La pandemia non ha frenato la corsa alle armi. Anzi, nel 2020 c’è stata un’accelerazione sulle licenze per detenere pistole in casa, nonostante le chiusure del Covid-19. Insomma, tra una zona rossa e l’altra, decine di migliaia di italiani hanno avviato e chiuso la pratica per il porto d’armi, sfidando lo slalom degli uffici chiusi o comunque a mezzo servizio. I numeri ufficiali della Polizia di Stato, che Ilfattoquotidiano.it ha visionato, parlano di un milione e 286.247 licenze (incluse quelle per le guardie giurate, salite a 39.083 rispetto alle precedenti 27.809) con una crescita di quasi il 10% rispetto al 2019, anno in cui si era verificata una diminuzione complessiva. Ma il dato che balza all’occhio è l’aumento delle licenze per tiro sportivo, tornate sopra 580mila: sono precisamente 582.531 (dalle 548.470 del 2019), appena 3mila in meno in confronto al 2018, anno record per questo tipo di porto d’armi.
Del resto la questione è legata alla sostanziale facilità con cui si ottiene una licenza. Bastano alcune visite mediche generali, senza alcun approfondimento, e il pagamento di marche da bollo, con istanza da presentare alla Questura. Di contro c’è una lieve flessione (-22.491) delle licenze per la caccia, ferme a 649.841. Una tendenza che conferma la “sostituzione” della licenza per uso sportivo a quelle della caccia, che peraltro è una tradizione in calo anche per ragioni anagrafiche. Restano sostanzialmente stabili, invece, quelle per difesa personale, poco sopra i 15mila. La ragione è semplice: è molto più difficile da ottenere, perché necessita di richiesta da inoltrate alla Prefettura.
Eppure la questione attiene anche al campo della trasparenza. Si conosce il numero di licenze, ma non quello preciso delle armi: “I dati della Polizia di Stato non fotografano la situazione, perché non riportano il numero di licenze di nulla osta, un tipo di licenza che permette, al pari delle altre, di tenere armi in casa”, commenta Giorgio Beretta, analista dell’Osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa (Opal). “Inoltre – aggiunge Beretta – le cifre non specificano quante siano le effettive nuove licenze e quante invece siano attribuibili a un semplice cambio di tipologia di licenza, cosa che fanno spesso molti anziani detentori di licenza per uso caccia che la sostituiscono con quella per uso sportivo”. “Per questo – conclude Beretta – l’Opal insieme alla Rete pace e disarmo chiedono da anni che il Viminale pubblichi un rapporto annuale”. Lo scopo? Riportare “nel dettaglio i dati di tutte le licenze rilasciate, compresi i nulla osta in stato di validità, il numero di nuove licenze per le diverse tipologie, le licenze ritirate e quelle negate e, soprattutto il numero di armi regolarmente detenute dagli italiani (con una licenza si possono infatti detenere un ampio numero di armi) e il numero di omicidi, tentati omicidi e minacce commessi con armi da legali detentori di armi”.
C’è da valutare un ulteriore aspetto, come osserva Gabriella Neri, della Onlus Ognivolta, fondata dopo l’omicidio del marito Luca Ceragioli e del suo collaboratore Jan Hilmer: “Una licenza di porto d’armi a uso sportivo in Italia viene rinnovata ogni 5 anni. Un intervallo infinitamente lungo, se pensiamo a quanti eventi possono accadere nella vita di una persona in un tale arco temporale. Quanti momenti di fragilità, di sconforto, senza pensare purtroppo ai frequenti disturbi psicofisici che possono colpire l’individuo?”. “E il Covid – aggiunge Neri – lo ha fatto capire bene. Un’arma in casa, per qualsiasi motivo ci sia entrata, è sempre una minaccia, per chi potrebbe usarla contro se stesso o contro altri. Sono tante, troppe le tragedie esplose a causa di armi nella maggior parte dei casi legalmente detenute”.
Il problema dunque non è solo di durata del porto d’armi, ma c’è un risvolto sociale. E di impatto sulla vita delle persone. “Il tema è sempre quello di un popolo diventato schiavo di una paura. La sicurezza personale viene fatta coincidere con la sicurezza economica. Così un cittadino farà di tutto per difendere quello che ha in possesso”, afferma Luca Di Bartolomei, autore del saggio Dritto al cuore che racconta la volontà e i pericoli che si nascondono dietro il possesso di un’arma da fuoco. “Se poi una persona non ha tantissimo – prosegue – allora scatta una grande paura sociale, una voglia di rivalsa e quindi la possibilità di sfociare in violenza. Questa è una certezza diffusa e di cui va tenuto conto sotto l’aspetto politico”.
La questione investe proprio le istituzioni, nella loro interezza, compreso il Parlamento che sembra muovere qualche passo. “L’aumento delle licenze di armi in un anno di chiusure lascia sorpresi e sgomenti. Anche perché gli esperti ci spiegano come spesso le pistole siano causa di tragedia domestiche, tra cui tanti femminicidi”, dice a Ilfattoquotidiano.it la deputata del Movimento 5 Stelle, Azzurra Cancelleri. “La nostra posizione – aggiunge – è storicamente contraria alla diffusione di armi, che diventano strumento di morte nell’illusione che possano essere un mezzo di difesa”. Tuttavia, sul piano dell’azione di controllo sulla diffusione delle armi non si vedono grossi passi in avanti.
Spiega Gianluca Ferrara, vicepresidente del gruppo M5S al Senato: “Un anno fa ho presentato un ordine del giorno che impegnava il governo a creare un coordinamento tra le forze di polizia e le strutture sanitarie. L’obiettivo è quello di togliere le armi a persone che hanno sviluppato disturbi”. Lo sforzo ha prodotto risultati minimi. “Abbiamo iniziato un tavolo di lavoro con il ministero – prosegue Ferrara – ora bisogna velocizzare. Conto sull’ausilio del sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, che dà pieno sostegno a questa iniziativa”. Le pressioni lobbistiche, in tal senso, spingono a dilatare i tempi di una soluzione, lasciando almeno le cose così come stanno. E dire che negli ultimi mesi ci sono state numerose vittime per armi detenute legalmente: i fatti di Ardea (nella foto) sono la punta di un iceberg. Tanto per citare qualche caso, ad aprile a Rivarolo Canavese, in provincia di Torino, un uomo di 83 anni ha ucciso moglie, figlio disabile e una coppia di vicini, prima di puntare il fucile contro se stesso. Un’ordinaria storia di strage regolarmente armata.