribuzione dei premi a giudicare anzitutto da un doppio ex-aequo: sia per il Gran Prix, andato allo splendido Ghahreman (A Hero) di Asghar Farhadi e al buon Hytti n. 6 (Compartment n. 6) del finlandese Juho Kuosmanen, sia per il Prix du Jury, assegnato sia al deludente Ha’Berech (Ahed’s Knee) dell’israeliano Navid Lapid che al magnifico Memoria di Apichatpong Weerasethakul, il quale ha approfittato del premio per tributare un un saluto speciale alla sua nuova musa Tilda Swinton, protagonista e produttrice esecutiva di questo suo nuovo lavoro.
Francese come la Palma d’oro è anche il riconoscimento alla miglior regia, finita a Leos Carax (che però non ha partecipato alla premiazione facendosi sostituire dagli Sparks, autori delle musiche del suo film) per il musical Annette, come noto l’opera che ha aperto questa edizione del Festival di Cannes. Il premio alla sceneggiatura, come si è detto, è andato al film più bello del concorso, e che meritava la Palma d’oro, ovvero Drive My Car di Ryusuke Hamaguchi, ispirato a una novella dell’immenso Murakami, prontamente ricordato dal regista giapponese. Ultimi ma non di importanza, i riconoscimenti alle interpretazioni: quello femminile assegnato alla norvegese Renate Reinsve, protagonista di Verdens verste menneske (The Worst Person in the World) di Joachim Trier e quello maschile al giovane e bravissimo statunitense Caleb Landry Jones, protagonista di Nitram dell’australiano Justin Kurzel.