A sessanta giorni dalla prima campanella regna sovrana la confusione nel mondo della scuola. Se fino a qualche giorno fa fonti governative e lo stesso Comitato tecnico scientifico confermavano la necessità di mascherine in classe e distanziamento di un metro da bocca a bocca, ora, improvvisamente, gli stessi esperti hanno sul tavolo una bozza di parere (che Ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare) pronta da inviare a viale Trastevere nella quale autorizzano la deroga alla seconda norma. Nel verbale c’è scritto: “Laddove non sia possibile mantenere il distanziamento fisico per la riapertura delle scuole, resta fondamentale mantenere le altre misure non farmacologiche di prevenzione, ivi incluso l’obbligo di indossare nei locali chiusi mascherine di tipo chirurgico”. Un netto via libera per i presidi. Il pressing del ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi sul Cts sembra aver avuto l’esito atteso in viale Trastevere. Nei giorni scorsi, quando sul tavolo del ministro c’era il documento del Cts che parlava di distanziamento, il professore ferrarese aveva detto a Bologna: “Ognuno ha una responsabilità. Il Cts fa le sue affermazioni, loro ci dicono che ci sono ancora dei problemi sanitari e ci devono dire loro cosa succede se ci sono certi livelli di copertura vaccinale”. D’altro canto la scommessa politica del ministro è il ritorno in presenza.

Bianchi lo va ripetendo ad ogni occasione. L’ultima volta giovedì in Senato rispondendo al question time: “La posizione del ministero, e mia personale, è stata sempre quella di scuola in presenza. I dati recenti dell’Invalsi ci dimostrano che questo continuo nostro insistere sulla presenza aveva ragione. E noi lavoriamo e stiamo lavorando tutti per questo”. Va da sé che se si mantenesse il distanziamento di un metro sarebbe inevitabile il ritorno alla didattica a distanza, soprattutto alle superiori, per mancanza di spazi. Secondo Cittadinanzattiva servirebbero, per le sole superiori, circa 20-25mila spazi o aule da ricavare con fondi specifici. C’è poi il caos anche sul fronte dei trasporti: il ministero delle Infrastrutture e delle Mobilità sostenibili attende chiarimenti sempre dal Comitato presieduto da Franco Locatelli ma nulla c’è ancora d’ufficiale.

L’unica novità è il mobility manager che ogni scuola dovrebbe avere. Una figura bocciata dai dirigenti scolastici che al ministro Enrico Giovannini rispondono: “È una norma che non potremo applicare”. I più preoccupati sono i capi d’istituto che ogni giorno devono captare le volontà del governo per cercare di prospettare ogni scenario possibile facendo i conti con le aule pollaio che non sono sparite dal pianeta scuola. Resta, poi, il tema vaccini: sotto i 12 anni non c’è un solo alunno che abbia fatto alcuna dose. Tra i 12 e i 18 anni su un platea di 4.627.514 hanno ricevuto la prima dose il 24% e la seconda solo l’8,11% (dati di venerdì 16). Va da sé che la possibilità di contagio a scuola, vista la larga parte di non vaccinati, senza distanziamento, possa aumentare con il rientro in classe. Ecco i nodi che la politica e non solo dovranno affrontare nei prossimi giorni.

Lezioni in presenza e Dad – Il ministro Bianchi ha parlato di “battaglia per la presenza” chiarendo che lui non è “Harry Potter o Albus Silente” per poter risolvere tutto. E su quel “tutto” si concentra l’allarme di docenti, presidi e genitori che chiedono un intervento tempestivo su aule, vaccini e trasporti per evitare che il rientro a scuola coincida con il ritorno della Dad. Una richiesta che si fa ancora più urgente dopo che i risultati dei test Invalsi hanno rivelato un peggioramento generale della preparazione degli alunni, con un grave calo al Sud. La presentazione del report delle prove ha convinto Bianchi dell’assoluta necessità di tornare tra i banchi e di evitare la scuola da casa. L’ha sottolineato anche al Senato giovedì facendo un’equazione: i dati Invalsi alla primaria hanno tenuto perché la scuola non è stata chiusa. Ad avere qualche mal di pancia è Antonello Giannelli, il numero uno dell’associazione nazionale presidi: “Se verrà mantenuto il distanziamento è evidente che alle superiori si tornerà a fare la didattica a distanza perché gli spazi per sdoppiare i ragazzi restano insufficienti”. Al lavoro per tornare alla normalità, convinti che sarà come dice il ministro Bianchi, sono gli assessori regionali all’Istruzione dalla Lombardia alla Sicilia dove si stanno svolgendo tavoli con i governatori e i colleghi della Sanità e dei Trasporti per prendere decisioni nell’ottica di un rientro tra i banchi al 100%.

Vaccini e tracciamento – Il Cts sostiene l’importanza di promuovere la vaccinazione nella scuola, tanto del personale scolastico quanto degli studenti. La priorità è vaccinare tutti gli insegnanti. Il commissario straordinario per l’emergenza, Francesco Figliuolo, si è già rivolto alle Regioni con una lettera richiamando la necessità di sensibilizzare e convincere tutto il personale scolastico a immunizzarsi. Ne mancano ancora più di 211mila. Gli esperti del Cts accennano a “misure legislative” per garantire la più elevata soglia di soggetti vaccinati Per i ragazzi dai 12 anni è essenziale, invece, destinare le dosi Pfizer a loro con priorità. Sulla questione le Regioni sono al lavoro. “La Calabria – spiega Sandra Savaglio, assessore regionale alla Scuola – avvierà l’anno scolastico il 20 settembre (una settimana dopo rispetto alla data ufficiale a cui diverse regioni si sono adeguate). Una scelta presa con la lucidità del senno di poi. L’anno scorso siamo partiti anche dopo”. Così la Sicilia dove si pensa di andare nelle scuole a fare le dosi vaccinali per avvicinare i ragazzi e i docenti che non l’hanno ancora fatto. Su questo fronte intervengono anche le associazioni dei genitori. Antonio Affinita, direttore del Movimento genitori italiani, sposta l’attenzione: “Chiediamo di partire a settembre. Va fatta una valutazione non solo sul rischio del virus: bisogna fare un ragionamento più complesso perché i nostri giovani non hanno preso il Covid, ma si sono ammalati dal punto di vista psicologico”.

Test – Da viale Trastevere la domanda di chiarimento indirizzata al Cts è stata chiara: “Quali tipi di test sono raccomandati all’interno delle scuole; con quale frequenza debbono essere effettuati e secondo quali indicazioni di prodotto e uso?”. Pronta la risposta degli esperti: “Non devono eseguirsi test in ambito scolastico né screening antigenici o anticorporali per la frequenza scolastica. Nessun test diagnostico è necessario mentre – ove tale soluzione fosse giuridicamente possibile – può ipotizzarsi la richiesta del green pass per il personale scolastico”.

Distanziamento tra i banchi – Fino alla scorsa settimana tutti i quotidiani scrivevano che il Cts ha ripetuto che le misure emergenziali dovranno essere mantenute anche a settembre considerato che larga fetta dei ragazzi non è ancora vaccinato. E c’è anche una fetta di docenti e personale Ata non immunizzati, che in diverse Regioni supera il 20% e in Sicilia tocca il 43 per cento. Locatelli e gli altri, pur non avendo aperto bocca ufficialmente, avevano inviato in viale Trastevere queste indicazioni. Un verbale – a detta di autorevoli voci del ministero – nemmeno firmato e non definitivo tant’è che Bianchi è tornato alla carica per chiedere ulteriori chiarimenti in merito all’impatto tra vaccini e regole da rispettare. Pronta la risposta del Cts: via il metro di distanza, bastano le mascherine. Resta solo la raccomandazione: “Laddove possibile – cita il verbale del Cts – in termini di condizioni strutturali-logistiche esistenti nei presidi scolatici, pagando attenzione a evitare di penalizzare la didattica in presenza, il Cts raccomanda di mantenere il distanziamento interpersonale in posizione seduta”. A questo punto il primo ad alzare le mani è proprio Giannelli che interpellato dopo le nuove notizie dal fronte Cts spiega: “Ovviamente non posso contestare le argomentazioni di tipo sanitario. Dal punto di vista scolastico, non posso che auspicare che le lezioni si tengano sempre in presenza per prevenire ulteriori peggioramenti degli apprendimenti. Quindi saluto con favore questa presa di posizione del Comitato tecnico scientifico”. Resta, tuttavia, la preoccupazione per i numeri dei vaccinati tenuto conto che il Cts raccomanda di valutare l’inserimento del green pass: “Dovrebbero chiarire meglio questo punto che è squisitamente sanitario”, specifica il numero uno dei presidi.

Trasporti – Ad oggi non c’è nulla di certo. Il ministero della Mobilità sostenibile attende chiarimenti dal Cts per poi, probabilmente, inviare una circolare ai prefetti che – a detta di Bianchi nel discorso al Senato – avranno ancora un ruolo centrale con i tavoli di coordinamento che lo scorso anno hanno partorito i piani di trasporto. Ad avere un’idea di quel che potrà accadere sui mezzi è il presidente di Asstra Andrea Gibelli: “I mezzi pubblici sono luoghi pubblici dove l’utilizzo dei dispositivi, quali le mascherine, è regolato dalle disposizioni governative. È quindi buona norma di sicurezza pubblica continuare ad indossare le mascherine a bordo dei mezzi di trasporto, anche a settembre. Siamo confidenti che il proseguo, e speriamo l’intensificazione, della campagna vaccinale insieme all’uso della mascherina, la continua areazione e la sanificazione dei mezzi possano riportare la capacità di carico dei mezzi almeno all’80%”. I prefetti, pur non avendo dati precisi dalla capitale, si sono già messi al lavoro per mettere le mani avanti e non trovarsi all’ultimo momento a gestire il caos. “Finora non abbiamo ricevuto nuove indicazioni rispetto alle ultime circolari risalenti al mese di giugno scorso. E’ chiaro che dovremo attendere gli effetti della variante Delta”, spiega Antonio Giannelli, presidente dell’associazione sindacale dei funzionari prefettizi.

Le mosse dei prefetti – Claudio Palomba, il prefetto di Torino, intanto, ha chiesto ad Agenzia Mobilità di fare una proiezione sul rientro a scuola in presenza al 100% ed entro mercoledì prossimo avrà sul tavolo una mappatura territorio per territorio. “Abbiamo – dice Palomba – delle linee guida a livello regionale che saranno integrate quando avremo indicazioni precise da Roma”. A mettersi all’opera è anche il prefetto di Avellino, Paola Spena: “In questi giorni abbiamo in calendario una riunione con tutti gli attori del rientro a scuola. Ci stiamo orientando su una possibile capienza dei mezzi all’80%. Vogliamo verificare il nostro piano e organizzarci con ulteriori misure se necessario. Farò anche un invito alle famiglie perché ci diano una mano e sto pensando di chiedere uno slittamento orario, per Avellino, dell’apertura di alcuni esercizi commerciali”. Il ministro Giovannini, non vuole farsi trovare impreparato e ha chiesto all’Istat una rilevazione per comprendere come la pandemia abbia cambiato le abitudini degli italiani per quanto riguarda l’uso dei mezzi pubblici. Il ministero delle Infrastrutture ha messo a disposizione degli enti locali 200 milioni per i servizi aggiuntivi e 168 milioni a titolo di anticipazione. Un provvedimento che trova qualche perplessità da parte di Gibelli: “Sono destinati al finanziamento dei servizi aggiuntivi per fare fronte alle limitazioni poste dal ridotto coefficiente di riempimento dei mezzi, in coerenza con quanto determinato dai tavoli prefettizi. Noi non abbiamo pregiudiziali nei confronti dei privati, ma è evidente che i servizi aggiuntivi possono essere attivati dove ci siano le condizioni tecniche”.

Spazi e classi pollaio – È un tema che coinvolge tutti. Le classi pollaio non sono sparite nonostante gli annunci di ciascun ministro dell’Istruzione e le promesse da campagna elettorale. Il tema aule, secondo le organizzazioni sindacali, necessita di un monitoraggio. Lo scorso mese di novembre l’ex ministra Lucia Azzolina spiegava: “Quest’estate siamo riusciti ad ottenere 40mila aule scolastiche in più grazie ai lavori che sono stati fatti nelle scuole dagli enti locali”. Un numero che va verificato, a detta della Cisl Scuola e di Pino Turi, segretario della Uil Scuola: “Non abbiamo fatto né aule né si sono ridotti gli alunni per classe. Non c’è la volontà nemmeno da parte di questo governo di investire nella scuola che è ormai moribonda”. Sulla questione classi pollaio interviene anche Angela Nava, coordinatrice nazionale di Genitori democratici: “Si sta diffondendo una forte preoccupazione determinata dal fatto che le nuove sezioni sono state fatte con i vecchi criteri. Nelle città le classi della primaria e della secondaria, ma soprattutto le prime superiori, sono troppo piene. Bianchi parla della scuola dell’affetto, ma questo affetto si deve poter manifestare”. Il tema è all’attenzione anche della politica. L’onorevole Luigi Gallo (5Stelle) spiega a Ilfattoquotidiano.it: “A settembre il grande problema sarà l’areazione dei locali chiusi e la densità del numero di persone in spazi per metri cubi”. Così Rossella Muroni del Gruppo Misto: “Le classi pollaio erano già una vergogna prima. Ora sono proprio insostenibili. Abbiamo bisogno di spazio e di cura”.

Mense scolastiche – Stop alle porzioni pre-preparate. Si torna tutti nella mensa comune. Il Cts pensa ad un ritorno al passato con mascherine per chi serve i pasti e addirittura, se si potesse- anche il green pass, per gli addetti come per il personale docente e personale Ata. Da aggiungere: il lavaggio delle mani prima e dopo il pasto per gli studenti.

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