Il Sudafrica brucia, come non accadeva da anni: proteste di piazza che sono degenerate, sfociando in disordini e violenze represse con la forza, saccheggio di negozi e attività commerciali. I morti sono più di 200, centinaia le persone arrestate. E a nulla sono valsi gli appelli del governo per mettere fine a quest’ondata di scontri. Una rivolta scatenata dall’incarcerazione la scorsa settimana dell’ex presidente Jacob Zuma, per scontare 15 mesi di reclusione a seguito del suo rifiuto a comparire davanti a una commissione d’inchiesta anti-corruzione.
Finora le violenze erano rimaste localizzate principalmente nella provincia d’origine dell’ex presidente Zuma, il KwaZulu-Natal, fino a raggiungere Johannesburg e la circostante provincia di Gauteng. Ultimamente, però, si sono estese, toccando province finora non coinvolte: Mpumalanga, a est di Gauteng, e Northern Cape. Danni e saccheggi sono stati documentati anche a Soweto, la celebre township di Mandela, e nella città portuale di Durban. Ora, dopo giorni infuocati, il clima si sta raffreddando, anche se permangono focolai di violenza pronti a riaccendersi.
Il presidente: “A pagare sono i poveri e gli indigenti” – E proprio a Durban si è recato in visita ieri il presidente Cyril Ramaphosa, per sincerarsi dei danni e rivolgere un messaggio alla popolazione: “I disordini sono stati provocati, qualcuno li ha pianificati e coordinati”, aggiungendo: “Chi è dietro questi atti ha cercato di provocare un’insurrezione popolare: col pretesto del risentimento politico, cercano di sabotare la nostra economia e di riaccendere le tensioni razziali”. Le forze dell’ordine sono all’opera per rintracciare i responsabili, che non resteranno impuniti, assicura. Parole ben diverse da quelle che lo stresso capo dello stato aveva pronunciato nei giorni scorsi: “Quello a cui stiamo assistendo ora sono atti opportunistici di criminalità, con gruppi di persone che istigano al caos semplicemente come copertura per saccheggi e furti”, aveva dichiarato lunedì il presidente Cyril Ramaphosa. “Non esiteremo ad arrestare e perseguire coloro che perpetrano queste azioni e faremo in modo che affrontino tutta la forza della nostra legge”. Nel suo discorso, Ramaphosa aveva descritto le violenze degli ultimi giorni come le peggiori che il Paese abbia visto dagli anni ’90. E così, da lunedì, anche l’esercito è schierato nelle province più colpite, affiancato da tutti i servizi di difesa e intelligence. “Nessuna causa politica, nessuna pretesa può giustificare violenza e distruzione. Coloro che ne pagano il prezzo sono i più poveri e indigenti”, aveva aggiunto, paventando anche il rischio di insicurezza sanitaria e alimentare, legate alla mancanza di rifornimenti di cibo e medicinali, sia nelle farmacie che negli ospedali.
Dopo una consultazione d’urgenza con i partiti, è stata diffusa una nota in cui si afferma che il presidente ha “accolto con favore le proposte avanzate dai leader politici” per ampliare il dispiegamento della Forza di difesa nazionale sudafricana. Non solo polizia e soldati: secondo Reuters, anche tanti vigilanti armati di pistole, molti dei quali appartenenti alla minoranza bianca sudafricana, hanno bloccato le strade per prevenire ulteriori saccheggi.
La miccia che ha fatto esplodere la polveriera Sudafrica – Ad accendere il caos, l’arresto dell’ex presidente Jacob Zuma. Zuma, 79 anni, si era costituito il 7 luglio, dopo alcune esitazioni: da tempo è in corso un processo per corruzione e Zuma si era ripetutamente rifiutato di comparire. Per questo, è stato condannato a 15 mesi: per oltraggio alla giustizia, dunque, per aver sfidato l’ordine del tribunale di testimoniare. Il procedimento principale, nel quale è imputato, indaga su appropriazioni indebite e sottrazioni di fondi durante i suoi nove anni di presidenza, terminati nel 2018. Su Zuma, che a maggio si era dichiarato non colpevole, pendono varie accuse, tra cui corruzione, frode, racket e riciclaggio di denaro.
Il clamoroso arresto, accolto da alcuni come segno di buona salute della democrazia, in altri ha però scatenato indignazione. Facendo esplodere il caos. Martedì, la fondazione dello stesso Zuma ha dichiarato che le violenze continueranno fino al suo rilascio. Benzina sul fuoco: sono oltre 1.200 le persone già arrestate durante disordini e saccheggi.
La crisi del Paese, dal lavoro alla pandemia – Una rabbia che covava già da tempo sotto la superficie, per i fallimenti dell’African National Congress, il partito al potere dal ‘94 (ovvero dalla fine dell’apartheid), incapace di affrontare la povertà di gran parte della popolazione, la mancanza di lavoro e le molte altre difficoltà, fortemente inasprite dalla pandemia: il Sudafrica infatti è il paese che ha registrato più morti per Covid nel continente. Numeri da paese occidentale. Il governo ha appena prorogato le misure di contenimento (fra cui divieto di assembramenti, coprifuoco dalle 21 alle 4 e divieto di vendita di alcolici), che ormai trovano una popolazione esasperata: il Sudafrica è nel pieno della terza ondata e la variante delta galoppa, mentre la campagna vaccinale è ben lungi dal decollare. Anzi, martedì il Dipartimento della salute ha dichiarato che le violente proteste hanno interrotto la somministrazione dei vaccini, come anche dei servizi sanitari essenziali per malati cronici affetti da tubercolosi, Hiv e diabete: temporaneamente chiusi alcuni siti di vaccinazione e rinviati gli appuntamenti già fissati. Senza contare che i focolai peggiori si trovano proprio nelle province riottose, dove i disordini rischiano dunque anche di aggravare i contagi.
“Le autorità sudafricane dovrebbero adottare misure per proteggere la vita e le proprietà di tutti dalla violenza illegale”, esorta Dewa Mavhinga, direttore di Human Rights Watch per l’Africa meridionale. “Esistono una serie di misure che si possono adottare per ripristinare la legge e l’ordine e non vi è alcuna giustificazione per l’uso illegale della forza”. Al di là del compito immediato di salvaguardare la vita dei residenti – sottolinea Hrw – Ramaphosa e il suo governo dovrebbero garantire i diritti sociali ed economici fondamentali, che sono minati dalla diffusa disoccupazione, disuguaglianza, povertà e corruzione. Questi problemi sono tra le cause profonde delle frequenti proteste violente vissute in Sudafrica, inclusi saccheggi e violenze contro cittadini stranieri. Circa la metà della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, secondo gli ultimi dati del governo, risalenti al 2015, mentre la disoccupazione ha raggiunto il nuovo record del 32,6% nei primi tre mesi del 2021.