Mondo

Perù, la confessione del killer della volontaria Nadia De Munari: “Volevo rubarle il cellulare ma si è svegliata e l’ho colpita con un martello”

Il giudice, su richiesta del pubblico ministero Sara Chira Tello, ha ordinato 9 mesi di custodia preventiva nei confronti di Moises Lopez Olortegui, disponendo la liberazione delle tre donne fermate, due delle quali lavorano per l'organizzazione umanitaria italiana

La confessione dell’assassino. Moises Lopez Olortegui, il ventiquattrenne peruviano arrestato per l’omicidio della volontaria italiana Nadia De Munari, originaria di Schio, in provincia di Vicenza, ha raccontato le fasi drammatiche della sua irruzione nella casa dell’Operazione Mato Grosso, a Nuevo Chimbote. Quindi l’aggressione violenta della cinquantenne che dormiva nella propria camera e che lo ha sorpreso mentre si stava impossessando del suo cellulare. Una ricostruzione agghiacciante, non priva di qualche lato oscuro. Si tratta, comunque, di una ammissione piena di responsabilità, che non tira in ballo nessun’altra persona. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero Sara Chira Tello, ha ordinato 9 mesi di custodia preventiva nei confronti dell’uomo, disponendo la liberazione delle tre donne fermate, due delle quali lavorano per l’organizzazione umanitaria italiana. Si tratta di LizAnaly Panduro Tanchiva di 26 anni, Angelica Dina Rojas Flores di 19 anni, Nelsy Noel Cruz di 20 anni. Secondo la versione di Olortegui sono estranee all’assassino, anche se a casa di una di loro era stato trovato il cellulare di Nadia, scomparso dalla scena del delitto.

Questo il testo della confessione, rivelata dal Diario de Chimbote, il principale quotidiano della zona, a nord di Lima: “Il 20 aprile alle 9 di sera ero sdraiato nel mio letto, pensieroso perché avevo bisogno di un cellulare da molto tempo. Così mi sono ricordato che a casa Mamma Mia (la residenza dell’Operazione Mato Grosso, ndr) lasciano i cellulari all’ingresso delle camere da letto. Ho deciso di andarci, visto che è vicina alla mia casa. Ho impostato la sveglia alle 1 del mattino e mi sono addormentato intorno alle 21.30. Mi sono svegliato alle 1 del 21 aprile. Sono uscito con uno zaino che conteneva un martello per aprire le porte e una torcia. Non avevo idea da dove entrare, quindi ho iniziato a girovagare, cercando un posto. Così ho individuato una porta abbastanza accessibile per arrampicarmi”.

Si tratta, quindi, di un furto, un maledetto furto, proprio ai danni dei volontari italiani che si occupano della popolazione più povera. “Sono riuscito ad entrare. Camminavo alla cieca, controllando le stanze e gli ambienti, ma erano tutti vuoti. Ho raggiunto una casa alta, ho cercato un ingresso, ma tutte le porte erano chiuse. Così mi sono arrampicato, trovando un muro rotto, e di lì ho scalato fino a salire sul tetto. Sono riuscito ad entrare dalla lavanderia, ma mi sono accorto che le mie scarpe facevano troppo rumore, quindi le ho tolte e le ho lasciate sul pavimento della lavanderia. Poi, senza scarpe, sono entrato. Ho visto sulla porta del dormitorio due scatole che contenevano i cellulari. Ho cominciato a cercare quelli che non avevano una sequenza o una password. Alcuni erano spenti e non li ho accesi perchè temevo che suonassero. Ne ho trovato solo uno senza password. Così mi sono detto. ‘Bene, adesso vado‘”.

Fosse uscito per davvero, Nadia – che dormiva al terzo piano – sarebbe ancora viva. Invece, stranamente, ha continuato a perlustrare la casa. Ecco cosa è accaduto. “Sono salito al secondo piano per uscire da dove ero entrato, ma in quel momento ho visto una luce accesa. Così ho deciso di cercare un po’ e sono salito al terzo piano. Stando lì ho visto che la luce era una candela della Cappella. Sono entrato, mi sono seduto per un po’ e quando sono uscito ho visto vicino una porta. Mi sono mosso e ho potuto vedere alla luce della luna che c’era un telefono su una scrivania. L’ho preso con la mano sinistra, mentre la torcia illuminava tutta la stanza. Allora ho sentito il rumore del letto, di qualcuno che si sedeva sul letto”.

Siamo al momento dell’omicidio di Nadia. “Ho lasciato cadere il cellulare, ho spento subito la torcia. Ma il chiaro della luna che splendeva rifletteva la mia ombra. Poi una persona di sesso femminile ha urlato fortissimo. Sono stato preso dal panico. Per questo ho afferrato il martello e l’ho colpita alla testa un paio di volte. Lei si copriva per evitare i colpi mettendo gli avambracci sopra la testa. L’ho capito perché ho sentito il manico del martello colpire qualcosa di duro Poi è caduto sul letto con le braccia piegata sopra la testa”. Una scena orribile. “Ho anche sentito che ha iniziato facendo un rumore come se stesse russando durante la respirazione (come un annegamento). Così ho deciso di darle qualche altro colpo di mazza. Sono uscito dalla stanza lasciando la porta socchiusa”. Nadia è stata trovata agonizzante alcune ore dopo. Inutile il ricovero all’ospedale di Lima, dove è morta per il grave trauma cranico.