di Roberto Del Balzo
Oggi è ieri. Ieri era dopodomani. Domani è oggi. Le nostre poche certezze, la nostra dignità che si intravede come la filigrana in controluce, ci fanno apparire così mediocri nell’incertezza di un tempo sospeso dal pericolo sempre vivo di un virus arrivato nel periodo di carnevale come un tragico scherzo e una festa per la nazionale di calcio, l’inno dello stivale che raggiunge le nuvole, l’orgoglio italico che sventola la sua bandiera solo nei weekend per ripiegarla la domenica sera. Domani si torna al lavoro senza voce, rimasta attaccata all’ultimo gol urlato fuori dal balcone.
Magari ci farà ancora storcere la bocca quel gesto disgustoso dei calciatori inglesi che si tolgono la medaglia che non vale nulla neppure venduta su Ebay. E tutti quei giornalisti dalle penne di velluto a scuotere la testa per quei fischi verso i nostri azzurri. Eppure dovrebbero essere vaccinati, non contro il Covid ma contro l’indignazione, quella dei nostri fischi, tutti italici s’intende, verso la nazionale Argentina nel ’90. Siamo tutti vaccinati alle medaglie che si sfilano, come quella di Bonucci, sì lui, quello che si sciacqua la bocca e convince la questura all’amatriciana a girare col pullman cabrio per Roma. E ha ragione a farlo perché siamo tutti vaccinati alle stesse cose che abbiamo fatto ingoiare agli altri.
Oggi è ieri. Ieri era dopodomani. Domani è oggi. La stessa retorica di sempre, un’eterna storia che si ripete casualmente sempre con Bonucci dopo aver perso la finale contro il Napoli in Coppa Italia: la medaglia? Non si indossa quella dei perdenti, basta la faccia. Eh, signora mia, ma quella era la Juventus non la Nazionale, non facciamo i sofisticati che vogliono trovare il pelo nel pallone.
Passano i giorni, le settimane, i mesi e gli anni eppure sembra sempre così ieri, dove tutto è fermo all’indignazione a targhe alterne, dove la faccia felice di Evelina Christillin accompagna i ricordi di Concita De Gregorio in un oggi tutto da ridere, come la graffiante intervista a Renzi nel suo tour televisivo.
Si ride e si sorride, è tutto finito. Caressa e Bergomi sono probabilmente rimasti abbracciati a tutto il verbo insulso che ci hanno regalato. Abbiamo vinto. Hanno vinto. E così sia. Oggi era ieri e sui giornali e alla tv giornalisti, filosofi (tanti filosofi) e politici da Parlamento diventati nella pandemia politici d’appartamento ci urlano, stravolti, della libertà negata, delle paure che giorno dopo giorno un governo dissennato ci ha inculcato nel cervello, lavandolo e sterilizzandolo da ogni desiderio, da ogni voglia, da qualsiasi istinto.
Ma alla fine, oggi è ieri, ieri era dopodomani e domani è oggi e il filosofo non è uscito a festeggiare: chiuso in casa ha guardato l’evento da solo, sempre che non fosse dal parrucchiere a farsi la tinta.