La retorica è sempre fascista, dietro i paroloni si nasconde il vuoto e l’avidità di un giro di denaro colossale destinato ad arricchire i soliti sfruttatori. Perché odio la retorica? Perché amo la poesia, la poesia si nutre di parole, la retorica di paroloni gonfiati dal nulla e dall’inganno. La poesia ama la verità, soprattutto quando è scomoda, la poesia è una sedia rotta.
Leggo sul Corriere un articolo di Walter Veltroni che parla di “abbracci rivoluzionari” e mi viene da ridere se penso a un paese come il nostro dove un partito xenofobo è al primo posto nei sondaggi, mi viene da ridere se penso agli italiani sempre disuniti tra Montecchi e Capuleti, guelfi e ghibellini, repubblichini e partigiani, dove ci si abbraccia ma per stritolarsi.
Dove sarebbe questa fantomatica unità nazionale? I valori dell’Italia sarebbero rappresentati da una squadra di calcio composta da giocatori che sanno a malapena azzeccare (per caso) un congiuntivo? L’ignoranza ci unisce, un popolo di ignoranti che fa confusione tra Leopardi e Dante, ma che conosce a memoria i nomi di tutte le veline di Striscia. Il lockdown è stata la vera unione nazionale, altro che abbracci rivoluzionari, ma che cosa vi aspettavate da Veltroni? Ve lo ricordate Massimo D’Alema? Quello che un giorno ha detto che Fininvest/Mediaset è una risorsa culturale del nostro Paese. Certo, la risorsa culturale di Drive in, Paperissima e le tette “cin cin” di Colpo grosso.
La glaciazione culturale prefigurata da Pasolini ormai è compiuta, ed è evidente quando vengono sprecate parole come “felicità” legate a una partita di calcio che al massimo può darti un entusiasmo passeggero, ma la felicità non c’entra proprio nulla, ve ne accorgerete quando poco a poco si esaurirà questa sbornia collettiva fatta di retorica e paroloni. La verità è questa: senza cultura non può esserci democrazia. E noi siamo un popolo di asini, e un popolo di asini vive sotto la “dittatura dell’ignoranza” come ha scritto un nostro poeta.
Il cittadino ignorante è manipolabile, e si crede felice se vince una partita ai rigori. La felicità è rivoluzionaria, caro Veltroni, ma la felicità non è fatta di abbracci che sono solo una smilza e scarna coreografia di contorno, la felicità è filosofia allo stato puro, è il cittadino consapevole, il cittadino che rivendica i propri diritti, e tra i diritti inalienabili c’è il diritto alla bellezza e quindi alla cultura. Una partita di calcio può essere bellissima, non lo nego. Una partita di calcio può emozionare, ma non può e non deve assurgere a modello di felicità, non può essere caricata a dismisura di significati “rivoluzionari”.
Questa è la felicità degli asini, non dei cittadini. La partita di calcio contro l’Inghilterra l’ho vista anche io insieme al mio amico Luchino, ci siamo divertiti, è stato bello vedere il mio amico Luchino fare una capriola sul tappeto dopo la parata di Donnarumma, è stato un divertimento, nulla di più, nulla a che vedere con la felicità che si nutre di parole, non di paroloni retorici insopportabili. La felicità è verità, bellezza, cultura, consapevolezza, la felicità è una sedia rotta, è poesia. Questo è un mondo brutalizzato dal dio denaro, non a caso i prossimi mondiali di calcio si terranno in Qatar; la felicità che hai in mente tu, caro Veltroni, puzza di idrocarburi.
Scendi per strada, chiedi al primo cittadino che incontri di recitarti L’Infinito di Leopardi o i primi articoli della Costituzione, e vedrai che la tua felicità è un contenitore vuoto, caro Veltroni, fatto di urla da stadio, di cori demenziali, di cittadini-vuoti, senza vita. L’ignoranza è stata la vera strage di Stato, siete voi politici che ci avete farcito la testa di Domenica in e Paperissima, siete voi politici che avete ridotto la Rai a un immondezzaio di banalità rivoltanti, andando a rimorchio della televisione commerciale, servitori di un imprenditore barzellettiere, ecco, siete voi che avete ridotto la felicità a una barzelletta.
Quindi non parlare più di felicità, caro Veltroni, conserva almeno il pudore. Forse è proprio
da questa parola “stranissima” chiamata pudore che può iniziare un percorso di possibile felicità. Che dici? Meglio una stretta di mano franca tra due cittadini consapevoli che “abbracci rivoluzionari” di cittadini asini.
Rileggendomi mi rendo conto di essere stato retorico anche io, sai che cosa ti dico? Ai prossimi mondiali qatarini tiferò anche io, tiferò con tutto il mio cuore perché amo lo sport e amo il calcio, ed è per questo che tiferò Brasile, insieme al mio amico Roby Rosi, perché è in Brasile e solo in Brasile che il calcio assomiglia alla felicità.