di Maurizio Donini
L’introduzione del green pass obbligatorio da parte della Francia di Emmanuel Macron per l’accesso a luoghi e trasporti pubblici, anche sull’onda della variante Delta, ha riacceso il dibattito sulle vaccinazioni. Per quanto i numeri siano confortanti e oramai stabilmente sopra le 500mila dosi giornaliere erogate, restano fasce di popolazione poco inclini a sottoporsi alla vaccinazione; ma, in concreto, tutta la colpa è da attribuire ai novax e affini? Forse i politici dovrebbero guardarsi allo specchio per cercare le motivazioni che tengono lontane le persone dai centri vaccinali.
Tempo fa, dalla Gruber, l’immunologa Antonella Viola si chiedeva perché i politici volessero dare l’impressione di non fidarsi dei vaccini. Aggiungeva la dottoressa che non c’era nessun motivo logico per mantenere restrizioni in una stanza dove fossero presenti solo vaccinati/immuni (cosa di lapalissiana logica e alla portata di qualunque mente evoluta).
A fronte di questo oggi si vedono Sicilia e Sardegna chiudersi nuovamente in se stesse, obbligando ai tamponi in arrivo, non fidandosi di quelli in partenza e, non potendo renderlo obbligatorio in quanto trattasi di norma nazionale, “consigliando” ai possessori di green pass di sottoporsi “volontariamente”. L’unico risultato è far pensare che il vaccino non serva, mentre negli Stati Uniti e altri paesi già da tempo i vaccinati non hanno nessuna restrizione in alcun ambito, interno o esterno.
Sull’onda di questo l’illuminato assessore alla Mobilità di Bologna, Claudio Mazzanti, ipotizza che il green pass obbligatorio alla francese possa essere usato sui trasporti pubblici, mantenendo mascherina e capienza ridotta, ma perché? Se in bus, come qualsiasi altro luogo sono tutti dotati di green pass, tale assurdità serve solo a disincentivare chi deve ancora vaccinarsi, non mostrando agli stessi nessun possibile vantaggio e ipotizzando che la vaccinazione in realtà non serva a nulla. In assenza di un obbligo vaccinale è logico che la spinta maggiore a vaccinarsi possa venire dal mostrare i vantaggi che ne derivano, senza scendere a discutere nel merito dell’introduzione, in siffatta maniera, di un obbligo surrettizio.
Ma l’emergenza sanitaria Covid è strettamente correlata alle radici della crisi economica; la fine del blocco dei licenziamenti, misura che solo l’Italia ha inteso introdurre in questi termini e tempi, ha avuto i classici effetti che ci si poteva aspettare. Le aziende che non possono stare sul mercato chiudono, con buona pace dei partiti statalisti e di sindacalisti, Maurizio Landini in primis, fermi ancora al secolo scorso. Né i politici, tantomeno i sindacati, avvezzi più ai palchi populisti che a studi economici, hanno compreso che dovrebbero difendere i lavoratori, e non i posti di lavoro. Un male antico nel nostro paese, volto più a procurare voti che a salvaguardare i lavoratori. Forse potremmo consigliare a Letta, Orlando, Landini (uno che minacciava sciopero generale con la grande massa dei lavoratori in smart working, qualcosa come affrontare i dotraki con una pistola caricata ad acqua) e compagnia cantante, lo studio dei testi di Alesina, Giavazzi, Perotti, Samuelson, prima di iniziare ad occuparsi di mercato del lavoro.
Il fatto è che contro i virus ci sono vaccini e cure, contro i politici stupidi e imbelli non ne esistono, purtroppo…