Una vita che richiama al valore del perdono. Forse è proprio questo il significato più profondo della figura di Nelson Rolihlahla Mandela, ex presidente del Sudafrica e premio Nobel per la pace, e della sua lotta per i diritti dell’uomo e della giustizia con cui è riuscito a sconfiggere l’apartheid. Al pari di Martin Luther King o Ghandi, Madiba è un simbolo che è entrato a far parte dei libri di storia, ma chi è nato negli anni Duemila rischia di non saperne nulla al di là del testo storico. Per questo, Gianluca Grassi ha scritto Nelson Mandela, il perdono è un’arma potente. Illustrato da Filippo Barbacini, il libro edito da Armando Curcio editore prende per mano il lettore curioso e lo porta a conoscere la vita di Mandela e del movimento di liberazione che ha cambiato le sorti del Sudafrica.

Uno degli episodi più toccanti non a caso è quello della liberazione dal carcere dopo 27 anni dietro le sbarre. Ha 71 anni e uscendo dalla prigione dice: “Quando ho varcato la porta camminando verso il cancello che mi avrebbe portato alla libertà, sapevo che se non avessi lasciato dietro di me l’amarezza e l’odio sarei rimasto ancora in prigione”. La volontà (e la capacità) di perdonare, quindi, ripresa anche nel sottotitolo del libro. È questa la svolta vera. Quell’uomo non si accontenta di tornare a casa ma inizia un percorso che porta l’intero popolo a liberarsi dal peso del razzismo.

Il forte messaggio che emerge dal lavoro di Grassi e Barbacini è che da solo Mandela non sarebbe riuscito a fare nulla. Ma non basta. Scrive Grassi nel suo libro: “Il Presidente pensa che la parola e il dialogo abbiano un potere taumaturgico per curare i traumi, per questo costituisce la Commissione della Verità e della Riconciliazione. Si tratta di un tribunale composto da diversi rappresentanti del popolo che ascolta i racconti dei persecutori e delle vittime che per la prima volta si trovano faccia a faccia, facendo emergere la violenza prodotta da ogni forma di razzismo. Il paese ascolta quanto accaduto in nome dell’apartheid e della lotta, l’odio e la violenza, la sofferenza e la rassegnazione. Il Sudafrica può curare le proprie ferite riconoscendo il male generato nel corso di quei decenni, la verità è l’unico cammino per arrivare alla riconciliazione tra le persone”.

Nelson Mandela, il perdono è un’arma potente è un progetto nato da un’idea dell’illustratore: “È stato lui a propormi quest’idea”, dice Grassi, che da anni si occupa per il Comune di Reggio Emilia di relazioni internazionali. E racconta in che modo quella di Mandela fosse “una storia che è entrata a far parte della mia vita”. Dal 1977 Reggio Emilia coordina il comitato internazionale contro l’apartheid: “Il sindaco della nostra città era presente a Pretoria all’insediamento di Mandela alla Presidenza della Repubblica e io stesso sono stato ospite a casa Mandela”. Da questo episodio personale, dopo il suggerimento di Barbacini, ecco allora il progetto di scrivere un libro che parlasse ai giovani, con “il dovere di far conoscere la storia di Mandela ai ragazzi, perché persino in Sudafrica molti giovani l’hanno dimenticata”.

Preziosa, infine, la prefazione del cardinale di Bologna, don Matteo Zuppi, che ha lavorato con Mandela: “Ricordo la sua fermezza nel prendere posizione sulle varie tematiche, sapendo distinguere bene le ingiustizie e scegliendo sempre la via che avrebbe favorito la con- vivenza tra le etnie. Reggio Emilia era una città ben nota a Mandela, perché la sua lotta contro l’apartheid aveva ricevuto molti aiuti proprio dall’intera città”.

Il libro racchiude nelle sue pagine finali l’essenza della biografia di Mandela e, insieme, il senso di tutto il lavoro di Grassi e Barbacini. Sono le parole pronunciate nel 2009, in occasione del suo compleanno: “Vi chiedo ogni 18 luglio di dedicare 67 minuti della vostra vita agli altri. Perché se anche solo per un singolo giorno tutte le persone dedicheranno 67 minuti per gli altri, allora in quel preciso istante avremo dimostrato che tutte le persone insieme possono cambiare il mondo intero”.

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